La simbologia dell'acqua è stata associata più e più volte al femminile, alle donne e all'emotività dai più diversi saperi ancestrali. Da questa idea nacque, un paio di anni fa, l'interesse per le potenzialità poetiche di questo rapporto sociale e storicamente determinato tra donne e acqua (Salinas e Becker 2022 pp 7-8): avevo bisogno di sapere quali fossero le relazioni che intuivo potessero esistere tra le questioni di genere e il recupero delle acque, azione che nel contesto cileno di un neoestrattivismo esacerbato (Svampa 2019 p 38), assume particolare rilevanza. Nello stesso tempo, mi ero resa conto di una certa tendenza presente nelle pubblicazioni poetiche di donne cilene, dove ho trovato una predominanza di immagini acquatiche legate agli affetti del corpo e dove si univano i significati materiali dell'elemento acqua con la dimensione simbolica legata all'emozione.

Naturalmente, la questione delle acque presuppone una linea tematica ampiamente affrontata dalle più diverse manifestazioni letterarie e artistiche. Nell'era dell'antropocene, le azioni umane hanno un impatto diretto su tutti i corpi idrici, compresi i propri, e sugli ecosistemi che essi formano; per questo prende forma una particolare dinamica di influenze reciproche tra corpi idrici umani e non umani che abbracciano tutta la flora e la fauna, oltre ai corpi idrici geofisici, meteorologici e persino tecnologici. Questo insieme costituisce quello che Neimanis chiama l'Ipermare (2012, pp 96-98), che riunisce tutti gli esseri idroconnessi dalla permeabilità dei loro corpi.

Questo esercizio di pensare (e vivere) l'incarnazione come acquosa, prassi che può essere amplificata e potenziata da moltissime opere di artisti e poeti del nostro tempo, rivela l'aspetto intrinsecamente relazionale della corporeità, aiutandoci a condurla verso dimensioni più-che-umane. In questo consiste la pratica idrofemminista, corrente di pensiero che Neimanis pone come una fenomenologia postumana, capace di trasportarci verso prospettive spaziotemporali che sfuggono alla portata della coscienza che di solito abbiamo per osservare il mondo e il modo in cui lo abitiamo. Un interessante esempio letterario di questa esperienza la troviamo nelle latitudini del Cono Sud, nella poesia di donne iscritta in una genealogia che la ricercatrice cilena María José Barros chiama 'difesa delle acque'. In particolare nella "Suralità" – nozione poetico-antropologica riferita al Sud del Cile (Riedemann e Arellano, 2012) – si può trovare una poesia femminile scritta a partire dal corpo come territorio. Ma che dire di questo corpo-territorio quando si configura attraverso una prospettiva idrofemminista, incentrata sulla qualità acquosa dei corpi e dei loro affetti? Sorge allora il corpo-territorio anfibio, sostenuto e riconosciuto da un ibrido multiplo e proliferante, abbracciando sia la vitalità delle sue acque sia la sua territorialità. Questo è il caso della poesia di Roxana Miranda Rupailaf: insegnante, attivista culturale, magister in letteratura ispano-americana e poeta mapuche (popolo originario il cui nome significa “gente della terra”).

Shumpall è il suo terzo libro di poesie. Scritto interamente in versi e in spagnolo, è stato pubblicato inizialmente nel 2011 da Del Aire Editores. Ha vinto il Premio Municipale di Letteratura di Santiago nel 2012 ed è stato ripubblicato da Pehuén Editores nel 2018. Originariamente, l'intenso ed espressivo lavoro era composto da tre canti chiamati Moti ondosi (l'ultimo diviso in due parti), ma nell'edizione del 2018 è stata aggiunta tutta una nuova sezione, in modo che ci siano cinque Moti ondosi, focalizzati sul desiderio, la follia, il rapporto erotico, la distanza/morte e la memoria. Oltre a questa estensione intratestuale, la nuova edizione prevede un'estensione intertestuale, inserita con un codice QR alla fine del libro: si tratta di un adattamento audiovisivo composto da una selezione di poesie tradotte in lingua mapuche e presentate oralmente dalla traduttrice, poeta, ricercatrice e professoressa Jaqueline Caniguan, nel videopoema El shumpall. Secondo Estela Imigo questo ci permette di concepire Shumpall come «un'opera estesa e multiartistica» (2020 p 71).

Parliamo del libro di poesia. In esso, Miranda crea una resignificazione del mito mapuche di shumpall: una creatura che è metà essere umano, metà pesce. Nel racconto originale, questo essere ibrido delle acque rapisce una ragazza e la conduce nelle profondità marine, per poi sposarla. Nell'interpretazione dell'autrice, al contrario, la voce poetica invoca il sireno, che chiama e desidera dalla riva del mare. Questa operazione, che mette in evidenza il desiderio femminile da parte di un corpo erotizzato, è stata descritta come sovversiva dall'accademica e ricercatrice cilena Fernanda Moraga (2013). L'opera è scritta quasi interamente in un particolare linguaggio delle acque (Ulloa 2020 p 29-38), con il quale in ogni poesia si costruiscono immagini prevalentemente acquatiche, che esprimono incontri e scontri con la persona amata. La mescolanza e la dissoluzione con l'Altro sono i principali elementi che si possono trovare nel discorso poetico, che oscilla tra i sentimenti di appartenenza e di sradicamento:

Stare con te per sempre

a patto che tu rimani dentro di me

allora mischiato te ne vai con le mie acque (...) (Miranda 2018 p 21).

Poiché l'amato è sia lo shumpall che l'intero corpo oceanico, questa immersione nell'Altro non proviene solo da una pulsione erotica, ma anche da una pulsione di morte, espressa nell'affetto del dolore: (...)

Il mio corpo si riempie dei tuoi pesci,

la carne che mi morde gli abissi,

l'oblazione del sangue che per bocca tua metto,

Sto cadendo dentro di te come suicida (33).

L'intensità degli affetti del dolore e dell'erotismo lavorati in quest'opera sono esagerati in modo superlativo lungo tutti i canti originali in modo che, come sottolinea Moraga (2013 p 28), il libro di poesia si muove tra l'Eros e il Tánatos in un viaggio vertiginoso, che ricorda tanto un vortice quanto l'incessante ciclo delle acque in un tempo circolare: le immagini sono presentate come visioni e predizioni che sfidano la concezione occidentale del tempo lineare, attraverso sensi altri che, attraverso l'elemento onirico e mitico, rimandano a un tipo di percezione soprannaturale della realtà. Questa esperienza mistica ricorda sia gli oracoli delle tragedie greche sia la trance delle e dei machi (sciamani mapuche), rimandando alle visioni che può avere una persona agonizzante, che sta transitando tra la vita e la morte. Il cortometraggio legato all'ultima edizione del libro è stato prodotto da Roxana Miranda e pubblicato da Jauría Films nel 2014 sulla piattaforma virtuale Vimeo. Qual'è il risultato di questo ampliamento intermediale dell'opera? Come si espandono e amplificano i significati della creazione poetica, come conseguenza di questa esplorazione multidisciplinare? Questa estensione del testo originale è determinante affinché l'opera si configuri come idropoetica (Bernal e Marandola, 2014), oltre ad apportarvi un'enorme potenzialità decolonizzante.

Nel videopoema Lo shumpall si cambia la messa a fuoco affettiva dell'espressività poetica selezionando solo testi dei primi tre moti ondosi, in modo che prevalgano i temi dell'anelito, del desiderio e dell'incontro. Le immagini evidenziano anche la presenza più equilibrata del territorio costiero, e delle altre terre che fanno parte della Mapu, definita da Ñanculef come "terra, territorio e anche la materia dal punto di vista filosofico mapuche" (2016 p 21). La protagonista del cortometraggio è ritratta nella sua quotidianità umana, come un essere-terra che ascolta il richiamo delle acque oceaniche quando stabilisce un contatto onirico con lo shumpall. Questo soggetto situato unisce nella sua prospettiva le intersezioni di genere, colonialità e razzializzazione, relazionandosi con un essere acquatico più-che-umano. Da lì, gli elementi “roccia”, “moto ondoso”, “miele”, “sabbia”, “cielo”, “shumpall”, “fiori”, “schiuma”, “alghe” e “sale” prendono forma e colore davanti agli occhi degli spettatori: il videopoema trasporta le immagini visualizzabili dalla lettura del testo poetico a una materialità concreta, rappresentata da un'autosignificazione che ci offre uno sguardo proprio e rivendicativo di un soggetto femminile subalternizzato.

Vengono aggiunti elementi culturali significativi per il popolo mapuche, come i gioielli in argento tradizionali, l'albero di cannella e, naturalmente, la lingua. Così, Miranda combina la presenza dell'acqua con quella di altri elementi della natura che compongono quello che Moraña (2022 p 16) chiama una poetica post-territoriale: l'essere-di-acqua e l'essere-di-terra come una totalità ibrida e integrata. Sovrapposto alle immagini, il testo in mapudungun si svolge in un flusso di oralità continua, eseguita dalla voce fuori campo di Jaqueline Caniguan. Va ricordato che il nome della lingua mapuche, mapudungun, deriva dalle parole 'mapu', terra, e 'dungun', che significa parlare, lingua (2016 p 21).  Così il mapudungun è concepito fin dalla sua epistemologia come la lingua della terra.

Si tratta di un elemento chiave per comprendere come l'opera si sostiene come idropoetica essendo adattata a questa lingua: il sireno è chiamato shumpall; il sogno, pewma; il canto, üllkantun; l'arcobaleno, relmu, situandosi culturalmente in un versante  di saperi mitici mapuche che spiegano l'apparente irresoluzione di opposizioni che secondo la logica occidentale non sono compatibili. Il pewma eleva la dimensione onirica fino al punto di unione tra il mondo tangibile e l'invisibile, l' üllkantun dona all'atto di cantare una connotazione rituale, il relmu si erige come portale tra esseri materiali e immateriali: si trascende la morte, rivelando che la fine non è mai tale. È così che gli affetti che nutrono e distruggono il corpo, così come le acque che infondono vita nei territori e minacciano gli abitanti quando c'è uno squilibrio, sono tutti espressi in quest'opera estetica-poetica, producendo un'interconnessione lirica tra i corpi idrici umani e non umani che abitano i territori della Suralità in una combinazione eterogenea di sensi-sentimenti idrocritici.


Testo di riferimento

Miranda Rupailaf, Roxana. Shumpall. Santiago: Pehuén Editores, 2018.

Bibliografia

Bernal, Diana y Eduardo Marandola. “Hidropoética del habitar y vulnerabilidad: la potencia del lugar en el contexto de la crisis ambiental”, en WATERLAT-GOBACIT Research Network. Thematic Area Series SATAD – TA8 - Water-related Disasters, Vol. 1, nº 1. Newcastle: Valencio, Norma (Ed.), pp 158-172, 2014.

Imigo Gueregat, Estela. “Descolonización audiovisual, intermedialidad y constelación poética en Shumpall (2018) de Roxana Miranda Rupailaf”, en Revista Zur, Vol. 2, nº 2, 2020, pp 68-77.

Moraga, Fernanda. “Políticas del cuerpo y subjetividades fronterizas en el libro Shumpall de Roxana Miranda Rupailaf”, en Revista Nomadías, nº 17, pp 9-34, 2013.

Moraña, Mabel. “Introduction: Texts, Textures and Watermarks”, en Hydrocriticism and Colonialism in Latin-America, Mabel Moraña (ed.), 2022, pp 1-28.

Neimanis, Astrida. “Hydrofeminism, Or: On Becoming a Body of Water”, en Undutiful Daughters: Mobilizing Future Concepts, Bodies and Subjectivities in Feminist Thought and Practice. Henriette Gunkel, Chrysanthi Nigianni y Fanny Söderbäck (eds.), Nueva York: Pallgrave Macmillan, 2012.

Ñanculef, Juan. TAYIÑ MAPUCHE KIMÜN. Epistemología mapuche - Sabiduría y conocimientos. Santiago: Universidad de Chile, 2016.

Riedemann, Clemente y Claudia Arellano. Suralidad. Antropología Poética del Sur de Chile. Puerto Varas y Valdivia: Suralidad Ediciones y Ediciones Kultrún, 2012.

Svampa, Maristella. Las fronteras del neoextractivismo en América Latina. Conflictos territoriales, giro ecoterritorial y nuevas dependencias. Alemania: CALAS, 2019.

Web

El Shumpall. Dir. Gerardo Quezada. Act. Ximena Huilipan. Prod. Roxana Miranda Rupailaf. Trad. e Interpretación: Jacqueline Caniguan. Jauría Films, 2014. Vimeo.



TESTO ORIGINALE

El Shumpall de Roxana Miranda Rupailaf como hidropoética híbrida e intermedial

 

Desde diversos saberes ancestrales alrededor del globo, la simbología del agua ha sido asociada una y otra vez a lo femenino, las mujeres y la emocionalidad. De ese pensamiento surgió, hace un par de años, la intriga por las potencialidades poéticas de esa relación social e históricamente determinada entre mujeres y agua (Salinas y Becker 2022 pp 7-8): necesitaba saber cuáles eran los alcances de estudiar las relaciones que intuía entre los problemas de género y la recuperación de las aguas, acción que en el contexto chileno de un neoextractivismo exacerbado (Svampa 2019 p 38), cobra especial relevancia. Al mismo tiempo, me daba cuenta de cierta tendencia en publicaciones poéticas de mujeres chilenas, en donde hallaba una predominancia de las imágenes acuáticas, siempre relacionadas con los afectos del cuerpo y muchas veces aunando las significaciones materiales del elemento agua con esa dimensión simbólica ligada a la emocionalidad.

Por supuesto, el problema de las aguas supone una línea temática ampliamente abordada en todo el mundo por las más diversas manifestaciones literarias y artísticas. En la Era del antropocéno, las acciones humanas afectan directamente a todos los cuerpos de agua –incluidos los propios– y los ecosistemas que éstos conforman; por eso, toma lugar una particular dinámica de afectaciones mutuas entre cuerpos de agua humanos y no humanos que abarcan toda la flora y fauna, además de los cuerpos hídricos geofísicos, meteorológicos e incluso tecnológicos. Este conjunto conforma lo que Neimanis llama el Hipermar (2012, pp 96-98), que aúna a todos los seres hidroconectados por la permeabilidad de sus cuerpos. Este ejercicio de pensar (y vivir) la encarnación como acuosa, praxis que puede ser amplificada y potenciada por muchísimas obras de artistas y poetas de nuestro tiempo, revela el aspecto inherentemente relacional de la corporeidad, ayudándonos a llevarla a dimensiones más-que-humanas. En esto consiste la práctica hidrofeminista, corriente de pensamiento que Neimanis plantea como una fenomenología posthumana, capaz de llevarnos a perspectivas espaciotemporales que escapan al alcance de la conciencia que tenemos usualmente para observar el mundo y la manera en que lo habitamos.

Un interesante ejemplo literario amplificador de esta experiencia se encuentra en las latitudes del Cono Sur, en la poesía de mujeres inscrita en una genealogía de lo que la investigadora chilena María José Barros denomina ‘defensa de las aguas’. Específicamente desde la Suralidad –noción poético-antropológica referida al Sur de Chile (Riedemann y Arellano, 2012)– se puede encontrar poesía de mujeres escritas desde el cuerpo como territorio. Pero ¿qué ocurre con ese cuerpo-territorio cuando es configurado desde una perspectiva hidrofeminista, centrada en la cualidad acuosa de los cuerpos y sus afectos? Surge entonces el cuerpo-territorio anfibio, que se sostiene y se reconoce desde una hibridez múltiple y prolífera, abrazando tanto la vitalidad de sus aguas como su territorialidad. Tal es el caso de la poesía de Roxana Miranda Rupailaf: profesora, gestora cultural, Magíster en Literatura Hispanoamericana y poeta mapuche (pueblo preexistente cuyo nombre significa ‘gente de la tierra’).

Shumpall es su tercer poemario. Escrito enteramente en verso y en español, fue publicado inicialmente en 2011 por Del Aire Editores. Ganó el Premio Municipal de Literatura de Santiago en 2012 y fue reeditado por Pehuén Editores en 2018. Originalmente, el intenso y expresivo trabajo se componía de tres cantos denominados “Oleajes” (el último dividido en dos partes), pero en la edición del 2018 se le agregó toda una sección nueva, de modo que quedaron cinco Oleajes, enfocados en el anhelo, la locura, la relación erótica, la distancia/muerte y la memoria, respectivamente. Aparte de esa ampliación intratextual, la nueva edición contempla una ampliación intertextual, incluida por medio de un código QR al final del poemario: se trata de una adaptación audiovisual compuesta de una selección de poemas traducida a la lengua mapuche y presentada oralmente por la traductora, poeta, investigadora y profesora, Jaqueline Caniguan, en el videopoema El shumpall. Esto, según Estela Imigo, nos permite concebir Shumpall “como una obra extendida y multiartística” (2020 p 71).

Hablemos del poemario. En él, Miranda crea una resignificación del mito mapuche de shumpall: una criatura que es mitad ser humano, mitad pez. En el relato original, este ser híbrido de las aguas rapta a una muchacha y se la lleva a las profundidades, para luego casarse con ella. Contrariamente, en la interpretación de la autora, la voz poética invoca al sireno, a quien llama y desea desde la orilla del mar. Esta operación que destaca el deseo femenino desde un cuerpo erotizado, ha sido descrita como subversiva por la académica e investigadora chilena Fernanda Moraga (2013). La obra está escrita casi enteramente en un particular lenguaje de las aguas (Ulloa 2020 p 29-38), con el que en cada poema se construyen imágenes predominantemente acuáticas, que expresan encuentros y desencuentros con el ser amado. La mezcla y disolución con el Otro son los principales elementos que se pueden hallar en el discurso poético, el cual oscila entre los sentimientos de pertenencia y desarraigo:

“Si quedarse contigo para Siempre

es que tú quedes adentro mío

entonces mezclado vas con mis aguas (…)” (Miranda 2018 p 21).

Siendo que el ser amado es tanto el shumpall como el cuerpo oceánico entero, este sumergimiento en el Otro no proviene sólo de una pulsión erótica, sino que también de una pulsión de muerte, expresada en el afecto del dolor:

“(…) Mi cuerpo se llena de tus peces,

la carne que me muerde los abismos,

la ofrenda de la sangre que por tu boca meto,

estoy cayendo en ti como suicida” (33).

La intensidad de los afectos del dolor y el erotismo trabajados en esta obra son extremados de forma superlativa a lo largo de todos los cantos originales de modo que, como señala Moraga (2013 p 28), el poemario se mueve entre el Eros y el Tánatos en un viaje vertiginoso, que recuerda tanto a un remolino como al incesante ciclo de las aguas en un tiempo circular: las imágenes se presentan como visiones y vaticinios que desafían la concepción occidental del tiempo lineal, por medio de sentidos otros que, a través del elemento onírico y mítico, remiten a un tipo de percepción sobrenatural de la realidad. Esta experiencia mística recuerda tanto a los oráculos de las tragedias griegas como al trance de las y los machi (chamanes mapuche), al tiempo que remite a las visiones que puede tener una persona agonizante, que está transitando entre la vida y la muerte.

El cortometraje vinculado a la ultima edición fue producido por Roxana Miranda y publicado por Jauría Films en el 2014 en la plataforma virtual Vimeo. ¿Qué ocurre con esta ampliación intermedial de la obra? ¿Cómo se expanden y amplifican las significaciones de la creación poética, como consecuencia de esta exploración multidisciplinaria? Esta extensión del texto original es determinante para que la obra se termine de configurar como una hidropoética (Bernal y Marandola, 2014), además de aportarle una enorme potencialidad descolonizante.

En el videopoema El shumpall se cambia el foco afectivo de la expresividad poética al seleccionar textos únicamente de los primeros tres Oleajes, de manera que predominan los temas del anhelo, el deseo y el encuentro. Las imágenes destacan también la presencia más equilibrada del territorio costero, y otras tierras que forman parte de la Mapu, definida por Ñanculef como “tierra, territorio y también la materia desde el punto de vista filosófico mapuche” (2016 p 21). La protagonista del cortometraje es retratada en su cotidianidad humana, como un ser-de-tierra que recibe el llamado de las aguas oceánicas al establecer un contacto onírico con el shumpall. Este sujeto situado aúna en su perspectiva las intersecciones de género, colonialidad y racialización, relacionándose con un ser acuático más-que-humano. Desde allí, los elementos de la roca, el oleaje, las mieles, la arena, el cielo, el shumpall, las flores, la espuma, las algas y la sal cobran forma y color ante los ojos de los espectadores: el videopoema trae las imágenes visualizables desde la lectura del poemario a una materialidad concreta, representada desde una autosignificación que nos entrega una mirada propia y reivindicativa de un sujeto femenino subalternizado. Se añaden elementos culturales significativos para el pueblo mapuche, como las joyas de plata tradicionales, el árbol del canelo y, por supuesto, la lengua. Así, Miranda combina la presencia del agua con la de otros elementos de la naturaleza que conforman lo que Moraña (2022 p 16) llama una poética post-territorial: al ser-de-agua y el ser-de-tierra como una totalidad híbrida e integrada.

Superpuesto a las imágenes, el texto en mapudungun se desenvuelve en un flujo de oralidad continua, interpretada por la voz en off de Jaqueline Caniguan. Cabe mencionar que el nombre de la lengua mapuche, ‘mapudungun’, proviene de las palabras ‘mapu’, tierra, y ‘dungun’, que significa habla, lengua (2016 p 21). Así, el mapudungun es concebido desde su epistemología como la lengua de la tierra. Este elemento es clave para comprender cómo la obra se sostiene como hidropoética al ser adaptada a esta lengua, de manera que el ‘sireno’ es nombrado shumpall; el ‘sueño’, pewma; el ‘canto’, üllkantun; y el ‘arcoiris’, relmu, situándose culturalmente  en una vertiente de saberes míticos mapuche que explican la aparente irresolución de oposiciones que en las lógicas occidentales no son compatibles. El pewma eleva la dimensión onírica al punto de unión entre el mundo tangible y el invisible, el üllkantun la da al acto de cantar una connotación ritual, el relmu se erige como portal entre seres materiales e inmateriales: se trasciende la muerte, develando que el final nunca es tal.

Así es como los afectos que nutren y destruyen el cuerpo, tal como las aguas imbuyen vida en los territorios y amenazan a sus habitantes cuando hay un desequilibrio, se ven expresados en esta obra estético-poética, produciendo una interconexión lírica entre los cuerpos de agua humanos y no humanos que habitan los territorios de la Suralidad en una conjunción heterogénea de sentidos-sentires hidrocríticos.

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