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Prossimamente in libreria il primo volume cartaceo di «Uzak»: Il film in cui nuoto è una febbre. 10 registi fuori dagli scheRmi, con saggi su Lisandro Alonso (Luigi Abiusi), Olivier Assayas (Simone Emiliani), Lav Diaz (Giampiero Raganelli), Bruno Dumont (Giulio Sangiorgio, Alessandro Baratti), Michel Gondry (Grazia Paganelli), Yorgos Lanthimos (Michele Sardone), Davide Manuli (Gemma Adesso), Kelly Reichardt (Sara Sagrati), Ulrich Seidl (Matteo Marelli), Apichatpong Weerasethakul (Massimo Causo) e la postfazione di Roberto Silvestri.
Di seguito riportiamo un estratto della prefazione di Luigi Abiusi. Buona visione.

 

Il verso di Ulrike Dreasner recita precisamente «der liebesfilm, in dem ich schwimme, ist ein fieber» («il film d'amore in cui nuoto è una febbre», leggibile dentro il magma di Ricostruzioni. Nuovi poeti di Berlino, a cura di T. Prammer) e prospetta, in questo caso, la dimensione iniziatica e dialettica di certo cinema, nonché del lavoro di scrittura su di esso, di ri-semantizzazione militante che sono necessarie proprio alla longevità di queste immagini. Il cinema è quello che riguarda un'ampia costellazione di visioni fiammeggianti, febbrili, cioè percorse dalla febbre di luci notturne, inurbate o, al contrario, di luccicanze traguardate all'improvviso nell'intrico della foresta, quasi sempre, in un caso e nell'altro, fuoriuscite da zone periferiche. Si tratta di un cinema scentrato, che si pone per propria natura fuori dagli schemi di ordinaria formulazione (non certo per vezzo elistico), quindi fuori dai parametri di normale fruizione del materiale cinematografico e per questo si ritrova fuori dagli schermi, cioè della distribuzione (italiana) che negli ultimi venticinque anni, condizionata dal clima massmediale e populistico berlusconiano, ha trascurato registi di grande talento.
Il che significa riduzione drastica – se non diserbazione – degli spazi di resistenza anticapitalistica, in favore della massima resa delle immagini commerciali atte a conculcare e a garantire la sussistenza e la perpetuazione del liberismo […].

Ciò non implica comunque che tutta la distribuzione fosse e sia riducibile a queste dinamiche, anzi ci sono esempi, negli ultimi anni, di grossi sforzi fatti “individualmente”, che sono restati e restano però quasi invisibili, sono implosi, perché sommersi dall'oscurantismo di stato, che esige una bassa cultura di massa (presupposto del controllo massivo), laddove in Francia, ad esempio, essa è di livello superiore e riesce perciò a prevedere la diffusione in sala di registi come Lisandro Alonso o Carlos Reygadas, ma prima ancora, Raoul Ruiz, Sarunas Bartas, Hou Hsiao-hsien, ecc… […]

Morta la radicalità di sinistra, che poteva pensare forme di cultura (non solo di cinema) radicalmente alternative, il Mercato italiano è stato invaso da immagini il cui tenore è quello del sistema politico che le produce, vale a dire un bipolarismo fittizio e centrale che epurando le differenze, riduce la rap-presentazione del mondo a farsa […]. Di lì all'assunzione del bipolarismo (che di fatto cassa l'esperienza radicale e i gradi dell'ideologia in favore di un ampio moderatismo finanziario) il passo è breve e corrisponde all'americanizzazione, ipermercatizzazione del cinema, cioè, in ultima analisi, a una temperie di immagini (edulcorate, televisive) concepite per il consumatore, immesse nel libero mercato, inneggianti alla commedia del libero mercato e al consumo sempre ridente.

Ma negli ultimi anni, convergendo (incidentalmente eppure tenacemente) verso obiettivi comuni, sono sorti spazi alternativi di promozione e ripensamento di un cinema decentrato, indipendente, espressivamente potente, che mostra sé e il mondo che cattura, come un enorme e sempre mobile, prospero palinsesto di microcosmi immaginali e per questo vivi e veri. Spazi posti ostinatamente fuori dal centro di connivenza col Mercato – come scentrato, predisposto a infiniti, virtuali gradi di cognizione, è il cinema di cui si occupa – germinati in quell'immensa periferia telematica, entro cui operano già da tempo piattaforme come «Sentieri Selvaggi», «Gli Spietati», «Hideout» e, da circa due anni, «Uzak», dalla cui esperienza di estravagante  segnalazione di questi film “stranieri”, giacenti oltre i nostri confini, in effetti prende le mosse questo libro, ad ogni modo cercando di ipotizzarne ora una sorta di mappatura, che finisce per coincidere, per la maggior parte, con una geografia del cinema d'autore contemporaneo. Una mappa, com'è ovvio, del tutto abbozzata, delineata anche andando a tentoni, rimemorando visioni dai festival, o raggiunte per varie induzioni, o semplicemente confidando nelle predilezioni dei critici che sono stati chiamati a contribuirvi. La cui provenienza ed esperienza disparate, così come l'approccio, il linguaggio di volta in volta peculiare, imbastiscono una testura disomogenea, accidentata, aperta alle molteplici inarcature della scrittura e dell'interpretazione (ovvero, al limite, della mera restituzione del film a se stesso) andando da analisi filosofiche, teoriche a lavori più narrativi e informativi, eppure incisivi e approfonditi, ad altri metanarrativi, ecc…


Dieci grandi registi che hanno cominciato a fare cinema non prima degli anni Novanta dello scorso secolo (restando per lo più fuori dagli schermi italiani) e dieci critici, per una cartografia (un'imprimitura che abbia ora la consistenza della carta, che abbia volume) di un cinema di Resistenza – nell'effusione (est)etica, quindi antioccidentale, maturata ai margini, in zone depresse, anche dentro lo stesso occidente, eppure capaci di gemmare, immaginare nuove configurazioni di realtà – e, allo stesso tempo, di una critica in via di modificazione, che vaglia nuovi strumenti, nuove modalità di visione (lo streaming, la condivisione di dvd scovati all'estero o su impensati portali italiani come «Indieframe» e «Queerframe», finanche la sottotitolatura diretta, oltre ai festival) e che alla fine non può che trovare la sua legittimazione nella critica costante di sé, cioè nella disponibilità a contraddirsi e contaminarsi (ma sempre dialetticamente, non dimenticando pagine e immagini), a coltivare il sincretismo e centrare, inquadrare il cinema come unità, Natura, eppure contemplando le molteplici, laterali e meticce possibilità di contemplazione.





Titolo: Il film in cui nuoto è una febbre. 10 registi fuori dagli scheRmi
Anno: 2012
Durata: 164 pagine
Genere: SAGGIO
Specifiche tecniche: 15 euro
Produzione: Caratteri Mobili

Regia: Luigi Abiusi (a cura di)

Attori: Lisandro Alonso (Luigi Abiusi); Olivier Assayas (Simone Emiliani); Lav Diaz (Giampiero Raganelli); Bruno Dumont (Giulio Sangiorgio, Alessandro Baratti); Michel Gondry (Grazia Paganelli); Yorgos Lanthimos (Michele Sardone); Davide Manuli (Gemma Adesso); Kelly Reichardt (Sara Sagrati); Ulrich Seidl (Matteo Marelli); Apichatpong Weerasethakul (Massimo Causo).
Titoli di coda: Roberto Silvestri
Direttore della fotografia: Nino Perrone
Montaggio: Arcangelo Licinio e Grazia Turchiano
Scenografia: Clara Patella
Ufficio stampa: Elena Manzari

Reperibilità

http://www.youtube.com/watch?v=SWEmwR4sbow