jalousie

La Jalousie è una carezza dataci da Philippe per mezzo delle lunghe mani di Louis, cesellate, intonse, preservate alle volgarità della fatica. Fuori dalla Storia, i personaggi si appartengono non essendo di nessun tempo. Ancora una volta deux Amants Réguliers, che ripercorrono puntualmente tutte le tappe del disinnamoramento in una vera e propria liturgia dei corpi, una cerimonia che li erge a centro e punto di partenza di ogni processo figurativo.


Il pudore del mostrare i corpi e i sentimenti ferma le cose nel momento in cui sono accadute, leggere come un planare di foglie autunnali in un movimento ineluttabile che sembra ritornare a Antonioni.
La jalousie si snoda intorno a un amore che finisce e un altro che ne comincia e poi finisce. D’altronde ogni storia è una storia d’amore e, per dirla con David Foster Wallace, ogni storia d’amore è una storia di fantasmi. Leggero come un delicato arpeggio di chitarra, questo ultimo film ricorda il Garrel intimista migliore: quello di Les baisers de secours, J’entends plus la guitare e La naissance de l’amour.

Garrel firma e filma, con ritrovata freschezza, l’ultima (?) pagina del suo diario cinematografico sospeso tra metafora e confessione autobiografica, tra classicismo e “tentazione moderna”: illumina il bianco e nero, di uno scintillio antico, e cade sulle immagini direttamente dal 'Ti amo definitivamente' pronunciato da Louis.
La morte definitiva del romanticismo, il cambiamento, intrinsecamente pregno di abbandono, avvolge ogni figura restituendole lo spazio della decisione, della volontà, del desiderio carnale. L'uomo e la donna, definitivamente sullo stesso piano si incontrano, scontrano, perdono, e restituiscono all'amore fin(i)to lo spazio di un attimo.
Nemmeno il gesto supremo del suicidio romantico ha più alcun senso, semplicemente è rappresentato il desiderio, volubile, quello sì, definitivamente.