Matteo Marelli

east-of-bucharest-corneliu-porumboiu-2Francesco Saverio Marzaduri dimostra ferma autonomia intellettuale. Quando rifiuta il pensiero corrente, circa il riconoscimento di una nouvelle vague romena, sostenuto, oltre che dai diretti interessati, anche da una delle voci critiche più autorevoli della Romania, quella di Alex Leo Şerban, secondo cui «non ci sono onde, ma solo individui a sé stanti» (Şerban in Marzaduri 2012, p. 117), lo fa con cognizione di causa. Presa di posizione supportata da solide argomentazioni, che sono quelle che costituiscono il suo saggio, Noul Val. Il nuovo cinema romeno 1989-2009, primo articolato studio – teorico, analitico e di sintesi – mai realizzato finora sulla cinematografia romena.


Marzaduri  ha un approccio metodologico di derivazione bachtiniana, sostanzia il proprio discorso attraverso un’analisi diacronica del cinema romeno, registrando con puntualità i mutamenti più significativi della realtà extratestuale; evidenzia «l’interconnessione sostanziale dei rapporti temporali e spaziali dei quali – il cinema ‒ si è impadronito artisticamente» (Bachtin in Strada Janovic 1979, p. 231). Tra mondo raffigurante – cioè il mondo reale – e il mondo raffigurato si stabilisce un rapporto di azione reciproca. Per l’autore, l’immagine cinematografica possiede una valenza storica, dal momento che si nutre del confronto dialettico con la realtà. Le tappe di questo cammino disegnano un percorso tortuoso, in cui le ragioni stilistiche si incontrano con le svolte fondamentali  dello sviluppo storico.

Termine di riferimento dell’analisi di Marzaduri è la generazione postdicembrista, quegli autori formatisi negli anni della rivoluzione romena determinante la fuga, prima, e la conseguente cattura e fucilazione di Ceauşescu che mise fine alla cosiddetta “Età dell’oro”, definizione che la stessa propaganda di regime dava del proprio periodo storico, nella quale il Geniul din Carpaţi aveva cancellato qualsiasi forma di libertà espressiva. «Per decenni, d’altronde, una vera e propria “cinematografia” romena, nel senso di un movimento creativo e produttivo in costante evoluzione, non è di fatto mai esistita, sclerotizzata com’era in produzioni di genere storico e apologetico o innocuamente umoristico. Più che scuola di cinema, quella romena era accademia, e di partito» (Marzaduri 2012, p. 20). Un’irrigimentazione dell’immaginario dimostratasi però incapace di reprimere quei battaglieri tentativi di strategia di resistenza alla polverizzazione dello sguardo, come quello di Lucian Pintilie, autore di una generazione più giovane rispetto ai postdicembristi, il cui furore estetico dinamitardo, valsogli l’ostracismo e il conseguente esilio in Francia, come evidenzia Marazduri, sarà termine di riferimento per i protagonisti della nuova cinematografia romena, decisa a «interrogarsi su sé stessa, recuperando la lezione del cinema più iconoclasta e sovversivo accanto a riletture dei linguaggi formali» (ivi, p. 24).

Marzaduri procede nell’analisi successivamente ad una vera e propria ricerca sul campo: prima di qualsiasi discorso a carattere generale c’è il confronto diretto con i singoli film. Soltanto da una lettura meticolosa, mai realmente conclusa e più volte ripresa, di questi è per lui possibile formulare presupposti teorici. Il suo è un modo di esaminare che parte dal metodo fenomenologico: è interessato a interrogarsi innanzitutto sulle condizioni, sulle funzioni che permettono a un fatto – il Noul Val ‒ di essere tale. In seconda battuta mette quindi tra parentesi il film in sé per concentrarsi sulle essenze, sulle condizioni. Sistematizza tutta una serie di topoi e figure ricorrenti rintracciabili all’interno della produzione cinematografica romena. Come ad esempio l’uso e l’abuso, spesso in funzione mistificatoria, del mezzo mediatico: «i fotogrammi d’archivio diffusi dalla tivù romena si pongono come elemento corrispettivo, speculare al ricordo, che agevola nella comprensione degli eventi e nel disegno che di essi si delinea, risultando anzi l’unico strumento di decifrazione delle parti in causa e di ciò che sta accadendo. […] In ultima analisi, è il medium per eccellenza a ereditare il compito di stabilire cosa sta succedendo e cosa no (e di conseguenza quel ch’è vero e quello che non lo è)» (ivi, p. 64).

Dei nuovi autori, tutta la seconda parte del volume, è dedicata a Corneliu Porumboiu. Scelta consapevolmente arbitraria motivata fin dal titolo della sezione: «Un percorso esemplare». Secondo Marzaduri, infatti, nell’opera di Porumboiu non solo è possibile seguire e comprendere tutta una serie di temi precisi, ma anche le linee fondamentali di quel comune processo produttivo che il saggio si propone di esaminare. Lo scontro dialettico tra realtà fattuale e realtà filtrata, tra verità e percezione, già messo in luce riguardo l’immanenza del piccolo schermo e i suoi esiti manipolatori al centro di tanta parte del nuovo cinema romeno, è questione essenziale dell’opera più famosa di Porumboiu, A est di Bucarest (ovvero A fost sau n-a fost?), Camera d’or al Festival di Cannes 2006, che gli ha permesso d’affermarsi internazionalmente. Riprendendo il mito della caverna di Platone, il regista si chiede se, dopo aver scoperto di essere già stati ingannati dalle ombre, non siamo ancora avvolti nell’illusione; convinti di aver ormai afferrato la realtà, forse siamo ancora vittime di alterazioni virtuali. Il controllo dell'universo dell'informazione comporta il potere di ricreare il mondo: la realtà è cancellata dal fenomeno, le cose sono sostituite dalle simulazioni. Nello studio televisivo di A est di Bucarest si mette in scena l’invenzione televisiva della Storia, gli eventi sottoposti alle logiche deformanti della comunicazione di massa. Porumboiu, orchestrando questa danza macabra attorno al cadavere della Rivoluzione, di cui tutti si vantano eroi quando in realtà  sono stati in realtà semplici spettatori, dimostra d’aver fatto tesoro della lezione di Pintilie, lavorando su una messinscena finalizzata a far riflettere sulla cattiva coscienza della propria nazione.

Nella terza e ultima sezione del volume Marzaduri prosegue, con maggior sistematicità, quanto cominciato in precedenza, cioè una ricapitolazione comparativa delle opere per far emergere le principali tematiche del nuovo cinema romeno, evidenziarne i comuni denominatori, illustrarne le figure e i patterns più strettamente condivisi.
Noul Val è un saggio importante per come riesce ad analizzare e rendere conto di un magma difficilmente comprimibile e in continua dilatazione; un fenomeno in perpetua evoluzione, espansione e rimodellamento.



Bibliografia

Marzaduri F. S. (2012): Noul Val. Il nuovo cinema romeno 1989-2009, Archetipo Libri, Bologna.

Strada Janovic C. (a cura di) (1979): Estetica e romanzo, Einaudi, Torino.



Filmografia

A est di Bucarest (A fost sau n-a fost?) (Corneliu Porumboiu 2006)