altÈ difficile cercare di raccontare il binomio RezzaMastrella (Antonio Rezza/Flavia Mastrella). La girandola di definizioni, pur ingrandendo la propria rosa, continua a mancare questo Giano Bifronte della scena spettacolare, che in ogni sua espressione porta avanti una rigorosa destrutturazione delle forme (teatrale, cinematografica, televisiva, letteraria): l’esistenza della regola per RezzaMastrella significa la possibilità di scoprire nuove prospettive da aberrare. L’approccio esegetico, tormentato dalla lentezza e dalla gravità argomentativa, poco si adatta ad inquadrare il loro rappresentare latitante e performativo, febbrile e volutamente frammentario, che «rinuncia al filo del discorso, che poi è lo stesso filo che ti strozza» (p. 78)1.



Quindi nessun problema «Se durante la lettura [di Clamori al vento. L’arte, la vita, i miracoli, nda] dovesse subentrare un forte smarrimento alternato a un radicale scetticismo», perché se così fosse, stando a quanto dichiarato in apertura dai due autori, allora vorrà dire che «il libro è ben riuscito» (p. 7). Pubblicato da Il Saggiatore, questo «prodigioso testo-performance», come descritto dallo stesso editore, attraverso un incedere erratico all’interno di una struttura balzana, volutamente scentrata, dall’equilibrio precario (conforme quindi alle dinamiche sceniche che i due hanno elaborato con i loro spettacoli), restituisce al lettore i meccanismi di un’immaginazione in corsa, che sfugge alle logiche della rappresentazione per non svilirsi nel compromesso narrativo; d’altronde, per RezzaMastrella, non può esserci «nessun futuro per un teatro che privilegia la narrazione allo struggimento» (p. 114). La sola forma di comunicazione spettacolare, disposti ad accettare, è quella che si lascia declinare nei termini di «disciplina scientifica che necessita di libera illuminazione […] istinto architettonico dove la fisica interviene dopo la folgorazione» (p. 28).

Clamori al vento avanza con autorevolezza, una virtù «che dipende da fattori oggettivi» (p. 42); mai con autorità, che invece, come viene ricordato, è una «colpa ministeriale» (p. 43), uno stato d’animo subordinato «all’estensione e all’esercizio del dominio» (p. 42). Il testo, dato il tono sprezzante:

L’arte non deve essere etica, non ci deve essere etica nell’opera. L’impegno civile nell’arte è la più grande menzogna della comunicazione. (p. 18)

la vis polemica:

l’artista o il presunto tale non può scendere a patti con i soldi dello Stato. Ogni forma di intuizione non deve essere foraggiata dall’oggetto del dissenso. [...] Vanno approvate leggi che proibiscano all’artista di schierarsi dalla parte delle sovvenzioni. (pp. 18-19)

le affermazioni apodittiche:

Il potere non va nominato, nemmeno per diletto. Togliere potere al potere attraverso l’indifferenza. (p. 18)

si configura come un’operetta morale, inattaccabile e irricattabile, che con volontà laica, inflessibile:

La speranza sottintende che in questo momento si può anche non fare perché c’è qualcosa che manderà in meglio il peggio.[...] Noi non speriamo in niente. Tutto può andare meglio, non una cosa soltanto. Che sia una speranza integrale: tutto deve andare bene, non solo i cazzi propri. (p. 106)

si getta in battaglia estetica («senza etica non c’è estetica, perché occorre un’etica marziale per non cedere alla tentazione delle frasi fatte e delle parole facili, consolatorie, a carretta di valori e di contenuti tanto portati avanti quanto negletti, schiacciati, traditi» [Busi in Marcenaro 2015]) contro potenti e potentati, avversari riconoscibili non per quello che fanno ma per quello che sono, che scavalcano il fare e si arrogano il diritto di essere (cfr. p. 18):

Il potere istituzionale è nessuno nell’esercizio della sua negligenza. E quindi è pur non sapendo fare. È senza avere fatto. È senza ha. Non ha niente se non il suo essere. (p. 18)

L’azione performante di RezzaMastrella, in tutte le sue manifestazioni, ha come costante la fuga: «Fuga dalla sedia che addomestica l’intuito e sviluppa il calcolo infame» (p. 40). E una fuga per dirsi tale deve essere compiuta in velocità: velocità di esecuzione che «annulla il controllo despota della mente che tutto fa e tutto barcolla. Questo a vantaggio della sonorità della parola. Non si dà spazio all’ipotesi ma carta bianca alla libera deriva. Che significa va’ dove non ti porta il senso, che non ha diritto a essere nell’esecuzione» (p. 39). La velocità, a sua volta, non può essere compresa se non in funzione al tempo che sottende inevitabilmente un confronto con la condizione di finitudine propria dell’essere umano. Da qui il bisogno di Antonio di esplorare la deformazione:

per questo mi deformo, per anticipare l’inevitabile. E per essere pronto a quando non potrò più deformarmi perché già alterato. Il mio corpo deforme è un’invettiva al tempo che scorre. Voglio fare la faccia brutta alla morte. (p. 32)

Concetti come tempo e velocità obbligano Rezza e Mastrella a creare con disciplina attenendosi alle leggi cronometriche del ritmo, e il registro che meglio gli permette di esprimersi è, di conseguenza, quello comico che poggia sull’esattezza matematica della sua efficacia, sul calcolo millimetrico di combinazioni sceniche che «rendono l’idea parte attiva di un motore inadatto a fallire» (p. 28). Il risultato che ottengono è una risata cattiva, perché, come raccontato da Antonio, «Il cattivo non è mai ipocrita: è esplicito, ti danneggia apertamente senza bisogno di raggiri. È divino, irraggiungibile. L’opposto di tutto ciò che ci sta intorno, un mix di falsità e buonismo da voltastomaco» (Rezza in Grossi 2001). E poi «ridere del nostro quotidiano su cose superflue ma necessarie è sicuramente una cura per il cervello, che si ricrea ossigenando i muscoli della critica» (p. 107).


Note

1. Dove non indicato, tutte le citazioni sono riprese da Clamori al vento. L’arte, la vita, i miracoli (Mastrella – Rezza 2014).


Bibliografia

Mastrella F. – Rezza A. (2014): Clamori al vento. L’arte, la vita, i miracoli, Il Saggiatore, Milano.


Sitografia

Grossi L. (2001): Le risate beffarde di Antonio Rezza, «Corriere.it».

Marcenaro G. (2015): Lo scrittore? Ci libera con le parole, «Dagospia.com».





Titolo:
Clamori al Vento. L'arte, la vita, i miracoli
Anno: 2014
Durata: 480 pagine
Genere: TESTO-PERFORMANCE
Specifiche tecniche: 19,50 euro
Produzione: Il Saggiatore

Regia: Flavia Mastrella Antonio Rezza

Progetto grafico: fotografia di Giulio Mazzi

Reperibilità