Screamadelica

Luigi Abiusi


altPer me, lo so – lo sapevo quest'estate quando ha cominciato a girare nello spazio di giornate ferme (I Don't Mean To) Wonder, blocco distorto di due tre note mistiche e tragiche, estatica avanguardia lanciata a suggerire le stelle fredde –, Stars Are Our Home dei Black Hearted Brother è uno di quei dischi stupefacenti, attesi per molto tempo; venuto da un altrove sempre in via di facimento/disfacimento fantastico; e dilatato nella sua fibra di sinestesia gialla verde fucsia blu, e fredda, in odore di bruma, ancora più scintillante e sonora se si ha un cappello di lana giallo e blu e qualcuno a fianco con cui affrontare l'enorme spazio stellato, la superficie caveosa dei pianeti, con pozze di vernice fiottante sotto luci e lune.

Gianfranco Costantiello

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Una deflagrazione atomica sul punto di inghiottire una città in lontananza oppure il fuoco sordo e incolore che avvolge lo scorcio di una città in un'alba fumosa. Diverse le prospettive di interpretazione a cui si presta la copertina di Tomorrow’s harvest, ultimo disco dei Boards of Canada. Del resto una plausibile chiave di lettura di questi primi anni di nuovo millennio potrebbe facilmente stare in una dialettica che oscilla fra l’inevitabilità della fine e un ritrovato sentimento di intimità, di condivisione, di sogno.
Diciassette componimenti dal suono decisamente umbratile e asciutto come fomentato da un sentimento dell’irreparabile, scandito probabilmente dalle folate di uno scenario apocalittico di una catastrofe imminente, o di una catastrofe già avvenuta (Fukushima?), il cui lascito resta taciuto, imbavagliato. Tomorrow’s harvest allora sembra sintonizzarsi lungo le frequenze distopiche di un capolavoro del passato: Radioactivity (1975) dei Kraftwerk. D’altronde il duo scozzese lo si può considerare figlioccio della storica formazione di Dusseldorf, che è riuscita egregiamente per prima nell’intento di volgere la musica elettronica verso una forma-canzone rispetto, ad esempio, alle suite intransigenti degli albori stockhauseniani.

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