altQuesto cuore stesso, che pure è il mio, resterà sempre per me indefinibile. L’abisso che c’è fra la certezza che io ho della mia esistenza e il contenuto che tento di dare a questa sicurezza, non sarà mai colmato. Sarò sempre estraneo a me stesso.
(Albert Camus, Il mito di Sisifo)


 


Jojo e Q, amiche e compagne di scuola, sono unite e coinvolte in una relazione sentimentale dai contorni confusi e poco netti, dove l’istinto, tipico dell’adolescenza, detta le sue regole, libere da codici e costrizioni sociali. Le pulsioni innate si mantengono anarchiche, non ancora irreggimentate all’interno degli schemi comportamentali e dei moralismi sociali; la sessualità si esprime nella sua forma più libera e pura, muovendosi su coordinate emozionali tanto palpitanti quanto fragili. Il desiderio non ha sesso, è un corpo che esplode, un fuoco che arde per sua stessa combustione; la materia, oggetto di attenzione, passa unicamente attraverso l’occhio desiderante, la carne ha consistenza solo se plasmata, dipanata e manipolata dal desiderato.

L’identità sessuale trascende il suo momento formativo ed è portata in scena da Numbechapol in maniera frammentaria e volutamente ingannevole, sia attraverso la struttura filmica dell’opera che nella concatenazione delle sequenze, passando dal reale all’immaginifico, per approdare, sovente, nel meta-filmico. #BKKY si apre come un racconto di voci reali, gli adolescenti si descrivono, parlano delle loro emozioni e delle difficoltà del quotidiano, tipiche di un tempo in cui tutto è in continuo mutamento. L’immagine deraglia tra dialoghi serrati e le inquadrature si concentrano sul gioco di corteggiamento e lusinghe tra Jojo e Q, ironico e surreale come tanti manga nipponici.

Si scambiano effusioni, tenerezza e dolcezza tra, e sotto, i banchi di scuola, i loro corpi danzano e le estremità si cercano, si toccano e si accarezzano, come protrusioni ramificate dei sensi, ma i volti delle due ragazze sono ancora nascosti allo sguardo dello spettatore. L’oggettivizzazione non è nel visibile, ma vive e si nutre come coalescenza dell’invisibile; ciò che emerge è puramente sensoriale, «il senso è visibile, ma non è incompatibilità tra l’invisibile e il visibile» (Merleau-Ponty 2007, p. 248). Tutto è funzionale a instaurare una dialettica tra visibile e invisibile, tra realtà e irrealtà. Il regista si affida a un dialogo continuo tra i generi; il filmico scivola tra il racconto del reale e una lingua immaginifica, in cui lo snodo narrativo è rappresentato da un’osmosi continua tra il set e la vita.

Sullo sfondo c’è una Bangkok multietnica e con le sue mille contraddizioni, lì si incontrano e si raccontano gli adolescenti, i dolori, le sofferenze, il sesso e l’amore, ma soprattutto la difficoltà di comunicazione tra i sessi e le generazioni. La storia tra Jojo e Q scivola parallelamente alle interviste realizzate dal regista a cento queer e/o trans teenagers thailandesi. I primi appuntamenti, le gelosie e le confidenze offerte all’occhio della mdp sono sincere e le parole affrontano, con toni leggeri e delicati, sogni e aspettative, ma anche l’esplorazione di una sessualità che prende forma tra il desiderio e  l’incertezza tipica dell’età.

Dopo By the River (Sain nam tid shoer), del 2013, in concorso al Festival del cinema di Locarno, dove ha ricevuto la menzione speciale, il giovane regista thailandese, Nontawat Numbenchapo, realizza, con #BKKY, selezionato al Busan International Film Festival, nel 2016, un’interessante progetto sulle difficoltà dell’età adolescenziale di comprendere, esprimere e vivere la sessualità, affidandosi a una lingua originale, declinata dalla frammentazione narrativa, perché l’impossibilità di comunicare, la morte del linguaggio, non possono essere narrate che da immagini disorganiche. Il regista «ricorre alla scomposizione dell’immagine perché la mette in atto come tale nella continuità della rappresentazione, ferita in se stessa dall’impossibilità dei corpi a riunirsi» (Bellour 2007, p.127) in un unicum, non solo con il prossimo, ma soprattutto con la propria Φύσις eclettica, tipica della natura umana.


Bibliografia

Bellour R. (2007): Fra le immagini. Fotografia, cinema, video, Mondadori, Milano.
Merleau-Ponty M. (2007): Il visibile e l'invisibile, Bompiani, Milano.





Titolo originale:
#BKKY
Anno: 2016
Durata: 175’
Origine: Thailandia
Colore: C
Genere: DRAMMATICO, DOCUMENTARIO
Specifiche tecniche: HD
Produzione: Laddawan Rattanadilokchai

Regia: Nontawat Numbenchapol

Attori: Ploiyukhon Rojanakatanyoo, Anongnart Yusananda, Jeff Watson Kiatmontri, Jasper Kesavatana Dohrs
Sceneggiatura: Nontawat Numbenchapol
Fotografia: Abhichon Rattanabhayon
Musiche: Vichaya Vatanasapt
Montaggio: Nontawat Numbenchapol, Wasunan Hutawet

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