risultati per tag: Festival di Venezia

  • Dal lato oscuro della Luna, quella sua faccia buia e crivellata, sottratta allo sguardo e alla luce, sprotetta e dunque più esposta alla furia meteoritica, a quello non meno impenetrabile e martoriato del cuore umano. Che si tratti di un viaggio interspaziale, dalla Terra a Nettuno, o della spedizione amazzonica di un esploratore alla ricerca di una città perduta, James Gray sa perfettamente che ogni esplorazione scatena inevitabilmente un’implorazione, che ciò che scorre fuori non può che rifluire all’interno, che ogni scoperta porta con sé uno scoperchiamento, lo sgorgare di una materia nuova, ignota.

  • «Il cinema non è la realtà, è qualcosa di diverso, forse sempre qualcosa in più, perché quando riprendi qualcosa nel momento stesso in cui diventa cinema immagine, non è più la stessa realtà. Perché per quanto ci si possa sforzare di riprendere in modo documentaristico, il più neutrale possibile, il risultato finale, la ripresa l'immagine, è sempre il reale più il tuo modo di riprenderla che esprime quindi il tuo atteggiamento e le tue intenzioni verso quella cosa»

  • Il rione Sanità, uno dei quartieri più “difficili” di Napoli, la gente del “sistema”, Il sindaco, Antonio Barracano, boss del quartiere che amministra la sua giustizia secondo criteri di ferrea equità, la sua equità, l’hip-hop di area partenopea che fa da sfondo, gli interni domestici soverchi d’ori, velluti e colonne. A considerare solo questi pochi elementi il film di Martone sembra non segnare differenza alcuna rispetto alla dilagante allure gomorriana, che ormai acriticamente, come una moda, fa da referente orientativo per la rappresentazione schermica della napolitaneità.

  • «L'importante per me era sfidarmi ancora, superare quello che avevo già fatto, e dopo aver fatto crollare le montagne in Monte (Amir Naderi, 2016), per andare avanti in quella direzione avrei dovuto aprire gli oceani come Mosè. Quindi ho capito che era il momento per un cambio di direzione radicale rispetto a quello che ho fatto sinora, una sfida che investisse anche il piano stilistico, qualcosa che non avevo mai fatto prima».

  • Opera prima seducente, ispirata al noto romanzo di Ingo Schulze, quella di Andreas Goldstein, che ha il merito di coniugare, affondando le radici nel discorso biblico della dimensione originaria degli uomini, linearità narrativa e memoria, mediante un’architettura che dilata, intensificandola, la vita, interiore dei singoli e collettiva dei popoli, nel traslato del simbolo e dell’allegoria. Poiché nei rimandi continui a parole, situazioni, oggetti presenti nella Genesi – a partire dagli stessi nomi, che esplicitamente richiamano quelli di Adamo ed Eva, e l’insistenza delle inquadrature sul giardino, la presenza del rettile strisciante, sebbene stenti nell’erba alta, secca, ma nella scatola si muova a tratti, impedito negli spostamenti, fino alla lettura della cacciata dall’Eden da parte di Adam seduto sul letto, mentre  Evelyn ostenta la carnalità delle labbra – il regista non esclude l’apertura al mondo, l’immersione nella storia, nel suo divenire.

  • Passa nella sezione Orizzonti della settantacinquesima kermesse veneziana l'ammaliante Blu, nuova stanza della ballata audiovisuale degli invisibili, scritta e cantata da quello chansonniere bicefalo che risponde ai nomi di D'Anolfi e Parenti.

  • A partire da una ricognizione della nodatura fitta di coerenze interne e ritorni non casuali che lega ciascuna delle opere di Tsukamoto alle altre, ma limitando il campo d'analisi alla sola indagine tematica e valoriale, cerchiamo di capire meglio le ragioni di continuità con cui Zan (The Killing) ultima sua creatura che ha corso al Lido, si attesta come opera matura di quella "nuova onda" del suo cinema, in cui sono l'interrogazione etica di ampio respiro e l'attenzione agli universi interiori, psicologici e morali dell'uomo a muovere la ricerca della macchina da presa.

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