Cose viste

Sguardo sui film distribuiti, usciti in sala: tra recensioni, brevi saggi e scritture ibride, ecco com'è articolato il transito "ufficiale" dei film (e delle idee correlatevi) in Italia.

Michele Sardone

Michele Sardone

Può una nazione essere sempre sul punto di nascere, senza mai portare a termine la sua venuta alla luce? Se c’è, quella nazione è l’America, nella sua dizione più popolare e geopoliticamente vaga e imprecisa: è quel continente sempre nuovo, mai esplorato fino in fondo, colto in quell’istante folgorante che sembra ogni volta la sua prima alba e che poi ci accorgiamo essere la deflagrazione di quel medesimo mondo per come si presentava sino a un attimo prima.

Raffaele Cavalluzzi

Raffaele Cavalluzzi

«Una nebbia velenosa», «un’oscurità trasparente»: sono le metafore per la depressione di Emily (Rooney Mara) – assassina del marito (Channing Tatum) –, usate per definire il presunto stato sonnambolico in cui la giovane ha agito, e che è stato provocato, a quanto sembra, da una micidiale cura di psicofarmaci. Nel film di Steven Soderbergh, Effetti collaterali (Side Effects, 2013), la su accennata  dimensione metaforica é suggerita come elemento conduttore della vicenda, e soprattutto  performante il succedersi delle immagini e delle stringenti situazioni drammatiche: prevale a lungo con tutta l’acutezza della sua ambiguità.

Raffaele Cavalluzzi



Ida, un film di straordinaria intensità firmato da Pawel Pawlikowski, regista polacco di formazione britannica alla sua quinta prova, racconta dei pochi giorni che separano dalla cerimonia dei voti perpetui la protagonista (l’esordiente, eccezionale Agata Trzebuchowska), una giovanissima professa cresciuta nella severa misticità di un orfanotrofio.

Vanna Carlucci

Vanna Carlucci

Qualcosa finge di respirare intorno a Theodore: solitudini frammentarie, voci preimpostate di programmi di segreteria, di mail, di pubblicità e, ancora, figure umane sullo sfondo che riempiono un vuoto, lo spazio fisico (l’ascensore, l’ufficio, i gradini di un sottopassaggio), figure che continuano a non avere un volto e restano sulla scena come suppellettili da decoro di un altro tipo di vuoto, quello di Theodore: nulla esiste intorno a lui, tutto aleggia, anche una musica malinconica che vuole riprodurre, e quindi creare inteso come ricordare, una lei dentro un vestito ormai smesso, passato, un corpo opaco e che è diventato solo frammento che spezza, separazione: Catherine.

Carmen Albergo

Carmen Albergo

Il Sud è niente. Tutto e niente. Il predicato esistenziale, quanto la congiunzione invalidante, sentenziano con proverbiale insignificanza, volgarizzano le radici dell’atavico quadro di memoria collettiva, che ancora perpetua l’eredità della questione identitaria del mezzogiorno.
Mitologico vaso di pandora, groviglio di piaghe antiche ed energie dissonanti. Spettri custodi, che giacciono nelle viscere della terra e ciclicamente assestano scosse telluriche per scuotere dalla consuetudine la ragione.

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