«La razza degli Dei e degli uomini è una sola. Il Dio antico non crea, trasforma appena. Le dure pene. Il vago resta vago. Dio, il superuomo, non definisce quello che crea, da ciò la sua superiorità. L’uomo è buffone della propria immaginazione… Ombra cinese di un’ansia inutile, senza speranza, senza quiete, senza conforto. Ogni vera emozione è bugia dell’intelligenza. Ogni vera emozione ha un’espressione falsa. Esprimersi è dire ciò che non si sente. Stare è essere. Fingersi è conoscersi» (Cinema Inocente, 1980).

Innocente è lo sguardo che vede il cinema come fosse un’epifania, come un fenomeno inconsueto, un atto inconsulto, una fibrillazione. Innocente è quel cineasta che vede l'oggetto filmico come fosse la prima volta, con occhio e mano vergini, occhi tremanti e mani palpitanti.
L’innocenza è soggetto privilegiato del cinema di Julio Bressane, che pure ha dimostrato sin dagli esordi degli anni Sessanta un'innata consapevolezza del mezzo cinematografico. Nel paradosso tra innocenza e consapevolezza si situa la sua opera, deflagrata con il progetto (volutamente votato al fallimento) del “Cinema Marginal” brasiliano, nato e morto nel 1970, in netta critica al più decantato “Cinema Novo” che, rifacendosi alla Nouvelle Vague, già appariva al cineasta brasiliano una moda, un canone estetizzante. L'innocenza diveniva su pellicola l’assunzione nell’immagine del paradosso di essere “carne” e “fame di carne” ad un tempo; disfacimento come gioco e superamento del limite che inghiotte il presunto, lo reinventa dislocato e fuori dal confine delle discipline, al centro del movimento perpetuo delle contraddizioni.

Dis- è il suono dell’immagine-movimento, “traduzione” esatta della parola in invenzione di carne «che scompiglia il radicale!» (Julio Bressane, Dislimite, CaratteriMobili, Bari 2014) e crea il paradosso di essere nell’immagine. Gli occhi con Bressane si aprono dinanzi allo spettacolo di quello che è per sua natura innocente, inconsapevole di essere colpevole – l'abnorme, il patologico, l'orrorifico – e che trasfigura l'immagine oltre i limiti convenzionali della rappresentazione, fino a disorganizzare le percezioni, fino a vedere con le orecchie, udire con gli occhi, in una trasvalutazione del corpo che veniva vista con orrore dal biopotere (tant’è che Bressane fu addirittura sospettato di terrorismo dal regime dittatoriale brasiliano e costretto all'esilio a Parigi, dove si concluse l'esperienza del “Cinema Marginal”). Il canone della sincronizzazione viene messo in questione in A agonia (1976), vertice della sua ricerca, in modo tale che immagine e suono seguano ciascuno il proprio flusso, il proprio pensiero, apparentemente inconsapevoli l’una dell'altro, ma inaspettatamente coincidenti, come un lapsus. Bressane fa dell’immagine la sonda di un reale trasvalutato dalla parola poetica (O batuque dos astros, 2012), filosofica (Dias de Nietzsche em Turin, 2001), storica (Cleòpatra, 2007), letteraria (Educaҫão sentimental, 2013) e che culmina nella parola-immagine: incantamento, arte divinatoria anteriore al meccanismo di logica comprensione o tensione (vera) verso la rappresentazione (falsa) di sogno… che è vita (A erva do rato, 2008).

Innocente è la coscienza della finzione che trasforma appena il reale in vaghezza, la parola in immagine, la Storia in rappresentazione; come scrive Lorenzo Esposito, il suo cinema «vede la parola intraprendere un percorso inedito, che non si limita a mettere in circolo temi e poetiche, ma li trasvaluta in un gettito letterario che unisce allo studio certosino una prosa vertiginosa fatta di intensità, lampi e folgorazioni».



23 Gennaio ore 20.30 presso il Cineporto di Bari c/o Fiera del Levante, Lungomare Starita, 1: INCONTRO CON JULIO BRESSANE.
Intervengono, insieme al regista, Lorenzo Esposito (Fuori orario. Cose (mai) viste, Rai 3, “Filmcritica”) e Roberto Turigliatto (Fuori orario. Cose (mai) viste, Rai 3).
A seguire proiezione di EDUCAÇÃO SENTIMENTAL (2013) (v.o. sott. ita.)


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