altQuest’uomo lavorava a un sistema di storia naturale nel quale aveva classificato gli animali a seconda della forma degli escrementi. Distingueva tre categorie: i cilindrici, gli sferici e quelli a forma di torta.
(Georg Christoph Lichtenberg)






Prologo trasognato

Fra le vertiginose Colonne che circondano il Valhalla dei Registi, i cui capitelli si perdono fra spesse, immote nubi, più vecchie del Tempo, nelle ore che anticipano il crepuscolo, se si ha la fortuna di accedere – non visti – a questo Non Luogo tempestato di sogni, è possibile scorgere scampoli d’eternità che tolgono il sonno: Abel Gance e Sergej M. Ejzenstejn che improvvisano una battaglia navale; John Ford, su di un destriero degno di Parsival, intento a comandare un nugolo di fantasmi Cheyenne; Erich von Stroheim con la sua Isotta Fraschini a scorrazzare in un cielo di marzapane… Oggi (oggi? Ha un senso il tempo?) all’ombra di una Colonna, Luis Buñuel sta intrattenendo, con furore ispanico, il concetto italico di “Neorealismo” facendosi beffe di Roma citta aperta. Fra gli astanti, impossibile non scorgere – anche per via delle sue roboanti risate – Marco Ferreri. Ma ecco che da una botola esce Roberto Rossellini, più torvo dell’Otello. Rossellini, mani frementi, non proferisce parola ma, invece di prendersela col collega surrealista, lancia un sonoro ceffone ad un incredulo Ferreri…

Senza scomodare Elio Vittorini e le sue teorie espresse su «Il Politecnico» va detto che il Neorealismo nasce in primis da una urgenza, da un lucido bisogno di uscire dalle sacche di un flaccido dannunzianesimo che aveva ammorbato il nostro panorama letterario per venti anni, rendendolo irrespirabile. Anche Roma città aperta nasce dallo stesso bisogno di narrare l’immediato, di fotografare le macerie e le iniquità partorite da un conflitto e una tirannia che avevano fiaccato la lucidità stessa dell’italiano medio. Lo “sguardo” critico, potremmo dire. Massimo rispetto per Rossellini ed i suoi fratelli di cordata. Impossibile negare che la stagione vera, palpitante, del neorealismo abbia avuto vita breve, brevissima, diventando al contrario metro di paragone per ogni autore a venire. Non dimentichiamo che il bisogno di entrare nel cuore della povera, brava, gente di borgata, all’ombra della Capitale, ha partorito il curioso fenomeno del “neorealismo rosa” portato a battesimo da quel Pane, amore e fantasia (1953) di Luigi Comencini. Eppure, ogni volta che giungeva sul proscenio un nuovo autore, l’unica domanda possibile era: sì, ma è “neorelista”? È neorealista Ermanno Olmi col suo Il tempo si è fermato (1959)? È neorealista Banditi a Orgosolo (1961) di Vittorio de Seta? Ma soprattutto, è neorealista Pasolini con Accattone (1961)? Lo stesso discorso vale per l’apolide Marco Ferreri, ritenuto un autore spagnolo, ma in Spagna, si sa, anche sotto il giogo di Franco, i mostri sono assai rispettati, se non amati.

Ispanici entomologi

Le immagini più belle sono assurde riflesse in uno specchio concavo
(Ramòn Mària del Valle-Inclàn)

Nei succulenti anfratti della Cineteca Nazionale si celano tesori d’inestimabile valore, degni della grotta di Alì Babà. Fra di essi, ad esempio, si cela, una “pizzetta”, un rullo che poteva rischiare di cadere nell’oblio eterno, con tutte le sequenze de Lo sceicco bianco che Fellini eliminò dopo che, in sala di montaggio, il Sommo Riminese aveva mostrato al proprio Maestro, Roberto Rossellini. Il papà del Neorealismo, infatti, già aveva subodorato verso quali esotici lidi voleva planare l’indisciplinato allievo… Ecco quindi Rossellini imporre a Fellini (scontro tra Titani) di sforbiciare tutte le “extravaganze”, le schegge di grandangolare umanità: uno spaurito Leopoldo Trieste che, cercando la moglie scomparsa, spalanca tutte le porte della pensioncina ed entra in una stanza ove tre vecchine vestite solo di asciugamani-sudario stan facendo i fumenti tra vapori degni delle Terme di Otto e mezzo (1963); un pazzo ghignate rinchiuso in una gabbia trascinata da una pachidermica suora…

altQuesto in Spagna non sarebbe successo, visto che tutti i giovani virgulti del cinema (da Luis Garcia Berlanga) avevan come loro modello l’eccentrico, ipertrofico, scrittore tardo Romantico Ramòn Mària del Valle-Inclàn che nel suo romanzo Divinas Palabras (1920) metteva al centro dell’actio un nano idrocefalo esposto nei mercati rionali come fenomeno da baraccone… Lo stesso dicasi del giovane scrittore Rafael Azcona e ci piace rubare le parole del critico ispanico Marcel Oms: «In un primo tempo Azcona ricavava i suoi personaggi dalla realtà immediata, prendendo di sana pianta i suoi eroi dalla miseria materiale, l’infermità, la povertà e la vecchiaia. Così ritrovava la vena di Ramòn Mària del Valle-Inclàn nei suoi “esperpentos” (fatti grotteschi, n.d.r.), mettendo in scena delle persone la cui sporcizia, bruttezza, vigliaccheria o i cui aspetti abnormi venivano accentuati al massimo.

Azcona parte da situazioni apparentemente realiste per superare nettamente i dati del neorealismo critico ed arrivare a delle conseguenze aberranti di cui lo spettatore è un testimone dal sorriso amaro». Il gerontofilo “per interesse” de El pisito (1958), il macilento vecchino assassino de El cochecito (1960), il fuco impotente, protagonista passivo de Una storia moderna: l’ape regina (1963), il lurido commerciante di carne umana ne La donna scimmia (1964) e soprattutto l’insegnante fagocitato dai propri fantasmi da gineceo casalingo: una umanità degradata (abbozzata con la penna affilata e lucidissima di Azcona) che porta sulle spalle una apparente “normalità” al pari di un giogo. Non vi è mai in Ferreri un’ombra di pietà per i suoi disgraziati protagonisti; ma al tempo stesso non vi è mai un villain ritratto con tocchi spregevoli, da condanna su di un pulpito. Solo un’umanità di mostri tra i mostri.


Filmografia

Accattone (Pier Paolo Pasolini 1961)

Banditi a Orgosolo (Vittorio De Seta 1961)

El cochecito (Marco Ferreri 1960)

El pisito (Marco Ferreri – Isidoro M. Ferry 1959)

Il tempo si è fermato (Ermanno Olmi 1959)

La donna scimmia (Marco Ferreri 1964)

Lo sceicco bianco (Federico Fellini 1952)

Otto e mezzo (Federico Fellini 1963)

Pane, amore e fantasia (Luigi Comencini 1953)

Roma città aperta (Roberto Rossellini 1945)

Una storia moderna: l’ape regina (Marco Ferreri 1963)