Matteo Marelli, Luca Romano

«Siamo in tempi d’emergenza» dice Gualtiero De Santi «dunque serve anche dotarsi degli strumenti necessari, […] di una critica che resiste in senso intellettuale e culturale». Ecco, allora, arrivare all’occorrenza, L’età dell’estremismo.
L’autore, Marco Belpoliti, sulla scorta di un pensiero raccontatoci da molte voci, come ad esempio quella Susan Sontang («La nostra è effettivamente un’epoca di estremismi. Viviamo sotto la minaccia continua di due prospettive egualmente spaventose, anche se apparentemente opposte: la banalità ininterrotta e un terrore inconcepibile.» (Sontag in Belpoliti 2014, p. 47)), guarda con occhio lucido alla nuova età di mezzo, già in atto da un trentennio, per farne un resoconto: dello spazio, del tempo, del mondo.






Comincia dalla fine. Quella degli «anni Ottanta, un periodo che […] conteneva più istinti di morte che non di vita» (Belpoliti 2014, p. 9). Una crisi iniziata nel decennio precedente, puntellata di abbattimenti: da quello festoso del Muro di Berlino al crollo delle Torri Gemelle. Due fasi di un’unica distruzione, dopo la quale è l’attuale squilibrio globale.
Smarrito il centro, tanto sul piano spaziale quanto su quello temporale, Belpoliti, spogliato dalle circostanze dei pregiudizi, si guarda attorno e pone le cose tra parentesi, per cercare di comprenderle. Il suo è il tentativo di una discrezione diretta della nostra esperienza così com’è, senza alcun riferimento alle spiegazioni causali. Come scriveva Michele Sardone a proposito di Zaum, programma curato da Enrico Ghezzi andato in onda su Rai Tre nell’estate del 2011 e che potremmo considerare come il correlativo televisivo di questo testo, «dinanzi a un’immagine siamo sempre portati a formulare un giudizio di attribuzione o di esistenza, a sforzarci di capire che cos’È. Ma se sostituiamo l’È con la E congiunzione, per cercare di comprendere quali sono le relazioni fra le immagini, ecco che ogni giudizio d’identità si sfrangia nella diversità». Per L’età dell’estremismo, così come per Zaum, non si tratta di spiegare o di analizzare, bensì di descrivere.

Belpoliti procede attraverso un metodo di indagine comparativo e fenomenologico, cerca sempre di riportare le ragioni del “fare” artistico alla contingenza di ragioni materiali, relative al momento in cui questo si è manifestato, e viceversa. Si guarda bene, infatti, dallo stabilire un ordine prioritario, delle precedenze, non solo cronologiche ma anche in linea di diritto; rifiuta consolatorie letture deterministiche che sono solite subordinare le espressioni culturali alle strutture politiche, sociali ed economiche. Piuttosto, si muove per omologie: cerca, cioè, di individuare identità di funzionamento tra settori di attività che pure sembrerebbero in apparenza assai distanti tra loro.
È inutile continuare a domandarsi se si debba comprendere il mondo a partire dall’ideologia, oppure dalla politica, dalla religione, o dall’economia. L’idea, che affiora dalla lettura de L’età dell’estremismo, è che si deve comprendere in tutti i modi contemporaneamente, includendovi anche l’arte, la critica d’arte, la teoria dell’arte e l’estetica. E ancora la letteratura, la scienza, la filosofia… Tutte queste vedute sono vere a condizione che non le si isoli. Di segmento in segmento questa polvere di fatti si agglomera, e ciò che si viene a comporre è un asse di tutta la cultura contemporanea, un asse capace di calamitare e unificare attorno a sé un gran numero di soluzioni, di proposte, di intuizioni parziali avanzate nei più lontani e disparati settori, da studiosi, da ricercatori, da artisti di diversa origine e di diversa cultura.

Si è parlato di “perdita del centro”. Quest’idea non si esprime soltanto a livello tematico, ma anche compositivo. L’età dell’estremismo ha una struttura a “mosaico”, è un puzzle di citazioni, una composizione dall’incedere “oracolare”, che rifiuta la linearità, il punto di vista fisso. Del resto, come diceva Foucault, «ci troviamo nell’epoca della simultaneità: […] la nostra esperienza del mondo non è più quella di una lunga vita che si sviluppa nel tempo» (Foucault in Manovich 1997, p. 399), con un andamento orientato linearmente. Il vettore storico ha un movimento circolare-oscillatorio. Il moto che domina la scena esalta un movimento spiraliforme, una “forma simbolica” che annulla passato, presente e futuro a favore di un lunghissimo attimo, di un sospiro profondo. Qualcuno potrebbe rimproverare al testo di essere monco, parziale. In realtà, «l’incompiutezza […] il suo modo di procedere incoattivo non sono il segno di un fallimento» (Merleau-Ponty 2012, p. 31), ma caratteristica necessaria per permettere il nostro intervento. Guidati dalla lettura spetta a noi far incontrare le prospettive, confermare le percezioni, figurare il mondo come una rete di connessione di fenomeni. E noi siamo (in) questo nodo di relazioni.
Deve esserci, infatti, uno spazio nelle relazioni in cui il contatto si formula e si modifica, in questo modo il mosaico che viviamo si scompone e si ricompone ad ogni nostro intervento. È il concetto di rete, di web 2.0.

Immaginate d’esser «seduti nel salotto di casa vostra e dopo cena state guardando la televisione. All’improvviso si ode un boato e la stanza si riempie di fumo: vi cadono addosso macerie e il muro davanti a voi si sbriciola. Dal buio entrano soldati in tenuta da combattimento urlando ordini» (Belpoliti 2014, p.213).
L’idea di perforare un muro è la rottura del mosaico composto nel libro che avviene ad ogni lettura. L’intromissione del soggetto nella rete è la ricomposizione della rete stessa. Questo libro è fondamentalmente il confluire (sia nella nascita, Belpoliti raccoglie pezzi già scritti, pezzi scritti appositamente; sia nella forma: i capitoli potrebbero essere montati e rimontati nell’ordine a piacimento riformulando l’età dell’estremismo nella sua narrazione).
Benjamin scrisse ne L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica che «anche nel caso di una riproduzione altamente perfezionata, manca un elemento; l’hic et nunc dell’opera d’arte – la sua esistenza irripetibile nel luogo in cui si trova. Proprio in questa esistenza irripetibile, e in nient’altro, si è compiuta la storia a cui essa è stata sottoposta nel corso del suo perdurare» (Benjamin 2011, p. 6). Nello spazio dell’hic et nunc subentra il lettore ne L’età dell’estremismo. Il lavoro di Belpoliti non può che esser parziale nella forma della compiutezza, ma totale nella forma della narrazione per via della necessità del lettore di un lunghissimo attimo di respiro. La trasformazione tuttavia non avviene all’interno dell’opera, ma nell’atto stesso.

La narrazione degli ultimi 30 anni non è lineare, non è nemmeno totale, non potrebbe che essere sporadica e soggettiva, ma è ampia orizzontalmente. È un insieme di case, muri, spazi che si sono composti nell’arco dell’ultimo trentennio e che Marco Belpoliti attraversa, talvolta rompendo, talvolta bussando, ma senza porre una costruzione della Storia, compito che deve spettare necessariamente a chi legge. Le citazioni, i riferimenti artistici e letterari, gli spunti filosofici e militari, tutto è parte dell’essere contemporaneo, il libro prende le sembianze del blog, i post si susseguono, ma il senso è nel percorso che si intraprende nella lettura.
Significativo è il Tumblr di Belpoliti collegato al libro, all’interno del quale le foto, i testi e la storia si mischiano, arrivare al Tumblr è possibile cercando magari torri gemelle su Google come è possibile arrivare al libro tramite la storia di Philippe Petit. L’essere progettato del libro si perde in qualcosa che mai si potrebbe ricomporre: dal Jean Genet al volo iniziale dei protagonisti del libro di Rushdie, dalle strategie di guerra al crollo delle torri gemelle, il punto di arrivo al testo potrebbe essere ovunque; il punto d’uscita è, invece, assente. L’operazione di Belpoliti va decisamente oltre la struttura narrativa puntando verso il 2.0. I contenuti si sovrappongono tipo finestre e procedono talvolta tornando, talvolta abbandonando la partenza. Non c’è confusione però in tutto questo, non c’è caso. La narrazione ha il solo unico limite nella lettura: il lettore dovrebbe leggere tutti i capitoli insieme per poter essere nella Storia, perché la storia avviene contemporaneamente.


Bibliografia:

Benjamin W. (2011): L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, Einaudi, Torino.

Belpoliti M. (2014): L’età dell’estremismo, Ugo Guanda Editore, Parma.

Manovich L. (2002), Il linguaggio dei nuovi media, Edizioni Olivares, Milano.

Merleau-Ponty M. (2012): Fenomenologia della percezione, Studi Bompiani, Milano.





Titolo: L'età dell'estremismo
Anno: 2014
Durata: 294 pagine
Genere: SAGGIO   
Specifiche tecniche: 18 euro
Produzione: Guanda

Regia: Marco Belpoliti

Progetto grafico: (in copertina) fotografia ©Steve McCurry/Magnum/Contrasto; grafica di theWorldofDot