Dopo Amir Naderi con Cut, anche Abbas Kiarostami trova in Giappone una nuova, sorprendente svolta e, come Naderi, lo fa lievemente, senza apparenti straordinarie trasformazioni. Like Someone in Love è di fatto un film giapponese per produzione e cast, ma anche per l’essenzialità di uno sguardo che si fa impalpabile, fluido non-racconto tutto riflesso sui vetri o semplicemente lasciato intravedere attraverso la trasparenza ingannevole dei finestrini di un’auto.
Akiko è una studentessa dalla doppia vita. Ha un fidanzato geloso, una famiglia preoccupata per lei e una doppia identità di prostituta. Impossibile tenere tutto separato, quando la nonna arriva a sorpresa a Tokyo, il fidanzato la opprime con la sua gelosia e la sua vita notturna segue inaspettate derive. Ecco il punto di partenza di un viaggio impalpabile nella città quasi invisibile, nascosta, come sempre in Kiarostami, in un gioco di contrapposizioni impossibili, dove vedere vuol dire cercare di vedere ciò che non viene mostrato. Akiko incontra l’anziano Takashi che ha preparato per lei la cena e vorrebbe allontanare per una notte la sua solitudine. Ma Akiko si addormenta nel suo letto e lo lascia inerme a guardarla dormire, senza parole e senza spiegazioni.
Dal mattino seguente saranno amici e complici in questo andare e venire per le strade, tra confidenze e piccole bugie, nei continui equivoci cercati di false verità e non detti, come quando, all’inizio, in una discoteca, seguiamo la conversazione della giovane al telefono con il suo ragazzo, senza vedere il suo viso, nascosto dietro chissà quale donna. Arriverà il controcampo, e vedremo il volto di Akiko, ma questo primo spazio vuoto ha già condizionato gli sguardi e l’unica contrapposizione possibile, che si ripeterà d’ora in avanti, sarà quella tra verità e dissimulazione, una di fronte all’altra, ma separate da un vetro, chiuso o socchiuso, che si infrangerà davvero solo alla fine. Simile a Copia conforme, e al tempo stesso opposto. Uguale il meccanismo, anzi, l’intenzione del disvelamento della verità, eppure diverso perché qui non ci troviamo di fronte a un film palindromo, pronto a ricominciare dalla fine.
Like Someone in Love finisce, appunto, con un vetro che si infrange. Gesto definitivo che spezza tutti gli incanti concentrici, tutti i piani sequenza che accerchiano il reale e assecondano l’illusione di verità. Come il doppio giro in taxi attorno alla piazza della stazione di Tokyo, mentre la protagonista osserva la nonna che l’aspetta da ore. Appare lontana nonostante la sua voce registrata sulla segreteria telefonica accompagni parte del tragitto. Anzi, proprio per questo ancora più lontana.