harold_lloyd_reduced«Aveva… un vocabolario comico insolitamente vasto ed aveva in particolare un corpo sapientemente espressivo… I suoi film derivavano dalla vita quotidiana e vi erano vicini più di qualsiasi altro film comico», scrisse James Agee (1950) a proposito di Harold Lloyd, contrapponendo la sua opera a quella dei grandi comici a lui contemporanei, suoi “rivali”: vale a dire Charlie Chaplin e Buster Keaton, dai quali i film dell’homme aux lunettes d’écaille sono stati in parte “oscurati”. La singolarità di questo grande attore, che ebbe la sua stagione d’oro nei decenni Venti-Trenta, trova le sue ragioni in ciò che James Agee definiva realismo ordinario, quotidiano appunto, alla base di una comicità lontana dalla stilizzazione che caratterizzava quella di Chaplin o Keaton. (Sull’opera di questo grande protagonista del cinema hollywoodiano del muto è da segnalare la monografia italiana di Alessandro Faccioli, Harold Lloyd. L’officina della risata).

Lonesome Luke, nome del protagonista di una lunga serie di cortometraggi da Lloyd interpretati nella prima fase della sua attività, rappresentava, in maniera quasi didascalica, i modelli culturali egemoni nella società americana del suo tempo, vivisezionati di volta in volta in una fitta filmografia, nella quale devono comprendersi anche i numerosi cortometraggi girati prima di Bumping into Broadway, suo primo lungometraggio del 1919.

Sia nei film di Chaplin che in quelli di Keaton, non meno che in quelli di Harold Lloyd, i miti americani dominanti nella prima metà del secolo scorso costituivano il costante Leitmotiv, ma «al contrario dei grandi comici come W. C. Fields, i fratelli Marx o Buster Keaton, Lloyd contava esclusivamente sul suo “materiale” comico… Il suo personaggio di giovane intraprendente era banale nell’era di Horatio Alger [lo scrittore che aveva fatto del self made man il protagonista di molti romanzi, n.d.r.], benché egli abbia saputo caratterizzarlo mediante accessori (gli occhiali di tartaruga, l’abbigliamento sportivo). Lloyd ne fece gli strumenti perfetti di un meccanismo di cui ciascun effetto sembrava predisposto da qualche orologiaio pazzo» (Robert Benajoun). Non a caso lo stesso attore, nei suoi scritti sulla “propria formula” comica, aveva auspicato il giorno in cui «l’elaborazione del film potrà essere portata ad un punto di perfezione tale che si giungerà a confezionarli all’incirca, come si procede per un vestito» («Sequenze», 5-6, 1950, numero dedicato al film comico).

Su uno dei miti americani per eccellenza, quello del cinema, Lloyd fonda uno dei suoi film migliori, meno noto dei più celebrati Preferisco l’ascensore (Safety last, 1923) e Viva lo sport (The Freshman, 1925), ma parimenti acuto nel tratteggiare questa volta l’ingenuo entusiasmo delle giovani generazioni per il mondo “dorato” del cinema: Movie Crazy (1932: Follie del cinema fu chiamato in Italia) ne è un esemplare ammirevole, da accostare al di poco precedente, ma meno incisivo, Maschere di celluloide (Show People, 1928) di King Vidor, pure ambientato nel mondo di Hollywood, col quale ha molti punti in comune.
Movie Crazy va perciò inserito nella più ampia filmografia che ha per oggetto Hollywood, quasi un genere a sé, riproposto frequentemente come occasione di riflessione del cinema su se stesso e sui suoi strumenti di comunicazione e persuasione.

La presenza di un atteggiamento critico che riscontriamo spesso in questa filmografia indurrebbe a ridimensionare la convinzione diffusa del cinema come instancabile quanto subdolo dispensatore di illusioni, di cui Hollywood, la cosiddetta fabbrica dei sogni, sarebbe l’emblema, oggetto costante degli strali dell’intellighenzia. Vogliamo citare qualche esempio? Si pensi a La palla numero 13 (Sherlock Junior, 1924) di Buster Keaton, acuta analisi dei meccanismi di identificazione dello spettatore con l’eroe del film: Buster, operatore di cabina, entra letteralmente nello schermo diventando personaggio fra i personaggi della pellicola che sta proiettando. L’idea di questo scambio fra realtà e finzione, di lontana ascendenza pirandelliana, nonché l’implicito proposito rivelatore degli espedienti messi in atto dal cinema per “catturare” l’attenzione dello spettatore, sarebbe stata ripresa decenni dopo, ma a ruoli invertiti (questa volta è l’attore che esce fuori dallo schermo e si immette nella realtà), da Woody Allen nella Rosa purpurea del Cairo (The Purple Rose of Cairo, 1985).

Con Movie Crazy Harold Lloyd dà un’immagine del cinema da un punto di vista in parte diverso, funzionale alle ragioni della sua comicità, quella cui accennava James Agee nel suo saggio. Il film prende spunto dalla infatuazione di un giovane provinciale per il cinema, nel cui mondo desidera ardentemente entrare, nonostante non ne abbia le qualità necessarie. Attraverso l’ingenuità di questo personaggio, ricorrente peraltro in tutta l’opera dell’attore, Movie Crazy descrive un milieu popolato da figure prosaiche, tutt’altro che fascinose, e un tantino bizzarre, sul modello di quello slapstick, nel suo stile si racchiudeva gran parte del cinema americano comico del muto. Tutto ciò viene filtrato da quella bonomia propria del personaggio creato da Lloyd, una bonomia che tuttavia non fa velo all’ironia non di rado pungente con cui il film descrive una realtà così fuori dell’ordinario come quella del mondo hollywoodiano. Per tale motivo poco convince quanto Roland Lacourbe (1970) dice nella sua monografia sull’attore a proposito di Movie Crazy: «La delusione finale del protagonista attinge in effetti una acutezza non abituale nell’opera dell’autore ed esprime chiaramente la profonda disillusione per un sistema e un ambiente che non gli procurano, a livello morale, se non disgusto e malcontento».
Movie Crazy è il terzo film sonoro di Lloyd, firmato per la regia da Clyde Bruckmann, che con Buster Keaton aveva firmato in veste di coregista il capolavoro del grande attore, Come vinsi la guerra (The General, 1926). Bruckmann fu uno dei tanti, rilevanti cineasti hollywoodiani di seconda fila, pressoché sconosciuto al gran pubblico, ai quali il cinema americano deve non poco della sua fortuna, anche artistica.

La trama di Movie Crazy è semplice: Harold Hall, patito di cinema, sogna dalla sua cittadina del Kansas, Littletone, una carriera come attore. Invitato a Hollywood dal segretario di produzione O’Brien, si reca nei suoi uffici, ma qui si scopre l’errore che ha determinato l’invito: si è trattato di uno scambio di persona, causato dall’invio, col nome e indirizzo di Harold, della foto di un aitante suo giovane amico invece della propria. Nonostante ciò Harold, deciso a tutto pur di sfondare nel mondo cinematografico, non si dà per vinto, resta a Hollywood, e partecipa casualmente come comparsa in un film la cui star è la giovane attrice messicana Mary Sears (Constance Cummings). Ma Harold, per via del trucco che ne ha alterato i lineamenti, non riconosce in lei la ragazza incontrata appena arrivato a Hollywood e di cui si è invaghito. Ciò provoca inevitabili  malintesi, fonte di ulteriori equivoci nei suoi rapporti con quelle che egli pensa siano due donne diverse. L’inettitudine di Harold e la sua abilità nello scombussolare i piani di lavorazione dei film nei quali si trova improvvidamente quanto imprevedibilmente impegnato sta per compromettere il suo sogno, ma un colpo di scena rimetterà tutto a posto.

Movie Crazy si fonda su una serie di equivoci che si susseguono nel più classico degli espedienti della commedia tradizionale. Tre principalmente sono alla base degli snodi centrali dell’azione: dapprima la lettera di invito a Hollywood, come abbiamo visto, occasione della partenza di Harold per la Mecca del cinema. L’altro, fonte di una delle migliori scene del film, è pure legato ad una lettera, quella che Mary, senza riceverlo nella sua casa, scrive al suo corteggiatore troppo insistente per respingerne le continue avances: la lettera per errore è stata da lei scritta sul retro di un invito ad un elegante party, al quale Harold, avendone letto solo il verso, crede di essere stato invitato, e dove pertanto si reca provocando ovviamente una serie di esilaranti situazioni. Infine l’equivoco risolutivo è quello che nasce dallo scambio fra realtà e finzione: capitato su un set, rinchiuso in un baule e ignorando che vi si sta girando un film, cerca di proteggere Mary in procinto di essere aggredita da un uomo. Harold ovviamente ne prende le difese e ingaggia una lotta, non prevista dalla sceneggiatura, con l’attore che, per ragioni di copione, sta attentando alla vita della ragazza. Questo imprevisto scombina la lavorazione del film, mettendo in moto uno strepitoso susseguirsi di gag, fra cui un’autentica inondazione. Ma il produttore che ha assistito alla scena non programmata, divertito e ammirato dalla “bravura” di Harold, corona con un ingaggio il suo sogno.

Il film di Bruckmann è un modello di cinema costruito su quel meccanismo “ad orologeria” cui si riferiva Benajoun nel brano sopra riportato. Un meccanismo caratteristico del cinema muto, dal quale evidentemente l’attore non si era del tutto emancipato. Il suo scetticismo verso il sonoro peraltro lo rileviamo nella scena in cui l’accelerazione del parlato ottenuta mediante i meccanismi di missaggio dei suoni provoca imprevisti effetti di calcolata (quanto perfida nei confronti del sonoro) comicità. Ricordiamo a tal proposito che al periodo del sonoro, nonostante la facilità con cui vi si adeguò al contrario di altri comici, fanno parte i relativamente pochi film che Lloyd interpretò nella fase ultima della sua carriera, fra i quali spicca Meglio un mercoledì da leone (Mad Wednesday di Preston Sturges, 1947). Al cinema comico del muto, sul quale l’attore aveva infatti modellato il suo personaggio, corrispondono infatti molte gag inserite in Movie Crazy: si pensi all’incontro con O’Brien negli uffici di produzione e allo scambio dei cappelli da cui uscirà ammaccato quello di quest’ultimo (gag che sarà ripetuta verso la fine del film, pressoché identica, con un diverso personaggio). Ancora più irresistibile è la straordinaria sequenza del vano tentativo di Harold, che ha perso una scarpa finita in un tombino, di smuovere la capote ripiegata della macchina di Mary, sotto un acquazzone scrosciante.

Ma la parte più notevole di Movie Crazy è quella del party dove il comportamento maldestro di Harold è alla base di una serie inarrestabile di gag, quando, avendo indossato per errore la giacca del prestigiatore, non si accorge che dalle tasche escono i suoi “trucchi” del mestiere, fra cui i numerosi topolini che seminano scompiglio nella sala. (La sequenza del party sarà stata probabilmente tenuta presente da Blake Edwards nel suo Hollywood party, 1968, che ne moltiplica oltre misura gli effetti comici.)
Certo, il personaggio creato da Harold Lloyd non poteva superare la soglia di quella blanda e tutto sommato bonaria critica verso l’istituzione “cinema”, bersaglio di ben più acuti strali di altri autori. Ma non c’è dubbio che delle sue procedure egli avesse ben individuato il senso. Lo suggerisce la geniale sequenza con cui si apre il film: in primo piano vediamo Harold che sembra seduto sul sedile posteriore di una elegante limousine. A un certo punto l’auto prosegue la sua corsa e noi scopriamo che Harold, che vi si era soltanto aggrappato per esserne trasportato, in effetti era sulla sua bicicletta: per lo spettatore si è trattato di un inganno nel quale si riassume metaforicamente il principio ambivalente su cui si regge l’idea del cinema, fonte di illusione ma anche di rivelazione della realtà: cioè, il cinema come fascinazione e disincanto.


Bibliografia

Agee J. (1950):  L’epoca d’oro della commedia cinematografica, in «Bianco e Nero».

 

Faccioli A. (2005): Harold Lloyd. L’officina della risata, Edizioni Kaplan, Torino.

Lacourbe R. (1970): Harold Lloyd, Editions Seghers, Paris.


Filmografia

Bumping into Broadway (Hal Roach 1919).

Come vinsi la guerra (The General, Clyde Bruckman, Buster Keaton 1926).

Follie del cinema (Movie Crazy, Clyde Bruckmann 1932).

Hollywood party (Blake Edwards 1968).

La palla numero 13 (Sherlock junior, Buster Keaton 1924).

Maschere di celluloide (Show People, King Vidor 1928).

Meglio un mercoledì da leone (Mad Wednesday, Preston Sturges 1947).

Preferisco l’ascensore (Safety last, Fred C. Newmeyer, Sam Taylor 1923).

Rosa purpurea del Cairo (The Purple Rose of Cairo, Woody Allen 1985).

Viva lo sport (The Freshman, Fred C. Newmeyer, Sam Taylor 1925).