silent-lightAleggia qualcosa di ineffabile e fuggevole in queste lande spopolate messicane, al di là dell’accorata vicenda umana: un sussurro tra gli alberi, un respiro a rasentare l’erba dei campi, l’incessante frinire al trascolorare di una luce silenziosa ed eterna che una mano occlude per non accecare gli occhi.

 




L’inizio non è un inizio. È un ritorno. Una preghiera reiterata a labbra serrate, macchinosa e silenziosa, cogli occhi chiusi per non vedere. Finché le palpebre sentono che debbano schiudersi, risvegliarsi dal persistente stato di ptosi in cui sono cadute, e finalmente gli occhi vedono e, in un istante, pare che Tutto si riveli.
“La pace è più forte dell’amore” sostiene Marienne, imperlata di lacrime e sudore accanto al suo amante Johann, dopo l’ultimo e struggente amplesso; e sembra, inequivocabilmente, arrendersi  a quel protrarsi sterile del quotidiano che domina il piacere estremo e l’estremo dolore, assopisce il corpo, la vista.

Carlos Reygadas, dopo il bistrattato capolavoro Batalla en el cielo, torna a scandagliare il fondo recondito e travagliato dell’umanità, sfoggiando il suo accurato tocco virtuoso che, in questa pellicola, sembra evolversi in maniera neutrale e distaccata (ancor più devitalizzando le immagini di quella musica orchestrale che torreggiava in passato), incline a scantonare sentimenti di compassione in chi guarda.

In bilico tra un'evidente morbosità e slanci lirici, il suo stile chirurgico si esprime a livello molecolare, penetrando nel tessuto della particella-immagine e svelandone la trama invisibile del tempo. D’altronde, il cinema non è altro che un dispositivo teso a cristallizzare e a riverberare nel tempo quegli squarci di realtà già morta nell’istante in cui viene colta. L’accostarsi alla materia cinema, dunque, a quella materia apparentemente formata nell’immagine ma in verità volubile e sfuggente agli occhi, benché si rinnovi costantemente nella suggestione della visione, presuppone il peso di un’irrimediabile patologia: una patologia cronica. Cioè, una patologia che perdura nel tempo, ma anche, e soprattutto, risalendo dall’etimo (il chrònos del tempo) che abbia come referente quell’entità a cui, da quando il cinema ha dato l’illusione di poterla figurare, registi e teorici anelano: il tempo stesso.

Tale tensione tenta di spiegarsi nella drammaticità e nell’abbandono del corpo al peso assoluto del divenire. Quello fragile e rugoso dell’anziana Ascen si offre misericordioso agli istinti sessuali di uno sconosciuto più giovane (Japon). Il volto smunto di un vecchio ammalato stride col respiro appena percettibile sulla pancia della giovane Ana nel surreale pomeriggio di una congestionata Città del Messico. Il tunnel del metrò si trasforma in un deformante passaggio di compressione e, forse addirittura, elisione del tempo - nell’ incessante scorrere quotidiano tra i passi incerti di un vecchio e l’esuberanza di una scolaresca - scandita dal suono incalzante e martellante di una sveglia (Batalla en el cielo). E, ancora, il pendolo torna a svettare ticchettando ansioso sulle teste basse e desolate dell’umana vicenda.

«Il corpo è ciò in cui bisogna credere, come alla vita, il nucleo irriducibile ad ogni sapere, dal quale solo può partire e al quale solo può ritornare la nostra credenza nel mondo» (R. De Gaetano, p. 95). Ma il regista, di contro, insinua la sua viscosa e disincantata visione e l’alienazione schizofrenica della grande città, squadernata in Batalla en el cielo, negli immensi spazi verginali di una comunità di Mennoniti, rivelandone la stanchezza. Sfila la macchina da presa tra «esseri frammentari, individui che muoiono isolatamente nel corso di un’avventura inintelligibile, colmi di nostalgia per la perduta unità», disorientati e pateticamente colti nella loro goffa e tormentata nudità che «si oppone allo stato di chiusura, vale a dire allo stato dell’esistenza discontinua». Ma nell’atto erotico, tutt’altro che gioiosa fusione di corpi - ancor più in questo rapporto amoroso che sconfina il legame del matrimonio, scuotendo la serenità di una solida famiglia di fede - «la vita discontinua non è condannata a sparire, ma è soltanto messa in questione. E’ turbata, sconvolta al massimo grado» (G.Bataille p. 16-20).  L’uomo scopre l’insolubile condizione di solitudine dell’esistenza, escluso anche dalla natura che, narcisisticamente, si specchia nel suo impenetrabile nitore. Ed è in tal misura che Reygadas sembra accordarsi alla visione disincantata quanto metafisica di Bruno Dumont, e nel conseguente rifuggire dal silente flagello del quotidiano per cercare,  in una disperata ascesi, un (di)segno divino, l’attesa e sofferta salvezza che può solo lasciare presagire un’ insostenibile vertigine.

All’improvviso però trapela un barlume di speranza, una luce silenziosa suggerita da una torsione inattesa, un guizzo illusorio che, come riesumando l’Ordet di Dreyer, restituisce miracolosamente la vita. Un baluginio fugace destinato a guadagnare, in un battito d’ali di farfalla, campi lunghi dove stemperarsi e mancare. Così le folgoranti immagini sul finire della pellicola - che vanno dissolvendosi nel nero notturno - sembrano approssimarsi a disvelare un silenzio nudo e una quiete altissima che, scomparso ogni vestigio dell’universo e della natura, empieranno lo spazio immenso (G. Leopardi p. 182).



Bibliografia


De Gaetano R. (1996) : Il cinema secondo Gilles Deleuze, Bulzoni, Roma.

Bataille G. (1957) : L’erotismo, ES, Milano.

Leopardi G. (2003) : Le operette morali, Newton Compton, Roma.



 

Titolo: Luz silenciosa

Anno: 2007

Durata: 142

Origine: Messico, Francia, Olanda

Colore: C

Genere: Drammatico

Produzione: NODREAM CINEMA & MANTARRAYA PRODUCCIONES, BAC FILM BAC FILMS, ARTE FRANCE CINEMA, MOTEL FILMS, IMCINE/FOPROCINE, ESTUDIOS CHURUBUSCO, TICOMAN

Regia:
Carlos Reygadas

Attori:
Cornelio Wall Fehr (Johan), Miriam Toews (Esther), Maria Pankratz (Marianne), Peter Wall (padre), Jacobo Klassen (Zacarias), Irma Thiessen (Sara), Daniel Thiessen (Daniel), Alfredo Thiessen (Alfredo), Autghe Loewen (Autghe), Jackob Loewen (Jackob), Elisabeth Fehr (Anita), Gerardo Thiessen (Cornelio)

Sceneggiatura: Carlos Reygadas

Fotografia: Alexis Zabé

Montaggio: Natalia lopez


Reperibilità

Riconoscimenti

 

http://www.youtube.com/watch?v=0rGu2Cjquw0


Tags: