Chi ha paura di Krisha? Il suo primissimo piano in incipit è promessa di spavento, stato di attesa e rivelazione moltiplicato dalla musica gravida di pathos, graffiante. Allora Krisha la si scruta con sospensione, si cerca un indizio su quel viso che è cartografia del tempo, residuo di bellezza, occhi consumati ma aguzzi. Poi tutto cambia, o quasi.

Krisha è il nome di un film, è il nome che accomuna verità e finzione, la persona e il personaggio, figura che diventa nostro traino: pochi passi in un viale di borghesia americana ed entriamo con lei in un luogo dal quale non si uscirà mai, una casa ricca, piena di gente, cani, trambusto, famiglia. È il Thanksgiving Day: tutti la aspettano e, al contempo, la temono come una mina vagante, come un’arma solo momentaneamente disinnescata, un’untrice, una malata. Krisha, il suo nome ripetuto più volte, Krisha nella distanza, sguardo di taglio dagli angoli, allontanata che cerca di avvicinarsi a tutti e, più di tutti, a suo figlio. Che la respinge. Krisha allo specchio, come all’inizio e tutte le volte che rifletterà la sua tabe, la sua incapacità di vivere, le cicatrici, il dito monco della mano destra, la bottiglia di salvataggio in mezzo a un mare di sordo dolore, inarginabile. Suo cognato la disegna perfettamente: «E so che tu sei ferita come un uccello imperfetto che ha sbattuto troppe volte le ali sul parabrezza; solo che le auto sono sempre più veloci e le ali sempre più deboli». Quelle ali ferite non le sorreggono più il peso e Krisha rovina a terra proprio come fa il tacchino ripieno che ha preparato per tutti.

Il film – lungometraggio d’esordio cui seguirà l’horror di virus e paranoia (e, ancora, famiglia)  It Comes at Night – è dedicato dal regista, Trey Edward Shults, texano classe 1988, a famiglia e amici. E in quel nodo, come dentro l’anagrafe dei cognomi degli interpreti, risiede l’eccezionalità di quest’opera: quasi tutti hanno i nomi dei personaggi che esprimono. La meravigliosa Krisha Fairchild, anche protagonista del corto omonimo del 2014 che ha generato poi il lungo, è la zia del regista, ma qui sono una madre a lungo assente e un figlio che ha spento non solo l’amore ma anche  sogni e doti di filmmaker per studi di management; e ci sono anche una nonna, zii, cugini, gli amici, parenti tra di loro (gli unici attori sono Bill Wise e Chris Doubek). E quella villa, in cui hanno effettuato le riprese in appena nove giorni con un budget complessivo di 30mila dollari, appartiene realmente alla famiglia Shults. Ci sarebbe forse da chiedersi quanto del disastro emotivo che scuce madre e figlio appartenga alla realtà, ma questo in fondo non importa. La forza del film, sfasato continuamente e sapientemente in fase di montaggio (curato dallo stesso Shults), basta e avanza. La capacità di costruire dal niente un’epopea psicologico-familiare, a cui porta  ritmo, sentimento e umori cangianti anche l’ottima colonna sonora firmata da Brian McOmber, è ragguardevole per un debutto che ha giustamente portato il suo autore nella Semaine de la Critique a Cannes nel 2015.

C’è la capacità di destrutturare – guardando magari a Robert Altman – oltre che la suspense, e con lampi d’ironia abrasiva, anche le pose liricizzanti à la Malick, per tre dei cui film (The Tree of Life, Voyage of Time e Song to Song) Shults ha lavorato in produzione; c’è la capacità di manomettere senza bleffare drammaturgia e lessico famigliare, l’hic et nunc così come gli orizzonti passati degli eventi. E, alla fine, il film ci consegna la sua Krisha così respingente, debole, irritante, imbolsita, drogata, persa. E nella schermaglia tra dolce e grottesco, rabbia e male durissimo, profondo, la si finisce per amare. Sì, oltre ogni ragionevolezza.





Titolo: Krisha
Anno: 2015
Durata: 83’
Origine:  Stati Uniti
Colore: C
Genere: Drammatico
Produzione: HOODY BOY PRODUCTIONS

Regia: Trey Edward Shults

Attori: Krisha Fairchild (Krisha), Robyn Fairchild (Robyn), Alex Dobrenko (Alex), Bill Wise (Doyle), Chris Doubek (Dr. Becker), Olivia Grace Applegate (Olivia), Chase Joliet (Chase), Bryan Casserly (Logan), Billie Fairchild (Grandma), Victoria Fairchild (Vicki), Rose Nelson (Baby Rose), Trey Edward Shults (Trey)
Sceneggiatura: Trey Edward Shults
Fotografia: Drew Daniels
Montaggio: Trey Edward Shults
Musiche: Brian McOmber

Riconoscimenti

Reperibilità

http://www.youtube.com/watch?v=GcT39dmF-SI

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