o somma luce«O somma luce che tanto ti levi / da' concetti mortali, a la mia mente / ripresta un poco di quel che parevi, / e fa la lingua mia tanto possente, / ch'una favilla sol de la tua gloria / possa lasciare a la futura gente; / ché, per tornare alquanto a mia memoria / e per sonare un poco in questi versi, / più si conceperà di tua vittoria».
(Dante, Paradiso, Canto XXXIII)


Déserts, musica di Edgar Varèse, per fiati, pianoforte, percussioni e nastro magnetico, si ascolta (o meglio, se ne ascolta un brano) in O somma luce di J.-M. Straub, mentre lo schermo è nero.
Varèse, emigrato in America e (per inciso) amico di Walt Disney, la compose nel 1954 perché, rovesciando la prassi consueta, si potesse partire da essa per realizzare un fìlm (un po' come in Fantasia, che però non gli piaceva). Il suggerimento cadde nel vuoto, nessun regista, allora, vi trovò ispirazione. Tra l'altro, Varèse si raccomandava che non ci fosse nessuna corrispondenza meccanica tra musica e immagini - semmai opposizione, contrasto.
Nel 1994, Bill Viola vi si ispirò per una sua istallazione - ma la raccomandazione di Varèse trova solo ora, nel film di Straub, il suo integrale compimento: la musica scorre su nero, ad essa corrispondono immagini invisibili. Quando le immagini appaiono, la musica cessa.

Ma che significa nero, in un film dedicato alla luce? Si tratta, qui, di un nero straubiano, di un nero che in qualche modo contiene luce, o almeno, ne fa balenare l'avvento, ne anticipa la venuta, preparando la nostra retina al suo accoglimento, anche se forse sono illusori i chiarori che crediamo di distinguere. Poi la luce arriva. Il recitante, inquadrato a macchina fìssa, seduto all'aria aperta in uno spiazzo ai margini di una radura circondata da montagne, legge su alcuni fogli i versi di Dante (ultimo canto del Paradiso, dal verso 67 in poi).
Sono i versi della Commedia, senza dubbio («O somma luce che tanto ti levi / dai concetti mortali...»); ma in che lingua vengono recitati? Che lingua parla Giorgio Passerone (studioso dantista, traduttore di Millepiani) che potremmo considerare un italo-francese?

Deleuze e Guattari, sulla scia di Henri Gobard, ponevano, in Kafka. Per una Letteratura minore, quattro tipi di lingua. Tra essi, la lingua mitica, lingua di ri-territorializzazione spirituale e religiosa; ma perché questa si dia, bisogna «trascinare la lingua nel deserto» (o nei déserts), bisogna «essere nella propria lingua come uno straniero». Il Dante che Straub fa re-citare a Passerone è appunto un Dante molto più che estraniato, un Dante straniero, preso in pieno nella difficoltà, poetica ma anche fonetica, di dire l'avvento della luce.

È relativamente semplice, per il cinema, passare dal nero alla piena luce. Questa, trattandosi di Straub, non può essere altro che luce naturale, tra l'altro soggetta a variazioni secondo la luminosità del cielo e lo svariare delle nuvole (cfr. le diverse versioni del fìlm) e dunque, come dice Jacqueline Risset in Dante scrittore, la sua mutevolezza «indica il divenire e le oscillazioni umane», il Purgatorio piuttosto che il Paradiso - per essere luce d'Empireo, però, deve anche rendersi in qualche modo ineffabile e eterna, illuminata da un lato dal martellare delle terzine, dal ritmo delle rime, dalla tensione del linguaggio, e dall'altro dalla ripetizione delle panoramiche, circolari come i "giri" danteschi che rappresentano la Trinità.
E difatti lo stesso Dante, nella Commedia, non riesce (in apparenza) a dire la luce, a dire l'immateriale con la materia del linguaggio («A l'alta fantasia qui mancò possa...» ) ed è obbligato, come qualcuno ha scritto, a sostituire l'ineffabile della visione col rammarico paradossale di non poter fare altro che rimpiangerne l'intensità.
Nel fìlm di Straub, analogamente, il dire della voce recitante non è altro che l'invenzione d'un linguaggio capace di dire l'impossibile - anche l'impossibile di una lingua italiana che si fa altra.





Titolo: O somma luce
Anno: 2010
Durata: 17
Origine: Francia
Colore: C
Genere: SPERIMENTALE
Produzione: Pierre Grise Productions; Straub-Huillet

Regia: Jean-Marie Straub

Attore: Giorgio Passerone
Soggetto e Sceneggiatura: Canto XXXIII del Paradiso di Dante Alighieri
Fotografia: Renato Berta
Musiche: Edgar Varèse
Montaggio: Jean-Marie Straub
Suono: Jean-Pierre Duret

Reperibilità


http://www.youtube.com/watch?v=JYBkhvFNMYY

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