Raffaele Cavalluzzi

«Una nebbia velenosa», «un’oscurità trasparente»: sono le metafore per la depressione di Emily (Rooney Mara) – assassina del marito (Channing Tatum) –, usate per definire il presunto stato sonnambolico in cui la giovane ha agito, e che è stato provocato, a quanto sembra, da una micidiale cura di psicofarmaci. Nel film di Steven Soderbergh, Effetti collaterali (Side Effects, 2013), la su accennata  dimensione metaforica é suggerita come elemento conduttore della vicenda, e soprattutto  performante il succedersi delle immagini e delle stringenti situazioni drammatiche: prevale a lungo con tutta l’acutezza della sua ambiguità.

Del resto, mentre lo sviluppo della dark story nella sua prima parte avvalora la tesi psichiatrica appunto dell’angosciosa “depressione”, da un certo momento in poi, quando il medico Jonathan Banks (interpretato da Jude Law), che, anche dopo l’assoluzione di Emily in quanto incapace di intendere e di volere all’atto dell’omicidio, si ostina ad averla in cura presso il centro psichiatrico forense, comincia a sospettare qualcosa di più equivoco. Infatti, il filo della matassa svela piuttosto la natura di “simulazione” del caso: un transfert sessuale – che lo raggomitola in chiave lesbica – dell’analista (Catherine Zeta-Jones), che aveva seguito negli anni precedenti la donna travolta dallo scandalo finanziario e dall’arresto del marito, era in realtà alla base di un’orchestrata operazione di insider trading delle due amanti sul valore di borsa di un noto farmaco, e di un delitto che, alla fine, scoperta, condanna definitivamente la protagonista al penoso futuro di reclusa in un manicomio criminale.

Qualche leggera incrinatura dello script nel finale rischia di spingere la tensione verso altre sponde: per esempio, perché il medico insiste a curare la sua paziente anche dopo l’assoluzione: per rigore deontologico o per altro? Perché si affaccia qui un presunto interesse tutt’altro che professionale per le donne che in qualche altra occasione gli si sono affidate come malate? E perché é tutto sommato fragile – anche dal punto di vista della tenuta del plot – la sua relazione con la moglie e la propria famiglia? Anche il tema del rapporto tra sfrenato affarismo amorale del capitalismo globale, psicanalisi e abuso dei farmaci (che nell’intreccio sembra voler alimentare un altro risvolto del racconto) può in qualche modo distrarre dal focus più denso ed efficace della “nebbia velenosa”, su cui sono costruiti quasi interamente il ritmo inquietante e l’efficacia espressiva del film. E attenuare l’intensità dell’apprensione suggerita a Jonathan dall’etica dell’accoglienza – in quanto psichiatra – della conturbante “infelicità’” che le persone disturbate pongono di norma nelle sue mani, nonché il coinvolgimento dello spettatore nella rappresentazione esemplare della miserabile parabola umana di personaggi, alla fine, scellerati e, per l’appunto, infelici.


Filmografia

Effetti collaterali (Side Effects) (Steven Soderbergh 2013)