Andrea Bruni

alt«In tombe d’oro e di lapislazzuli
Corpi di sante e di santi trasudano
Olio miracoloso, profumo di viole.
Ma sono gravi masse d’argilla calpestata
Gonfi di sangue giacciono i corpi dei vampiri:
Con sudori di sangue e con le labbra umide»
(William Butler Yeats)

 


Saltatio, Turba, Mors

È tetramente matematico: prendete un labirinto di Ombre come il cimitero di Highgate (marmoreo corrispettivo della serra infernale di Katharine Hepburn in Improvvisamente l'estate scorsa di Joseph L. Mankiewicz), un Preraffaelita sull’orlo del baratro (Dante Gabriel Rossetti, nel caso) ed una virginale bellezza corrosa dal laudano (Elizabeth Siddal, l’Ofelia di Millais) e sarà il Caos. Anno Domini 1862; la diafana bellezza si lascia morire ed il marito, il già moderatamente malconcio Rossetti la seppellisce ad Highgate celando, nella bara, una propria raccolta di poesie, rigorosamente inedite. Sette anni dopo, stritolato dai debiti e con la convinzione di essere ad un passo dal divenire cieco, il pittore – noto per aver sempre ricercato la levigata venustà del Rinascimento – decide di riaprire la cripta della povera consorte, con l’avida, cannibalica, complicità di un amico: Bram Stoker, impresario teatrale e futuro esperto di (non) morti. La cripta viene iniquamente scoperchiata ed i due loschi figuri scoprono che la Siddal non ha perso un’oncia della sua bellezza. I celebri capelli rossi hanno raggiunto una lunghezza possibile solo nelle leggende, al pari dell’incarnato, morbido, sensualmente rosato. I testimoni, anzi, parleranno, di un colorito vermiglio, tendente al rosso di chi ha appena avuto o una indigestione, o un orgasmo.

Le nere gramaglie di Highgate han cominciato a frusciare, con suono di cartilagini divelte.

Se si pensa, poi, che nel 1883, poco distante da quell’iniquo cenotafio, verrà sepolto Karl Marx, il cerchio si chiude, dando evanescente lux perpetua al Vampiro. Come un ritorno della vera e propria invasione di Nosferatu, di cui parlò pure Voltaire, che vide interi villaggi, dominio dei revenants: dal villaggio serbo di Kisilova alla cittadella (senza clamore alcuno) della emiliana Bobbio.

Quod legi non potest

altNel villaggio della Serbia Occidentale di Kisilova, patria del celebre, terribile vampiro, Peter Plogojowitz, venne a morire il vecchio falegname Jacob Kacanski, che tre giorni dopo la sepoltura si presentò a casa del figlio, pretendendo non sangue, ma pane, formaggio ed un bel boccale di sidro. Questo, poi, per tutti i giorni a venire. A Bobbio, altra città di Nosferatu dolenti, quale sarà la dieta del Conte Basta? Già: Conte Basta: nel microcosmo di Marco Bellocchio, il Maestro piacentino sa essere pure un impeccabile docente di “teratologia onomastica”; nonostante l’apparente libertà anarcoide delle proprie pellicole “da cordone ombelicale impossibile a recidersi”, nulla è lasciato al caso. Sangue del mio sangue (al pari di Sorelle mai o del seminale I pugni in tasca) non sfugge a tale regola, anzi vi si affonda, con impeto dadaista, sposando i topoi del Gotico Italiano con Marcuse, trascinando in una polka Mario Bava con Bertolt Brecht.

Pochissimo sappiamo del Conte Basta, se non che sulle prime, potrebbe sembrare un (anti)eroe sadiano riletto da Pasolini, visto che sembra commuoversi – nel proprio catafalco – solo con i canti partigiani (Ta-Pum…Ta-Pum…); lo vediamo poi tramutarsi in una sorta di emaciato Machiavelli per mantenere inviolata l’arcaica forza uterina della propria Bobbio, così lontana dal lurido canto di sirena della nostra imperfetta modernità; per poi illanguidirsi, sino alla consunzione, dinnanzi alla Bellezza.

Nulla di fascinoso e repellente, per carità: son ben lontani i tempi di quando il faustiano Lord Byron sembrava dannarsi l’anima per un ritratto del capo mozzato della Medusa («Giace, fissando il cielo notturno, supina sull’annuvolata vetta di un monte, sotto, è un tremolare di distanti terre. Il suo orrore e la sua bellezza sono divini»): al Conte Basta è sufficiente il volto immacolato di una servetta, di una cameriera da locanda. Son passati almeno trecento anni quando, per schiantare a terra un vescovo (ex cavaliere ed uomo d’armi) serviva (come ne La visione del sabba) la devastante bellezza di una novizia che l’ottusa cecità di un clero pavido ed arrogante non è stata in grado di arginare con decenni di torture ed inumazioni coatte.

Ta-Pum.


Filmografia

I pugni in tasca (Marco Bellocchio 1965)

La visione del sabba (Marco Bellocchio 1988)

Sorelle Mai (Marco Bellocchio 2010)

Improvvisamente l'estate scorsa (Suddenly, Last Summer) (Joseph L. Mankiewicz 1959)