ertoErto, un paese delle Alpi friulane. Nella sua valle impervia viene costruita alla fine degli anni Cinquanta la diga del Vajont, all’epoca la più alta del mondo. Nel 1963 un versante del monte Toc precipita nel lago artificiale della diga, provocando un’ondata che uccide quasi 2000 persone. Dall’altro lato della valle, di fronte a quel monte, gli Ertani non hanno mai smesso, prima e dopo la catastrofe, di mettere in scena la Passione di Cristo. Ogni anno, da tempo immemorabile, la sera del venerdì santo un Cristo ertano viene tradito, condannato e crocifisso, mentre la Storia va avanti con le sue costruzioni e distruzioni, le sue vittime e i suoi sopravvissuti, i suoi calvari reali e immaginari.
(dal sito ufficiale del Festival di Locarno)


In tanti si conosce il paese di Erto, abbinato a quello di Casso – centri martoriati dal disastro del Vajont del 9 ottobre 1963 – per il celebre spettacolo teatrale di Marco Paolini, Il racconto del Vajont, in cui i due nomi diventano una litania. Un teatro di narrazione civile fatto nell'antica forma della rappresentazione orale. Proprio il paese di Erto, come nel bel documentario di Penelope Bortoluzzi, è teatro di una messa in scena popolare, la Passione di Cristo che si ripete ogni venerdì santo, da trecento anni, con un'unica interruzione nell'anno del disastro. Uno spettacolo che è una necessità per gli ertani; che si tramanda, si perpetua e si replica indifferente alle vicende e alle tragedie umane che sono accadute. Anche rimpiazzando subito quegli interpreti che hanno perso la vita nel disastro. Che è sopravvissuto anche agli strali di un vescovo che, negli anni quaranta, voleva censurarlo perché considerato troppo profano.

La Bortoluzzi inserisce e fa partire le riprese delle prove della Passione, con gli attori del villaggio nei loro abiti di tutti i giorni, all'improvviso, in maniera spontanea, dopo filmati di repertorio, quasi senza soluzione di continuità come in Vanya sulla 42a strada. Usa colori spenti che non contrastano con le immagini originali, prima da cartolina e poi del disastro. Tutti gli abitanti possono far parte della recita, dai contadini con cappelli e barbe lunghe fino al sindaco. Declamano con grande intensità, energia e convinzione, attori navigati che non hanno nulla da invidiare ai professionisti. La loro interpretazione, vera, realistica, contrasta con la voce impostata delle interviste, palesemente preparate, degli stessi abitanti nei servizi giornalistici dell'epoca. Il loro lavoro di messa in scena prevede anche l'utilizzo di modelli pittorici e figurativi come nell'accuratissima composizione dell'immagine, con le pose e le posture calcolate al millimetro, dell'ultima cena. E la regista cattura piccoli dettagli significativi, i sorrisi dei bambini, o la bambina che ripete le battute in silenzio, con i movimenti della bocca, simbolo delle nuove generazioni che erediteranno la scena.
Penelope Bortoluzzi, anche grazie al contributo di Stefano Savona – che si è fatto conoscere grazie ai documentari Piombo fuso e Tahrir – ha saputo cogliere l'identità di una piccola comunità attraverso il teatro e la resurrezione di un paese crocifisso.





Titolo: La passione di Erto
Anno: 2013
Durata: 78’
Origine: FRANCIA, ITALIA
Colore: C
Genere: DOCUMENTARIO
Produzione: PICOFILMS, À VIF CINÉMAS, DUGONG
Specifiche tecniche: Beta digital

Regia: Penelope Bortoluzzi

Immagini: Stefano Savona, Penelope Bortoluzzi
Montaggio: Penelope Bortoluzzi
Suono: Xavier Thibault

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