im_a_cyborg

Una giovane donna viene rinchiusa in un manicomio perché crede di essere un cyborg con la missione di riconsegnare la dentiera alla nonna, anch’essa internata (ma in un’altra struttura) per la sua convinzione di essere un topo. La ragazza si farà aiutare da un altro folle, capace a suo dire di rubare e riprodurre l’anima e le schizofrenie altrui.

 

 


«fino al soffocamento
in me
dell’idea di corpo
e di essere un corpo»
A. Artaud


Il corpo è soggetto al potere: una tale affermazione è ancor più evidente nel caso in cui sia il corpo della donna ad essere oggetto dell’autorità maschile.
La forza di un’autorità è data non tanto dalla possanza muscolare quanto dalla capacità di creare forme perfette, sistemi di segni che definiscono il concetto di normalità entro cui imbrigliare il corpo. Pertanto si definirà folle chiunque eccederà dai limiti della definizione di umanità: la nonna-topo, che col suo divenire animale vuole regredire fino a giungere ad una contemplazione basica – e  anormale – della natura; il replicante, che all’identità dell’io preferisce la ricerca di un io molteplice, capillare; e il cyborg, sorta di corpo senz’organi che si ribella a qualsiasi sistema per sperimentarne uno proprio. 

I’m a cyborg, but that’s ok è un film sulla fame, intesa come rifiuto della sbobba quotidiana imposta dal potere e necessità di un nutrimento nuovo. Il desiderio della donna di essere un cyborg è infatti una rivolta nei confronti della biologia, della funzione riproduttrice asservita ai fini della società dei consumi, che ha bisogno di forze umane fresche per sostenersi. Ella rifiuta il senso impostole e ne ricerca un altro, subendo la quieta fascinazione della macchina, che riesce a stare al mondo senza alcuno sforzo pur avendo il suo esistere uno scopo.
La creazione del cyborg è negazione di ogni organizzazione, ogni bisogno, ogni funzione. Ciò che resta è desiderio continuo che si invera, bastante a se stesso perché non c’è un oggetto esterno al corpo da conseguire: è il corpo stesso che si desidera, desiderio irraggiungibile e perciò inestinguibile. La catatonia è lo stato perfetto in cui il desiderio non manca di nulla, si riempie e si nutre di sé.

L’autorità non può sopportare una simile infrazione e reagisce con tutta la virulenza di cui è capace, adottando un lessico simbolico dietro cui mistificare il suo agire: traveste gli aguzzini da medici, chiama le violenze perpetrate cure, definisce ospedale il complesso delle proprie gabbie, assume volti sorridenti per nascondere il ghigno. Ma la perfezione insostenibile di un sistema formale è speculare alla pulsione irresistibile di distruzione. Il cyborg accetta la lotta contro i camici bianchi, contro la struttura, contro ogni definizione. E a questo punto anche Park Chan Wook pare mettersi dalla parte della rivolta per tentare di infrangere ogni ingiunzione stilistica: ingaggia una sfida contro la cornice dell’inquadratura, contro la tenuta della sceneggiatura, contro le esigenze della fotografia, fino ad utilizzare la macchina da presa come la mitragliatrice del cyborg: desiderio di sforacchiare le immagini, lo schermo, l’occhio, il senso.

Portato allo stremo, il desiderio sembra destinato a soccombere dinanzi alla necessità: se il corpo non può negare la fisiologia, il regista non può distruggere la cinematografia.
Alle ragioni della riproduzione seriale di film già visti, di corpi già vissuti, non resta allora che opporre il  desiderio della rigenerazione, di un nuovo corpo, di un nuovo cinema: una lacerazione erotica, nel corpo-schermo, si è ormai aperta, una comunicazione con ciò che è fuori da sé è infine possibile.


Bibliografia

Artaud A. (2001): Per farla finita col giudizio di dio, Nuovi Equilibri, Viterbo.

Deleuze G., Guattari F. (2010): Come farsi un corpo senza organi? in Mille piani: capitalismo e schizofrenia,  Castelvecchi, Roma.

Foucault M. (2001): La volontà di sapere, Feltrinelli, Milano.

Haraway D. (1995): Manifesto cyborg, Feltrinelli, Milano.





Titolo: I'm a cyborg, but that's ok
Anno: 2006
Durata: 105
Origine: COREA DEL SUD
Colore: C
Genere: DRAMMATICO
Specifiche tecniche: 35 MM (1:1.85), CINEMASCOPE, D-CINEMA
Produzione: MOHO FILMS

Regia: Park Chan-wook

Attori: Lim  Su-jeong     (donna cyborg); Jung Ji-hoon (replicante); Choi  Hee-jin (dottoressa); Lee  Young-nyeo (madre della donna cyborg);
Lee  Young-mi (internata); Kim Do-yeon (infermiera); Sohn Young-soon (nonna-topo)     
Sceneggiatura: Jeong Seo-kyung, Park Chan-wook
Fotografia: Chung Chung-hoon
Musiche: Cho Young-wook
Montaggio: Kim Sang-Beom, Kim Jae-Beom
Scenografia: Ryu Sung-hee
Arredamento: Oh Jae-gwan
Costumi: Cho Sang-kyoung

 

 

Riconoscimenti

Reperibilità


http://www.youtube.com/watch?v=1KaOLDZe2GI

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