altSembra quasi di non vederla Arianna mentre vaga per le strade di un’isola lontana, assente nella mappatura geografica del mondo. Sembra quasi il fantasma (e lo è) di un mito che rievoca il suo nome - Arianna -, anima perduta in una ferita che torna continuamente a sanguinare.



Il respiro è grave, lo sguardo è fisso, occhio che ingloba e divora, occhio che accoglie, bocca; Arianna incarna l’anima di un’isola che prende su di sé  esuli viaggiatori, stranieri in questa terra di nessuno.
Il bianco e nero precede la storia, slava l’immagine di un incontro, avvia un processo di costituzione dei corpi che tentano di figurarsi e che non sono ancora azione: l’amore non viene narrato, non viene mostrato, nasce in assenza di tempo perché, nell’opera di Alessandro Scippa, il tempo sfinisce e si frantuma direttamente nell’abisso.

Arianna sta per essere abbandonata dal suo Teseo, un apicoltore che deve riprendere il volo sotto la scia di una nuova primavera. Non ci sono spiegazioni, non c’è nulla…la poesia è questa cosa qui, immagine indefinita che «muore nel giro di qualche stagione»(Sinisgalli 1974, p.89), scompare in dissolvenza. Bisogna afferrarla, usurarla e lasciarla andare via, a pezzi e così - in Arianna, l‘isola dell’abbandono -, le immagini si arrendono alla fuga continua dei personaggi, dei piccoli gesti ripresi nei loro primi piani, pezzi di visi e sguardi, pezzi di abbracci fuori fuoco, pezzi che tentano di ricomporre un’immagine che accenna ogni volta una scomparsa. Proprio questa reiterazione dell’abbandono provoca continui sfasamenti cronologici: è come se la terra creasse pertiche laceranti, si smottasse da sé per ricomporsi in modo sempre diverso perché la poesia è questione di sedimentazione e, poi, di mutazione e così - flashback reali o no - essi rimandano continuamente a un tempo passato e «il cinema[…]è la cosa più vicina all’intervento sul passato. Un passato doppio, un concentrato, un dado da brodo. Trapassato, strapassato. O tempo strapazzato.»(Ghezzi 1995, p.550).  Insomma quello che si da a vedere è l’assenza, l’amore già finito e ritornato alla memoria per rivendicarne la continuità. Anche la parola diventa inutile, balbetta, viene a mancare di fronte a ciò che resta: il desiderio di un desiderio che è già ricordo.

Tra ombre e cielo battuto, è il 31 Dicembre, la fine dell’anno, la fine del tempo e il cinema di Alessandro Scippa si consuma così, nel movimento compulsivo della macchina da presa, nel bianco e nero tenue che evidenzia il dramma di una lacerazione profonda, di quelle che piacciono tanto a Garrel, cineocchio dei sentimenti (Ghezzi), con i suoi destini tragici, fuochi e fantasmi mentre qui il mare sta ad aspettare, in apnea, nel suo limbo fluttuante, l’arrivo di una nuova stagione,  la (ri)Naissance de l'amour. Colore.


Bibliografia

Ghezzi E. (1995): Paura e desiderio. Cose (mai) viste, 1974-2001, Bompiani, Milano.

Sinisgalli L. (1974): L'ellisse, Mondadori, Milano.


Filmografia

La naissance de l'amour (Philippe Garrel 1993)





Titolo: Arianna. L'isola dell'abbandono
Anno: 2012
Durata: 64'
Origine: Italia
Colore: B/N, C
Produzione: Axelotil Film

Regia: Alessandro Scippa

Attori: Giovanna Giuliani, Antonello Cossia, Nanny Mayer, Raffaele Imparato, Giampiero Schiano, Giovanni Ludeno, Cloris Brosca, Giuseppe Tizzano, Giulia Arnone, Maria Ina Arnone, Massimo Foschi
Sceneggiatura: Alessandro Scippa, Tonio Cervellino
Fotografia: Alessandro Abate
Montaggio: Luca Gianfrancesco
Musiche: Adriano Casale
Costumi: Francesca Esposito

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