Matteo Marelli

altSilvia, rimembri ancora / [...] quando [...] / tu, lieta e pensosa, il limitare / di gioventù salivi?


Era l’estate del 2007. Era Santarcangelo dei Teatri.
Per strada, verso la palestra dell’Istituto Tecnico Commerciale dove i Motus stanno per presentare il movimento primo di X(ics) Racconti crudeli della giovinezza, un corpo pallido, lungo e sottile, capelli corti e ossigenati, pattina allo sbando tra la gente. Distribuisce volantini con riprodotta la sua immagine incorniciata da due scritte:

«mi sto cercando»
«se anche tu ti sei perso contatta questo numero via sms...»

[cortocircuito]


Quello stesso corpo, un attimo dopo, è in scena. Si tratta di Silvia Calderoni. È la sua seconda volta in uno spettacolo di Enrico Casagrande e Daniela Nicolò (prima ci fu Rumore Rosa, progetto “Chiuso” del più ampio lavoro dedicato a Fassbinder), che cominceranno a ripensare la loro ricerca teatrale anche in funzione della sua androginia.

Io gli studi leggiadri / talor lasciando e le sudate carte,/ [...] porgea gli orecchi al suon della tua voce

L’incontro è stato fatale. Da allora non abbiamo più smesso di seguire Silvia e a volte ci è addirittura riuscito di coinvolgerla nelle nostre esplorazioni: "Io sono Kaspar Hauser"; Is this land mine? (può una domanda far partire una rivolta?)

Il cambiamento necessario è talmente profondo che si dice sia impossibile,
talmente profondo che si dice sia inimmaginabile.
Ma l’impossibile arriverà
e l’inimmaginabile
è inevitabile.

(Manifesto Animalista, Paul B. Preciado)

altOra i Motus sono in tour con una nuova creazione: MDLSX, un «ordigno sonoro», come scritto nella presentazione, un «inno lisergico e solitario alla libertà di divenire, al gender b(l)ending, all’essere altro dai confini del corpo, dal colore della pelle, dalla nazionalità imposta, dalla territorialità forzata, dall’appartenenza a una Patria». Un lavoro che fa della liminalità, dell’idea di margine, di soglia (oggi drammaticamente attuale e sofferta), sia a livello tematico che formale, una questione eminentemente politica.

La drammaturgia, curata da Daniela e, per la prima volta dopo dieci anni di collaborazione, da Silvia, è un cut-up di pensieri ripresi dai testi teorici di Judith Butler, dal Manifesto animalista di Preciado e dal Cyborg Manifesto di Donna Haraway, ma soprattutto dal romanzo Middlesex di Jeffrey Eugenides, che ha per protagonista un ermafrodito, Calliope/Cal:

«Per questo ero venuta in biblioteca. Sapevo di avere qualcosa, sotto, ma non sapevo cosa. Non avevo mai visto un dizionario così grosso. [...] Sfogliando le pagine in senso alfabetico, da cantabile a eringio, oltre fandango e formicaride, fino a ipertonia, iposistolia, eccolo: ipospadia - […] Vedi EUNUCO». Di rimando in rimando fino all’ultima definizione: «Eccola lì, in bianco e nero, mostro, in un logoro dizionario della biblioteca di una grande città. Un vecchio libro venerabile, grosso e pesante come una lapide […]. Il sinonimo era ufficiale, autorevole; era il verdetto, il giudizio che la cultura dava a una persona come me. Mostro.» (Eugenides 2003, p. 491-94).

Il corpo di Silvia è cassa armonica che, grazie alla propria connaturata ambiguità, amplifica e fa vibrare suggestioni e riflessioni di chi sta al di là da ciò che è ritenuto «socialmente accettabile».1 Un corpo intimamente coinvolto e che proprio per questo sembra raccontare il suo vissuto personale; Silvia vive la propria creazione (MDLSX è trasformazione in atto), attraversa e si lascia liberamente attraversare dai testi (non cita, ma incarna, collauda, sperimenta), dando così forma a un autobiografismo lirico in cui si stabiliscono continue interferenze indistricabili, dove è difficile individuare il vero e il falso, l’accaduto e l’inventato; un registro di fronte al quale è forse più giusto parlare di invenzioni di verità.

A scardinare la fissità delle categorie di genere, oltre all’idea di pensare a MDLSX come a un Dj/Vj Set (cose che per altro Silvia già fa nella vita), anche l’inserimento di filmati che mostrano frammenti della biografia della performer-attrice, consapevolmente adoperati per aumentare la circolarità tra le diverse dimensioni espressive e mantenere così lo spettacolo in uno stato d’incessante metamorfosi.

Da sempre i Motus pensano allo spazio della rappresentazione come un ambiente nel quale intervenire per mezzo di un linguaggio interattivo dove parole, suoni e azioni si configurano mediante la generazione potenzialmente illimitata d’interfacce; un ambiente che non è più un neutro contenitore di eventi, ma uno spazio sensibile, estensibile e modulabile. Attenti alla pervasività tecnologica2 allestiscono, anche qui, un’autentica drammaturgia multimediale (le immagini video – alcune recuperate da film da famiglia; altre create, con l’impiego di webcam, in corso d’opera – diventano elementi costitutivi dell’impianto drammaturgico e non solo inserti integrativi della messa in scena) che apre brecce nella frontalità spaziale, nella linearità temporale del testo spettacolare, dando così forma a una “Performance-Mostro” ipertestuale.

Una struttura scenica che è un territorio di confine, che crea una continua interferenza tra l’evento reale e la sua rappresentazione, tra ciò che viene visto e ciò che realmente è. Il corpo dell’ordigno spettacolare, proprio come quello dell’interprete (lì per farlo deflagrare), si trasforma, si contorce, si plasma, in una tensione al sacrificio che si arresta un attimo prima di diventare autentico atto sacrificale; perché alla fine, come diceva Carmelo Bene, «il teatro, in nome di Dio, ha da esser gioco e non pensamento».

MDLSX si chiude sui versi di Imitation of Life dei R.E.M. per ricordarci, fino all’ultimo, che si è sospesi tra ciò che siamo o non siamo (socialmente parlando), e tutto quello che potremmo essere.

9 anni fa Silvia si stava cercando. Oggi, scegliendo di non scegliere, si è trovata.


Note

1 «Quel che si potrebbe chiamare la “soglia di modernità biologica” di una società si colloca nel momento in cui la specie entra come posta in gioco nelle sue strategie politiche. Per millenni, l’uomo è rimasto quel che era per Aristotele: un animale vivente ed inoltre capace di un’esistenza politica; l’uomo moderno è un animale nella cui politica è in questione la sua vita di essere vivente» (Foucault 1978, p. 127).

2 Si pensi a When, uno dei quattro Atti Pubblici che compongono il progetto 2011>2068 Animale Politico Project, che rifletteva proprio su come il mondo dell’immagine, mediante circuiti di simulazione e schermi di controllo, stia assorbendo il reale rendendolo ininterrottamente ipervisibile così da cogliere possibili segni d’insubordinazione e neutralizzarli, rendendoci, dunque, ostaggi di un mondo senza più intimità, estraneo e osceno, messo sotto sequestro dalle tecniche d’informazione e dalla sovraesposizione dei dettagli; un mondo dove ognuno è monitorato da un preciso e crudele occhio meccanico, che tutto inquadra con l’imperturbabile angoscia di una rappresentazione senza fine.


Bibliografia

Eugenides J. (2003): Middlesex, Mondadori, Milano.
Foucault M. (1978): La volontà di sapere, Feltrinelli, Milano.



Titolo:
MDLSX
Ideazione: Daniela Nicolò e Silvia Calderoni

Regia: Enrico Casagrande e Daniela Nicolò

Con: Silvia Calderoni
Produzione: Motus 2015
in collaborazione con: La Villette - Résidence d’artistes 2015 Parigi, Create to Connect (EU project) Bunker/ Mladi Levi Festival Lubiana, Santarcangelo 2015 Festival Internazionale del Teatro in Piazza, L’arboreto - Teatro Dimora di Mondaino, MARCHE TEATRO
Debutto: 2 luglio 2015 Inteatro festival, Ancona

Visto l’8 marzo 2016 a ZONA K.