Per i pugili di Day of the Fight di Stanley Kubrick si trattava di una giornata di lavoro. Così è per cablatori, facchini, poliziotti, steward, giardinieri, tecnici, tifosi e calciatori nelle ore prima di una partita allo stadio di San Siro, come ritratti da Yuri Ancarani. Una routine stanca che si ripete a ogni incontro che assume la valenza di un rito. Una tipica giornata uggiosa milanese, sullo sfondo l’imponente sagoma dello stadio, con i suoi anelli. La nebbia si confonde con il grigio del cemento armato della grande costruzione. Il giallo degli impermeabili dei cablatori, le ombre sull’asfalto bagnato, e ancora il grigio delle transenne. E poi si passa al verde del prato e al giallo degli spalti.
Ancarani ci conduce con un percorso cromatico all’interno di un grande tempio. Arrivano i fedeli, i tifosi che si riversano sulle rampe di scale, lenti, ordinati, come i travet, come gli impiegati che di mattina dilagano in massa nella metropolitana. E poi tocca a loro, i sacerdoti, i calciatori in doppiopetto – Ancarani ne coglie gli sguardi – che arrivano in pullman. Tutto è pronto per l’inizio della cerimonia.
Il lento incedere delle immagini, la loro progressione senza parole: Ancarani dimostra di conoscere Wiseman – naturalmente potendosene permettere solo le pillole, senza quella gran mole di lavoro, sia di girato che di montato –, ma il suo approccio potrebbe essere quello di una storia naturale raccontata da Piavoli. Lo sguardo di Ancarani rimane neutro, ma i ringraziamenti dei titoli di coda fanno capire come la Milano da bere, lo spot dell’Amaro Ramazzotti non siano molto distanti.