Cucinandogli il "pollo alle prugne" Faranguisse riesce a conquistarsi fuggevoli parole d'affetto da suo marito Nasser-Ali, il miglior violinista della sua generazione. Sa che ciò che ha permesso al proprio sposo di diventare un vero e proprio artista e non rimanere soltanto un virtuoso dello strumento è stato l'amore. Ma non verso di lei.
Suonando Nasser-Ali rivive, e fa vivere in chi l'ascolta, tutto lo struggimento patito e mai superato per Irâne, l'altra sola donna, assieme alla madre, della sua vita, con cui non ha potuto costruire una famiglia per la ferma opposizione del padre di lei. Faranguisse, nel corso d'una delle tante, quotidiane liti con il marito, rompe il suo strumento. Evento scatenante dal quale il film prende le mosse. Si fà, infatti, conoscenza di Nasser-Ali proprio nel momento in cui è alla ricerca di un nuovo violino, che gli permetta ancora di perpetuare tutto il trasporto sentimentale provato per Irâne.
Quanto è stato appena riassunto, e moltro altro ancora, anche se accaduto antecedentemente rispetto all'incidente, viene scoperto solo nel procedere del film, organizzato attraverso una narrazione a scatole cinesi, dove il presente si insinua nel passato e valica nel futuro, e questi a loro volta introducono nuove angolazioni di sguardo sul presente. Le vicende personali cortocircuitano inevitabilmente con la questione politica di un Paese continuamente martoriato da conflitti e regimi dittatoriali.
Ma a differenza del precdente Persepolis, dove la storia privata della protagonista era chiave d'accesso all'appassionata epopea di un popolo e di una società, qui gli autori, Marjane Satrapi e Vincent Paronnaud, prediligono il registro intimista e scelgono di lasciare sullo sfondo le conseguenze della Rivoluzione Islamica. Una scelta che si ripercuote sui toni che si fanno più malinconici e a tratti stucchevoli.
Il passaggio dall'animazione al live action purtroppo non è indolore e fa capire come ai due registi manchi ancora un'identità creativa matura e ben definita; in quest'ultimo lavoro, solo ogni tanto la narrazione trova vantaggio nell'applicazione della nuova tecnica, ma spesso ne esce appesantita, sovraccarica com'è di grottesche carinerie e di trucchi visivi ad ogni inquadratura. Trucchi a cui peraltro va imputato un certo ritardo sui tempi (Gondry, ma anche Jeunet docet).
È come se la voglia di stupire prevalga sul senso del racconto ma soprattutto del ritmo. E a rendere più evidente come ai due autori risulti ancora piuttosto ostico il nuovo registro espressivo sono i brevi inserti animati, dove lì tutto funziona fluidamente.