Lo stato delle cose

Saggi di cultura cinematografica, protesi verso il proprio altro, filosofia, semiologia, letteratura, politica, ecc., per (cercare di) inquadrare lo stato delle cose.


Luigi Abiusi

Luigi Abiusi

Pensando al meglio del cinema in questo 2015 (cosa utile, per non perdere tasselli essenziali di visibilio, di pragmatica) mi vengono in mente (anche) cose che tecnicamente non sono cinematografiche, ma che lo sono dialetticamente, come parte di quel reale spesso ingombro proprio di cinema e dei dibattiti intorno ai film, agli autori, addirittura il mercato; mentre faccio mia la credenza per cui le immagini perdono di senso se non sono urgenti, necessarie, e che esse lo sono solo se investono l'esperienza, il deambulare misero, minimo dei soggetti (che guardano), e li impregnano così con i loro odori al nitrato; i colori accesi da un simulacro di sole rosso all'orizzonte, i suoni distorti o raggricciati di un qualche dispositivo di registrazione, eppure così veritieri, brulicanti più della realtà stessa, nella loro ingenua, impudica falsità.

Pietro Masciullo

Pietro Masciullo

altOrigine

Un fascio di luce, un’immagine proiettata, un uomo discende un dirupo. E poi terra dalla quale riemerge un antico supporto, pellicola, immagine che sta per configurare una memoria. Altra proiezione si sovrappone, vertigine, indicando un “film in progress”: Balikbayan #1 di Kidlat Tahimik.


Gemma Adesso

Gemma Adesso

alt«La certezza che ogni scoria
ogni malinconia
ogni male di vivere
si sono ridotti alla loro cenere».
Questo esigono e anch’io
«dalla disciplina della parola». Ma non è
e lo dimostro qui, solo questa la verità.



Matteo Marelli

Matteo Marelli

alt«Pasolini e Fassbinder si assomigliano molto. Io li conoscevo bene ­­– ricorda il regista Daniel Schmid –, ma loro due non si sono mai incontrati. L’ultimo giorno di riprese di Schatten der Engel, Rainer è arrivato sul set piangendo, e ci ha detto che avevano assassinato Pier Paolo» (Fedrizzi 2002, p. 59). Successe quarant’anni fa, quando perdemmo «prima di tutto un poeta. E poeti – riprendendo l’orazione funebre di Moravia – non ce ne sono tanti nel mondo, ne nascono tre o quattro soltanto in un secolo».

Michele Sardone

Michele Sardone

Guardando gli ultimi corti di Fabio Mazzola (da Piano Pi_no fino all’inedito da DO a DA, passando quindi per S_S e τοπίο, presentato all’ultimo “Filmmaker Festival”) sembra di assistere all’inverarsi di un’epifania, quel piccolo miracolo che è il manifestarsi di un autore. Senza voler mettere in secondo piano i lavori precedenti (tra i quali vanno ricordati almeno Natale Nazista e La faccia della maiala), si può dire che Mazzola negli ultimi due anni abbia trovato un’intuizione e ne abbia fatto uno stile da formare e seguire al tempo stesso, ossessivo e tenace come un filmmaker è chiamato a ricercare.

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