alt«Il y a le stable et l’instable, l’immobilité et le changement» (Eric Rohmer)




 


 


“Bienvenue à Fort Buchanan” si legge su una piccola costruzione fortificata mentre la mdp traballa sotto i colpi rigidi di un tamburo. La scritta segna l’ingresso in quella che pare essere un’area militare. Un attimo dopo, su fermo immagine, compare in sovraimpressione il titolo del film.

Fort Buchanan è immediatamente riconoscibile come film-luogo. Uno spazio che reinventa le sue coordinate geografiche tele-trasportando in Francia un’omonima base U.S. esistente nell’isola di Porto Rico. Uno spazio confinato tra titoli di testa e titoli di coda, la cui materia però sconfina continuamente in altri territori: il grigiore da film bellico delle prime immagini ben presto si tingerà di rosa, l’opera si farà soap opera e viceversa. Ed è proprio questo intimo rovesciarsi che, mi sembra, stia al centro di un film così decentrato nella forma, nello stile, nella sostanza, com’è Fort Buchanan di Benjamin Crotty.

La trama ruota attorno a un giovane gruppo di donne e di uomini che vivono in attesa del ritorno dei loro mariti impegnati al fronte. A Fort Buchanan si alternano così le stagioni e gli umori, tra ozio, noia e nostalgia, ginnastica e lavoro quotidiano, piccoli drammi familiari e nuove questioni di cuore. Non è tanto il contenuto, quanto soprattutto il linguaggio adottato dai personaggi che ricorda quello delle serie TV americane. Il regista (statunitense che però vive a Parigi), sottrae, mischia, riassembla linee di dialogo appartenenti al mondo della televisione made in USA, salvo poi far recitare tutto ad attori di origine e cultura francese. Il senso delle battute forse non è stravolto, ma è totalmente decontestualizzato al punto da suonare irrimediabilmente falso. Questo effetto straniante richiama l’attenzione su uno dei nodi alla base del film: la guerra che coabita con la vita di tutti i giorni, l’orrore che si normalizza e si banalizza nel quotidiano, fino a diventare terreno fertile per lo spettacolo. Un po’ come accade, ad esempio, nella serie Army Wives - Conflitti del cuore (Katherine Fugate, 2007-2013), dove lo scontro armato in Medio Oriente è solo uno nuovo sfondo, un altro set per drammi amorosi1. In questa maniera, mi sembra che Benjamin Crotty colga e sviluppi una contraddizione che si annida nella contemporaneità occidentale e che si proietta nelle case e nei salotti di ogni dove: è lo zapping che alterna tranquillamente una sit-com romantica a immagini di cruda violenza, Gossip Girl all’uccisione “in diretta” di Mu’ammar Gheddafi. Sulla superficie levigata dello schermo televisivo tutto si appiana e diventa oggetto di consumo.

«Cosa importano i vostri pensieri, l’importante è che formiate un gruppo pittorico» dice un personaggio in un film di Rohmer. Il concetto ben si adatta alla pellicola di Crotty, il quale gira in 16 mm e recupera un’estetica che a tratti ricorda proprio quella della Nouvelle Vague. Dalla grana del film però affiorano anche immagini digitali o computerizzate che ne confermano la natura ambigua, cangiante, aliena. Anche l’ambientazione contribuisce in questo senso, non avendo praticamente nulla da spartire con una base militare, ma essendo costituita da un paesaggio campestre al cui interno compaiono strane strutture in legno, abitazioni dal design particolare, extraterrestre. La colonna sonora, poi, spazia dalla musica country a quella classica, passando per l’elettronica. L’impiego di quest’ultima, in particolare, unito all’utilizzo di luci densamente colorate, permette di associare Fort Buchanan a opere come L’âge atomique (Héléna Klotz, 2012) o Les rencontres d’après minuit (Yann Gonzalez, 2013). Penso soprattutto alla sequenza della festa, quando il film si è momentaneamente trasferito in Medio Oriente (un luogo che non mi pare sia esterno a Fort Buchanan, ma semmai generato in questo dagli stessi personaggi, dal loro desiderio, come se si trattasse di un sogno o di un territorio dell’anima): anche qui musica e illuminazione sono gli ingredienti essenziali per creare uno scenario magico, lunare, irreale, pregno di romanticismo, erotico e melanconico allo stesso tempo. Un’altra pagina di quel «cinema fanciullescamente, schizofrenicamente sognante, immaginifico e musicale» (Abiusi 2015) che una nuova generazione di registi “figli della Nouvelle Vague” sta portando avanti da un po’ di tempo a questa parte.

E dopo l’inverno, la primavera, l’estate arriva anche l’autunno. All’unità spaziale se ne aggiunge una temporale, seppure frammentata2. In questo segmento il film acquisisce toni e sfumature differenti: è la stagione del rimorso e del lutto per qualcosa che non c’è più. In TV un giornalista annuncia una riforma dell’esercito che prevede la chiusura di molte sue basi e così anche Fort Buchanan dovrà presto scomparire per far posto a un complesso residenziale. Il requiem nel finale è affidato a dei versi di Walt Whitman: qualcosa a proposito di macchine e uomini, e di ciò che si lascia alle spalle. Intanto però un figlio sta per nascere e un timido sorriso segna l’inizio di una nuova storia d’amore. Ora tutto può ricominciare, sempre uguale, sempre diverso.

Note

1. Questa serie TV parte da premesse molto simili a quelle del film di Benjamin Crotty, incentrandosi anch’essa sulla la vita di alcune mogli di soldati all’interno di  una base militare. È lo stesso regista che in un’intervista a Film Comment rivela che Army Wives è stata tra le sue fonti d’ispirazione, precisando che «la cosa davvero strana a proposito di questa [serie TV, nda] è che sembra Sex and the City con l’aggiunta, di tanto in tanto, di qualcosa di molto oscuro e serio. [In essa, infatti, nda] accadranno cose terribili. La serie era per certi versi spudorata nel suo impiego di fatti di attualità, ma l’attenzione restava di gran lunga focalizzata sui problemi romantici» (Dallas 2015, trad. mia).

2. La prima parte del film ambientata in inverno è stata realizzata inizialmente come cortometraggio. In seguito il regista è riuscito a trovare i finanziamenti necessari per completare la sua opera e ha girato le restanti sezioni corrispondenti alle altre stagioni. Le riprese sono durate effettivamente solo 15 giorni, ma sono state effettuate nell’arco di due anni (cfr. Dallas 2015).


Sitografia

Abiusi L. (2015): Héléna Klotz in uzak.it.

Dallas P. (2015): NDNF Interview: Benjamin Crotty in filmcomment.com.


Filmografia:

Fort Buchanan (Benjamin Crotty 2014)

L’âge atomique (Héléna Klotz 2012)

Les rencontres d’après minuit (Yann Gonzalez 2013)


Serie TV:

Army Wives – Conflitti del cuore (Katherine Fugate 2007-2013)

Gossip Girl (Stephanie Savage – Josh Schwartz 2007-2012)

Sex and the City (Darren Star 1998-2004)

 




Titolo:
Fort Buchanan
Anno: 2014
Durata: 65min
Origine: Francia, Tunisia
Colore: Colore
Genere: Comedy, Drama, Romance

Regia: Benjamin Crotty

Attori: Andy Gillet, Iliana Zabeth, David Baiot, Mati Diop, Luc Chessel, Nancy Lane Kaplan, Pauline Jacquard
Sceneggiatura: Benjamin Crotty
Produttore: Judith Lou Lévy
Fotografia: Michaël Capron
Musica: Ragnar Árni Ágústsson

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