(Trad. Giovanni Festa)

Il lucchetto viene rotto con un spranga, il legno che copriva la porta viene rimosso e il fienile si apre lentamente. Pochi secondi dopo la luce raggiunge il primo zombie, un contadino in tuta blu che ruggisce come un animale mentre fissa lo sguardo su quelli che aspettano fuori, e molti altri emergono dall'oscurità. Uno dopo l'altro, i mostri vengono abbattuti dagli spari degli umani. L'uccisione, se così si può chiamare, continua con totale normalità e termina in pochi secondi.

La pausa che i vivi prendono per guardarsi intorno e incrociare gli sguardi si interrompe improvvisamente quando dal fienile emerge una silhouette infantile. Il suo comportamento, come ci si aspetterebbe, è esattamente lo stesso che ha appena mostrato il resto dei morti viventi, tuttavia, ciò che non è uguale è l'atteggiamento degli umani che cominciano a singhiozzare mentre la piccola avanza lentamente. Nel frattempo, una timida musica malinconica annuncia che quello zombie non è uno qualunque; non solo è una bambina, ma in vita è stato sicuramente una persona amata dal gruppo o, almeno, da una parte di esso. La scena termina quando il protagonista avanza deciso e, pietosamente, gli spara alla testa. Tra i passi sicuri dell'uomo e il colpo finale accade però qualcosa, un atto di verifica necessario per giustificare l'azione: la constatazione che la pelle, i tratti facciali, i rumori che emette e lo sguardo testimoniano che non è più lei, è un'altra cosa (1); è solo corpo e quindi la violenza è tanto legittima quanto necessaria perché, in primo luogo, non si rivolge a una persona e, in secondo luogo, sopprime una minaccia alla vita "reale".

La sequenza riassunta solleva una serie di questioni che sono state affrontate più volte da diversi punti di vista e che continuano ad alimentare il dibattito sulla figura dell'altro contaminante, la massa-automa e il mostro in generale. Inoltre il dettaglio indicato alla fine è un punto di intervento, una deviazione, da parte della letteratura argentina recente; in questa narrazione, la relazione tra il corpo e la violenza è alterata da una sorta di rotazione nelle categorie che governano tale interazione abilitando così nuovi sguardi e la tematizzazione di altre soggettività/corporalità.

In ogni caso prima di tutto è necessario considerare cosa significa essere “solo un corpo”. Sia nel cinema che nella letteratura la figura dello zombie si presenta in primo luogo come un "resto", come il residuo di ciò che nella vita era umano, ma che non lo è più per aver perso la sua coscienza, la sua mente, la sua volontà, la sua anima e, con essa, tutto ciò che rimanda a una soggettività. La cosa mostruosa di questo corpo decadente risiede meno nella combinazione tra «l'impossibile e il proibito» (2) che nella sua capacità di esibire la convivenza o «mescolanza di due regni» (3) poiché ciò che è veramente abietto sono le contraddizioni che vi abitano. La sua colpa non è di essere morto, destino inevitabile e, in questo contesto, desiderato, ma di spogliare la corporalità mediante la morte: ciò che resta dello zombie, la sua materia, è senza dubbio umano, ma la sua esistenza e il suo comportamento sono tradizionalmente associati o imparentati con l'animale.

In questo senso, anche oggi, e considerando la grande produzione letteraria e cinematografica che affronta questa questione, persiste e continua ad operare la classica dualità corpo/anima secondo cui essere persona è «avere un corpo» (4). Si stabilisce allora una relazione gerarchica che eleva un elemento a scapito di un altro perché nell'atto di possedere e dominare il primo si manifesta l'io. Così la componente materiale-animale si presenta come un cumulo di pulsioni, istinti e irrazionalità che devono essere controllati, e solo attraverso questa "liberazione" l'uomo riesce ad essere tale. Il corpo, un corpo, qualunque sia, non è un mostro perché è mediato da una serie di relazioni, apparati regolatori e dispositivi culturali che gli assegnano un ruolo, una funzione governata da una sostanza che, in essenza, gli conferisce un significato, un fine e uno scopo. Lo zombie è quindi mostruoso perché manca di tale mediazione, non c'è regolamentazione che lo raggiunga o lo definisca perché la morte ne ha soppresso l'agente. Da qui l'idea che l'espressione «essere solo corpo» racchiuda un deprezzamento, una carenza irreversibile che getta la materialità umana nel regno animale. Proprio questa animalità è ciò che lo definisce in opposizione al soggetto, che deve non solo superarla ma fondamentalmente soggiogarla (5).

Ora, in quanto oggetto culturale, i morti viventi permettono di pensare e di rappresentare diverse paure, critiche o denunce. Allo stesso modo, operano come metafora eloquente per segnalare o denunciare minacce sia esterne che interne. Eppure, indipendentemente dall'obiettivo della loro presenza, c'è qualcosa di comune in tutti quelli che appartengono al cinema e alla letteratura: rappresentano la diversità assoluta, una minaccia radicale che porta al disastro. Sono, allo stesso tempo, l'evento scatenante o lo sfondo che abilita le prestazioni generalmente eroiche dei vivi che, salvo rare eccezioni, si impongono e trionfano sulle bestie e sulla ferocia cannibale. Questo si osserva nel cinema, in opere come Night of the living dead (1968), Dawn of the Dead (1978), Day of the Dead (1985) di George Romero o anche in produzioni più recenti come World War Z (2013) di Marc Forster e Train to Busan (2016) di Yeon Sang-ho, tra molte altre.

Nella letteratura argentina, lo zombie emerge con Berazachussetts (2007) di Leandro Ávalos Blacha, continua con le compilazioni di racconti Vienen bajando (2011) e El libro de los Muertos Vivos (2013) e termina, fino ad ora, con Ultra/Tumba (2022) di Leonardo Oyola. Mentre la figura del morto-vivo si può incontrare in altre opere, la serie menzionata condensa il trattamento che la narrativa argentina realizza su questa figura che emerge poco tempo dopo il crollo economico, politico e sociale che il paese ha subito nell'anno 2001 (6). Va notato inoltre che la figura del mostro che rappresenta la più radicale diversità può essere rintracciata in tutta la tradizione letteraria argentina ed è stato impiegato – lo è ancora – come elemento centrale nell'immaginario e nel discorso sociale. Le operazioni di classificazione che miravano a segmentare la popolazione e a gerarchizzarne una parte sulla base di una presunta associazione con il bianco, l'europeo e l'urbano in contrapposizione con il meticcio, l'arretrato, rurale e bestiale (7) è una questione di lunga data, ma durante il peronismo vi fu una forte accentuazione delle divisioni preesistenti:

La componente plebea portata dalle masse che sostenevano Perón è ciò che ha spinto, come reazione, per la prima volta in Argentina un'identità di classe media potente e aggressiva. Questa identità fu usata soprattutto per far circolare lo spettro di un popolo "vero", distinto dalle folle e composto da classi medie che si arrogavano di essere le portatrici della tradizione, le figlie dell'immigrazione europea e le difensori della moralità familiare (8) (9).

Due aspetti di quanto detto finora sono fondamentali per contestualizzare l'apparizione dello zombie in Argentina del XXI secolo: la massa e la ferocia. In primo luogo, il carattere collettivo che acquisiscono le classi inferiori è associato all'assenza di razionalità e a un'organizzazione che prende forma unicamente attraverso la violenza. In secondo luogo, si tratta di un insieme definito dall'imposizione di categorie che lo legano al grottesco, al declino e, fondamentalmente, alla mancanza di tratti individuali. Come si può osservare, cominciano qui a ripetersi alcune idee espresse all'inizio che rimandano alla mostruosa minaccia incarnata da un altro inquinante o nocivo che può solo portare al degrado o alla rovina assoluta. Detto questo, è evidente che il funzionamento del suddetto sistema di classificazione subì una serie di modifiche poiché, sebbene queste operassero esplicitamente su tutti i piani sociali, la produzione letteraria che sceglie lo zombie non sorse fino al crollo del 2001.

All'interno delle innumerevoli trasformazioni avvenute in quel momento, c'è un aspetto che è stato esaltato e che attualmente si manifesta in termini economici, sociali e territoriali: la paura dell'invasione dello spazio pubblico e privato da parte delle classi popolari. In aggiunta a questo, un giorno accadde l'imprevisto: giornali e notiziari iniziarono ad allertare la popolazione sull'esistenza di veri zombi provenienti dalle villas e caratterizzati dalla perdita totale della loro mente. Approssimativamente nel 2002, i media hanno inondato le strade con la parola "paco" – una droga estremamente economica che coinvolge nella sua preparazione rifiuti di cocaina, acido solforico e cherosene tra le altre cose (10) – utilizzato non come un elemento distruttivo per i poveri, ma per i membri della classe media e alta, perché sarebbero loro le vere vittime in quanto esposti al furto, al saccheggio e alla morte. I morti-vivi filtrano così nell'immaginario argentino, si assegna loro un'origine sociale, una spiegazione territoriale (provengono dalle villas) e si governano sotto regole imposte dalle gerarchizzazioni storiche della popolazione; si prepara così la loro apparizione in letteratura.

Le opere menzionate che lavorano con la figura dello zombie sono varie; mentre alcune di esse eseguono un trattamento "tradizionale" di questo mostro, altre offrono una deviazione e lo impiegano per alterare i rapporti di potere o trovare voci e soggettività "improbabili". Tenendo conto di questo, è opportuno compiere un percorso inverso e cominciare facendo riferimento alla narrativa più recente per approcciare alla fine il romanzo di Ávalos Blacha perché lì si manifestano una serie di particolarità che lo allontanano dal resto.

Il romanzo di Oyola, Ultra/Tumba, colloca i morti viventi all'interno di un carcere femminile dentro il quale scoppia una rivolta che contrappone due fazioni. Tuttavia, la dinamica carceraria si altera quando il padiglione evangelista si unisce alla sommossa ostentando un esercito zombificato. Mentre il romanzo articola una serie di elementi che dialogano o discutono con i commentati pregiudizi sociali, il ritorno dalla morte per gli zombi non rappresenta un cambiamento, ma una continuazione di quanto sperimentato durante la vita: in primo luogo, l'appartenenza alle classi inferiori è evidente sia nelle detenute che nel personale carcerario; si tratta di soggetti associati alla marginalità che una volta dentro la "tomba" (11) sono esposti a una violenza ancora maggiore, perpetrata dagli ufficiali o dai capi di ogni blocco. Le morte rappresentano poi lo scarto di ciò che la società ha già scartato; ci troviamo allora dentro un secondo livello di abbandono o di rifiuto.

Infine, essendo risuscitati, i loro corpi si trovano alla mercé di un'altra volontà facendo sì che il loro unico fine sia obbedire a chi li ha rianimati, arrivando così a un terzo livello. In questo modo, la morte non significa un taglio o un'alterazione, ma, al contrario, conduce a una permanenza. Sebbene a priori questi corpi rappresentino in qualche modo la vendetta di quelle vite espulse, non cessano di rinviare al classico zombie della stregoneria o del voodoo perché rianimato mediante un rituale e preghiere che, se interrotti, riportano i cadaveri al loro stato naturale:

Cominciò con l'uccidere a casaccio le evangeliste che stavano pregando. La trance di queste donne e il ronzio cominciarono a diminuire, ad avere interferenze dopo ogni loro affondo, dopo ogni colpo. Le Resuscitate, non solo quelle sul tetto, all'improvviso si mossero come fossero rotte. Quasi in forma robotica [...] E all'improvviso, come se fossero state scollegate, crollarono tutte a terra (12).

Il romanzo utilizza una serie di elementi affinché essere solo corpo equivalga ad una riduzione, come se l'assenza di una soggettività propria debba essere compensata con una esterna che fa da padrone e signore a una materialità senza direzione né controllo. Questa animalizzazione può essere trovata anche in molti racconti de El libro de los Muertos Vivos e Vienen bajando, per questo sceglieremo solo due fra quelli che compongono queste raccolte. El libro de los Muertos Vivos presenta una serie di racconti che alterano non solo il classico ruolo degli zombi, ma inseriscono anche in questo corpo una serie di tratti e comportamenti attribuibili all'umano. All'interno di questo gruppo si trova "Tan real" di Leandro Ávalos Blacha. La narrazione parla di una donna che muore di infarto mentre si esercita su un tapis roulant, ma viene rianimata dal suo slender shaper, un dispositivo dimagrante che viene posizionato sulla zona addominale.

In un primo momento, il suo comportamento è frenetico e selvaggio fino a quando non cerca di attaccare persone per strada: la folla gli è ostile e capisce che, per preservarsi, è meglio evitare la massa e sceglie di rifugiarsi dove il suo aspetto non può risaltare, «Blanca poteva mescolarsi senza attirare l'attenzione. Quando scippavano qualcuno, la donna accorreva come un uccello da preda e approfittava per servirsi un boccone della vittima» (13).

La novità in questa forma di accostarsi alla corporalità risiede non tanto nella critica al consumismo materializzato nello slender shaper, ma fondamentalmente negli spazi dove Blanca si colloca: il primo è la piazza accanto ai pibes del paco e il secondo è una manifestazione chiamata zombie walk dove un gran numero di persone marcia verso l'obelisco travestito da morti-vivi per raccogliere alimenti non deperibili al motto «Finché esiste nel mondo un bambino affamato, gli zombi continueranno a marciare» (14).

Lo zombie che è Blanca certamente marcia, non per la fame degli altri ma per la propria e utilizza l'invisibilità degli espulsi e degli affamati, dei "veri zombi", come rifugio. La tensione tra la spettacolarizzazione e l'occulto, tra il reale e il finto, è ciò che distingue Tan real da altri racconti che utilizzano questo mostro come strumento di potere, come schiavo sessuale, come orda distruttiva o come vittime che diventano carnefici. Qui, il fatto di essere solo corpo può piegarsi su un'altra alterità, adottare le classificazioni che la governano e nascondersi così nella sicurezza della sua invisibilità.

In Vienen bajando ci sono, da un lato, una serie di racconti che offrono visioni che problematizzano la natura mostruosa dello zombie e, dall'altro, racconti che associano esplicitamente le classi popolari con la violenza e il cannibalismo in forma parodica. Ci soffermeremo brevemente su uno intitolato Ese zombie, di Alejandro Soifer, che è ambientato durante un governo militare che si è installato in risposta alla minaccia dei morti-vivi emersi dal Rio de la Plata (15). Alcuni di questi esseri presentano però una particolarità: ripetono più e più volte «cose della loro vita passata» (16) motivo per cui sono chiamati «pappagalli». Uno di loro pronuncia parole come «Con il proiettile che lo ha abbattuto era saltato dalla mano di Rosendo García il revolver 38 speciale che riuscì a tirare fuori dalla fondina aderente alla cintura» o «C'è un fucilato ancora vivo» (17).

Scoperto che si tratta di Rodolfo Walsh, giornalista e scrittore argentino scomparso durante l'ultima dittatura militare, un commissario dà l'ordine di sbarazzarsi di lui e restituirlo al fiume. All'inizio è stato detto che gli zombie si presentano come un "resto" corporeo di ciò che una volta era umano, una sorta di residuo che rimanda a ciò che era, ma non è più. Adesso non è più solo corpo, non si tratta semplicemente di una materia animale e spogliata di ogni umanità; al contrario, è la testimonianza fisica di una memoria sia individuale che collettiva che sfuma la propria mostruosità ricordandone una ancora più estrema, selvaggia e violenta. In questo modo, una corporeità carica di significati problematici mette in discussione, e addirittura altera il rapporto tra le vittime e i carnefici.

Il primo romanzo di Leandro Ávalos Blacha è Berazachussetts (18) e, come detto sopra, è considerato il primo del genere zombie in Argentina. Qui si presenta una protagonista morta-viva di nome Trash (19) che arriva in città per correggere le sue abitudini alimentari ed evitare così il crollo definitivo del suo corpo, provocato dalla sua obesità e dall'assunzione smisurata di umani. Contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare, questo zombie punk non rappresenta l'altro contaminante né una minaccia in termini tradizionali, ma, a partire dalla sua esteriorità rispetto al mondo dei vivi, è capace di osservare e snaturare il funzionamento di una società estremamente verticale e sfruttatrice:

I "figli di" si divertivano a scegliere ragazzi a caso e a obbligarli [...] Ebbene, il fortunato in questione era costretto a stuprare una giovane donna entro ventiquattro ore, tempo in cui filmavano tutti i suoi movimenti. Poi mettevano insieme i nastri e li vendevano su un sito. Non erano attratti dall'atto di stupro, ma piuttosto dall'agire di un soggetto costretto a svolgere un ruolo per il quale non era preparato (20).

Come si osserva in questo passaggio, la violenza e il contagio ruotano per collocarsi nella posizione dei vivi. Entrambi gli elementi sono tradizionalmente associati allo zombie poiché la vittima del morso si trasforma e ripete il ciclo in una forma interminabile. Qui, tuttavia, la riproduzione di mostri-vittime non avviene attraverso la trasmissione del sangue, ma attraverso lo sfruttamento:

Non può ogni uomo essere uno stupratore? Mancava solo una spintarella e... [...] Infatti, studiavano i nastri per vedere se il volto del divenuto stupratore esprimesse qualche trasformazione profonda. Così avevano trovato Palmiro Gargarunha, un cardiologo a cui era piaciuta la cosa ed era diventato un esperto vessatore (21).

Mentre, se infettato, chiunque può essere uno zombie, nel romanzo chiunque può diventare un mostro se è sottoposto a violenza. Qui la morte non opera in modo letterale, ma simbolico poiché i morti sono i vivi che non rispondono più ad alcun stimolo. In altre parole, il morto-vivo si configura come una presenza sempre attuale, permanente e negativa fondamentalmente per «non saper morire», per esibire una morte «a metà» sbiadita e adottare una forma di vita meramente materiale (22). Ma nella città di Berazachussetts questa incapacità ricade sull'insieme addormentato dei vivi la cui esistenza si riduce al semplice atto di tollerare: «Alla fermata si era formata una fila con quelli che aspettavano il bus. Tuttavia, alcuni appena arrivati si fermavano davanti, e nessuno li notava. Essi sono così abituati alla sconfitta, alla loro esplosione, che nulla li disturba più» (23).

Trash, da parte sua, osserva con occhi stupiti la passività degli umani, la loro apatia e l'assenza di volontà e, allo stesso tempo, è l'unico personaggio ad affrontare l'umiliazione. A questo punto, lo scenario è completamente rotto e l'unica cosa che, a prima vista, allontana Trash dalla natura umana e l'individualità è proprio ciò che la rende portatrice di tutto questo: essere solo corpo annulla qui la tradizionale separazione dualistica; il corpo è soggetto e il soggetto corrisponde alla sua materialità. Allora qual è la deviazione proposta? Fondamentalmente sta nel fatto che la distanza da ciò che è considerato "civiltà" conferisce alla corporalità una certa immunità alla sottomissione e alla sua conseguente diffusione.

La materialità non è a questo punto una sostanza da dominare da un agente interno o esterno, ma è di per sé l'unico agente possibile. La mostruosità allora non è più una deviazione o un'incongruenza della natura agli occhi dell'umano come non lo è la sua incompatibilità con gli apparati normativi che separano il "buono" dal "cattivo". In Berazachussetts il mostro è l'alterità che solo assumendo quella distanza è in grado di evidenziare lo svuotamento dell'umano negli umani. Alla periferia della città si trova il Desaguadero, un'enclave che rimanda a qualsiasi periferia non tanto per la sua distanza dal centro urbano, ma per le vite-corpi che ospita. Questa zona dimenticata dalle classi più agiate rappresenta l'aspetto territoriale delle suddette operazioni di classificazione; vi risiedono gli scartati che non fanno parte del "decente" o "degno di essere visto" e sono esposti alla precarietà e alla contaminazione radioattiva che alla fine fa emergere gli zombie e, con loro, la rivoluzione:

I morti sepolti nei campi contaminati erano tornati in vita: un cantante di cumbia ucciso dalla sua vecchia etichetta discografica dopo aver cambiato compagnia, ragazzi uccisi per il paco, in sparatorie, per regolamenti di conti, in tentativi di furto, ragazze con aborti mal praticati. Ora stavano progettando di risvegliare quelli che più gli interessavano. I loro ex compagni. E con loro sarebbe nata la lotta. Un fantasma stava già percorrendo Berazachussetts. Il fantasma delle radiazioni (24).

Proprio come la morte individuale è risignificata, lo stesso accade in termini collettivi perché le categorie che fanno di alcuni soggetti qualcosa di temuto, mostruoso ed espulso, diventano strumenti per la liberazione rivoluzionaria. In questo senso, prima dell'esplosione zombie, Trash concretizza la sua rottura con il mondo dei vivi e consente ai suoi impulsi di prendere il controllo. La scena si svolge in un bar, dove la protagonista balla in modo sfacciato su un tavolo da biliardo e, a causa del suo peso, lo rompe  cadendo strepitosamente sul pavimento. Il suo incidente scioccante provoca la derisione di tutti i presenti e l'energica recriminazione da parte del proprietario, che, con insulti e minacce, tenta di attaccarla, ma lei lo uccide lanciandogli contro la palla nera e perforandogli il cranio.

Quando un secondo uomo si precipita su di lei Trash finalmente scatena tutto il suo istinto: «Ha ficcato i denti nel cranio fino a raggiungere il cervello. L'uomo era enorme. Non sapeva da dove cominciare a mangiarlo. Era delizioso. Provò il suo orecchio, le sue guance e un po' del suo collo [...] Trash emanava fuoco dagli occhi e gridava come una scimmia furiosa» (25).

In questo momento si osserva che il crollo di ogni livello umano porta in superficie l'animale e questo sembra contraddire quanto esposto finora. L'animalizzazione, tuttavia, non rappresenta la carne che si impone sulla volontà, ma ciò che manifesta la sua libertà; la non appartenenza è accertata e con ciò svanisce la necessità di fingere: «Capì quanto le mancasse quel cibo e cosa si stava perdendo per uno sciocco capriccio personale. La civiltà non aveva senso» (26). Infine, l'apocalisse/rivoluzione zombie si concretizza e, in chiave indubbiamente parodica, il romanzo riproduce lo scenario dell'Argentina del 2001 dove la massa si ribella e il sindaco di Berazachussetts -come Fernando De la Rúa- fugge in elicottero. In questo modo, il romanzo di Ávalos Blacha, a differenza di Ultra/Tumba, inverte le gerarchie che governano sia l'individuo nella sua forma singolare e collettiva sia le nozioni di identità e libertà. In breve, questa rotazione o torsione dissipa la mostruosità di un corpo e la posiziona lontano dal piano materiale.

Il mostro rifugge dalle categorie, è una forza che opera nell'immaginazione e rende percettibili le forze classificatorie nel suo tentativo di contenerlo. Lo zombie in particolare è governato da queste leggi, ma porta alla luce non solo l'irrevocabile della morte – agisce come un violento promemoria dell'inevitabile di fronte all'umano con la propria mortalità –, ma anche la distanza dal nostro corpo; è senza dubbio umano, ma allo stesso tempo è un altro diverso e per questo è il destinatario naturale della violenza. In questo senso, parte della letteratura argentina utilizza le stesse categorie, ma le altera e incontra la mostruosità, con i suoi eccessi e barbarie, altrove. Si illumina così un mostro del passato e del presente, molto radicato nell'immaginario argentino, che si caratterizza per fare degli espulsi solo corpo.

NOTE

(1) Serie The walking dead, temporada 2, episodio 7.

(2) M. Foucault. Los anormales, Fondo de Cultura Económica, Buenos Aires, 2014, p. 61.

(3) Ibid., pag. 69. Qui, Foucault procede ad elencare una serie di esempi: poteva trattarsi della mescolanza del regno animale con quello umano, come l'uomo con la testa di bue o con le zampe di uccello; la mescolanza di due specie, come il maiale con la testa di ariete; la mescolanza di due sessi o quella di vita e di morte. L'importante è sottolineare che il mostro trasgredisce le classificazioni provocando un disordine della legge naturale e, quindi, quella religiosa e quella del diritto. Si configura quindi come eccezione.

(4) Roberto Esposito recupera nozioni da Locke e Mill per problematizzare l'idea che la persona non è, ma ha un corpo. Per esprimere ed effettivamente possedere soggettività, autoconoscenza e controllo, il nucleo razionale e morale dell'uomo deve essere proprietario di componente biologica. Deve rompere il tessuto che unisce il divino e l'immateriale al terreno e deperibile. Presente in: R. Esposito. El dispositivo de la persona, Amorrortu, Buenos Aires, 2011, p. 31.

(5) M. B. Cragnolini. Extraños animales: filosofía y animalidad en el pensar contemporáneo, Prometeo, Buenos Aires, 2016.

(6) Durante il governo di Carlos Menem (1989-1999) furono attuate una serie di misure di taglio neoliberale che portarono alla privatizzazione dello Stato, alla crescita iperbolica del debito estero e all'aumento della disoccupazione. La pauperizzazione nelle condizioni di vita delle classi inferiori raggiunse un nuovo livello durante il governo di Fernando de la Rúa, chiamato "Alleanza", iniziato nel dicembre 1999 e terminato con le sue dimissioni nel dicembre 2001. L'instabilità, il caos e la violenza sfociarono in saccheggi generalizzati, in uno stato di assedio e in una brutale repressione poliziesca che portò a numerose morti.

(7) M. Vedda. Cazadores de ocasos. La literatura de horror en los tiempos del neoliberalismo, Editorial Las cuarenta y El río sin orillas, Buenos Aires, 2021.

(8) Ibíd., p. 209.

(9) A questo punto, Miguel Vedda stabilisce un dialogo diretto con il lavoro di Ezequiel Adamovsky, Historia de la classe media argentina. Apogeo y decadencia de una ilusión, Crítica,  Buenos Aires, 2019.

(10) Sul paco o "pasta base" vedi: https:///elgatoylacaja.com/paco-o-pasta-base

(11) Il titolo del romanzo gioca con il termine "tomba" che allude al carcere o alla cella. Da qui derivano la cultura e il linguaggio “tumberos”.

(12) L. Oyola. Ultra/Tumba, Random House, Buenos Aires, 2022, p. 211.

(13) L. Ávalos Blacha. “Tan real”, en R. Acevedo Esplugas (comp.), El libro de los Muertos Vivos: cuentos de zombis, Editorial Lea, Buenos Aires, 2013, p. 26.

(14) Ibíd., p. 27.

(15) I "voli della morte", durante l'ultima dittatura militare, erano un meccanismo di sterminio che consisteva nel gettare da un aereo i detenuti mentre erano vivi per eliminare le prove del crimine. Il Río de la Plata era la destinazione più frequente.(16)

(16) A. Soifer. “Ese zombie”, en AAVV, Vienen bajando. Primera antología argentina del cuento zombi, Centro Estudios Contemporáneos, Buenos Aires, 2011, p. 19.

(17) Ibíd., p. 23.

(18) Il titolo del romanzo mescola i nomi Berazategui e Massachussets. La prima è una località appartenente al Conurbano bonaerense situata nella zona sud.

(19) Trash è lo stesso personaggio del film del 1985 The Return of the Living Dead, diretto da Dan O'Bannon.

(20) L. Ávalos Blacha. Berazachussetts, Entropía, Buenos Aires, 2014, p. 30.

(21) Ibíd., pp. 30-31.

(22) J. Martínez Lucena. Vampiros y zombis posmodernos, Gedisa, Barcelona, 2010.

(23) L. Ávalos Blacha. Berazachussetts, p. 92.

(24) Ibíd., p. 119.

(25) Ibíd., p. 125.

 

TESTO ORIGINALE

Ese otro cuerpo: sobre el desvío zombi en la literatura argentina 

El candado es destrozado con un pico, la madera que tapiaba la puerta es quitada y el granero lentamente se abre. Pocos segundos después la luz alcanza al primer zombi, un granjero de overol azul que ruge como un animal mientras fija su vista en quienes aguardaban afuera, y de la oscuridad emergen muchos más. Uno tras otro, los monstruos son derrumbados por los disparos de los humanos. La matanza, si es que así puede llamarse, sigue con total normalidad y finaliza en cuestión de segundos. La pausa que los vivos se toman para observar a su alrededor y cruzar miradas se interrumpe repentinamente cuando del granero emerge una silueta infantil. Su conducta, como era de esperarse, es exactamente igual a la que exhibió el resto de los muertos-vivos, sin embargo, lo que no es igual es el comportamiento de los humanos que se lamentan entre sollozos mientras la pequeña avanza débilmente.

Al mismo tiempo, una tímida música melancólica anuncia que ese zombi no es cualquier otro; no solo es una niña, sino que en vida seguramente haya sido un ser querido para el grupo o, al menos, para una parte del mismo. La escena finaliza cuando el protagonista avanza decidido y piadosamente le dispara en la cabeza. No obstante, entre los firmes pasos del hombre y el disparo final sucede algo, un acto de comprobación necesario para justificar la acción: la constatación de su piel, sus rasgos faciales, los ruidos que emite y su mirada informa que efectivamente ya no es ella, es otra cosa (1); es solo cuerpo y, por lo tanto, la violencia es tan legítima como necesaria pues, en primer lugar, no se dirige hacia una persona y, en segundo término, suprime una amenaza a la vida “real”.

La secuencia resumida plantea una serie de cuestiones que han sido abordadas numerosas veces desde diversos puntos de vista y que continúan nutriendo el debate en torno a la figura del otro contaminante, la masa autómata y el monstruo en general. Sin embargo, el detalle señalado al final es un punto de intervención, un desvío, para parte de la literatura argentina reciente; en esta narrativa, la relación entre el cuerpo y la violencia es alterada mediante una especie de rotación en las categorías que rigen dicha interacción habilitando así nuevas miradas y la tematización de otras subjetividades/corporalidades. De todas formas, primero es necesario considerar qué significa ser solo un cuerpo. Tanto en el cine como en la literatura la figura del zombi se presenta en primera instancia como un “resto”, como el remanente de lo que en vida fue humano, pero que ya no lo es por haber perdido su conciencia, su mente, su voluntad, su alma y, con ello, todo lo que remita a una subjetividad.

Lo monstruoso de este cuerpo decadente reside menos en la combinación entre “lo imposible y lo prohibido” (2) que en su capacidad para exhibir la convivencia o “mezcla de dos reinos” (3) ya que lo verdaderamente abyecto son las contradicciones que habitan en él. Su infracción no es estar muerto –destino inevitable y, en este contexto, deseado– sino desnudar la corporalidad mediante la muerte: lo que queda del zombi, su materia, es sin dudas humano pero su existencia y comportamiento tradicionalmente se asocian o emparenta con lo animal. En este sentido, aun en la actualidad y considerando la gran producción que aborda esta cuestión, persiste y continúa operando la clásica dualidad cuerpo/alma según la cual ser persona es tener un cuerpo (4). Se establece entonces una relación jerárquica que eleva un elemento en detrimento de otro pues en el acto de poseer y dominar al primero se manifiesta el yo. Así, el componente material-animal se presenta como un cúmulo de pulsiones, instintos e irracionalidad que deben ser controlados, solo por medio de esta “liberación” el hombre logra ser tal.

El cuerpo, un cuerpo, cualquiera sea, no es un monstruo porque está mediado por una serie de relaciones, aparatos reguladores y dispositivos culturales que le asignan un rol, una función regida por una sustancia que, en esencia, le otorga un significado, un fin y un propósito. El zombi entonces es monstruoso porque carece de dicha mediación, no hay regulación que lo alcance o defina porque la muerte ha suprimido al agente. De aquí se desprende la idea de que la expresión “ser solo cuerpo” encierra una depreciación, una carencia irreversible que arroja la materialidad humana al reino animal. Precisamente esta animalidad es lo que define por oposición al sujeto, quien debe no solo superarla sino fundamentalmente sojuzgarla (5).

Ahora bien, en tanto objeto cultural los muertos-vivos permiten pensar y representar diversos miedos, críticas o denuncias. De igual manera, operan como metáfora elocuente para señalar o denunciar amenazas tanto foráneas como internas. Así y todo, e independientemente del objetivo que tenga su presencia, hay algo común en todos los pertenecientes al cine y la literatura: representan la otredad absoluta, una amenaza radical que conduce al desastre. Son, al mismo tiempo, el evento disparador o el fondo que habilita el desempeño generalmente heroico de los vivos quienes, salvo contadas excepciones, se imponen y triunfan sobre las bestias y el salvajismo caníbal. Esto se observa en el cine, en obras como Night of the living dead (1968), Dawn of the Dead (1978), Day of the Dead (1985) de George Romero o incluso en producciones más recientes como World War Z (2013) de Marc Forster y Train to Busan (2016) de Yeon Sang-ho, entre muchas otras.

En la literatura argentina, el zombi emerge con Berazachussetts (2007) de Leandro Ávalos Blacha, continúa con las compilaciones de relatos Vienen bajando (2011) y El libro de los Muertos Vivos (2013) y finaliza, hasta el momento, con Ultra/Tumba (2022) de Leonardo Oyola. Si bien la figura del muerto-vivo puede encontrarse en algunas otras obras, la serie mencionada condensa el tratamiento que la narrativa argentina realiza sobre esta figura que surge poco tiempo después del colapso económico, político y social que Argentina sufrió en el año 2001 (6).

Sin embargo, debe tenerse en cuenta que la figura del monstruo que representa la más radical otredad puede rastrearse a lo largo de toda la tradición literaria argentina y fue empleado –lo sigue siendo– como un elemento central en el imaginario y el discurso social. Las operaciones de clasificación que pretendían segmentar la población y jerarquizar una parte de la misma en base a una supuesta asociación con lo blanco, europeo y urbano en contraposición con lo mestizo, atrasado, rural y bestial (7) es una cuestión de larga data, pero durante el peronismo se produjo una fuerte acentuación en las divisiones preexistentes:

El componente plebeyo traído por las masas que apoyaban a Perón es lo que impulsó que, como reacción, por primera vez surgiera en Argentina una identidad de clase media poderosa y agresiva. Esa identidad fue usada sobre todo para sacar a circular el espectro de un pueblo “verdadero”, distinto de las muchedumbres e integrado por unas clases medias que se arrogaban ser las portadoras de la tradición, las hijas de la inmigración europea y las defensoras de la moralidad familiar (8) (9).

Dos aspectos de lo mencionado hasta el momento resultan fundamentales para contextualizar la aparición del zombi en la Argentina del siglo XXI: la masa y el salvajismo. En primer lugar, el carácter colectivo que adquieren las clases bajas es asociado a la ausencia de racionalidad y a una organización que adquiere forma únicamente mediante la violencia. En segundo lugar, se trata de un conjunto definido mediante la imposición de categorías que lo emparentan con lo grotesco, la decadencia y, fundamentalmente, con la carencia de rasgos individuales. Como puede observarse, aquí comienzan a repetirse algunas ideas expresadas al comienzo que remiten a la amenaza monstruosa encarnada en un otro contaminante o nocivo que solo puede conducir a la degradación o la ruina absoluta. Dicho esto, es evidente que el funcionamiento del mencionado sistema clasificatorio sufrió una serie de modificaciones pues, si bien estas operaban explícitamente en todos los planos sociales, la producción literaria que toma al zombi no surgió hasta después del colapso del 2001.

Dentro de las innumerables transformaciones que se produjeron en ese momento, hay un aspecto que fue magnificado y que actualmente se manifiesta en términos económicos, sociales y territoriales: el miedo a la invasión del espacio público y privado por parte de las clases populares. Sumado a esto, un día sucedió lo inesperado: los diarios y noticieros comenzaron a alertar a la población sobre la existencia de verdaderos zombis provenientes de las villas y caracterizados por la pérdida total de su mente. Aproximadamente en el año 2002, los medios inundaron las calles con la palabra “paco” –una droga sumamente barata que involucra en su preparación desechos de cocaína, ácido sulfúrico y querosén entre otras cosas (10)– empleada no como un elemento destructivo para los pobres, sino para los integrantes de la clase media y alta ya que ellos serían las verdaderas víctimas por estar expuestas al robo, al saqueo y a la muerte. Los muertos-vivos entonces se filtran en el imaginario argentino, se les asigna un origen social, una explicación territorial (provienen de las villas) y se rigen bajo reglas impuestas por las históricas jerarquizaciones poblacionales; se gesta así su aparición en la literatura.

Las mencionadas obras que trabajan con la figura de zombi son variadas; mientras que algunas de ellas realizan un tratamiento “tradicional” de este monstruo, otras ofrecen un desvío y lo emplean para alterar las relaciones de poder o encontrar voces y subjetividades “improbables”. Teniendo esto en cuenta, es conveniente realizar un camino inverso y comenzar haciendo mención a la narrativa más reciente para finalmente abordar la novela de Ávalos Blacha pues allí se hacen presentes una serie de particularidades que la alejan del resto. La novela de Oyola, Ultra/Tumba, coloca a los muertos-vivos dentro de una cárcel de mujeres dentro de la cual se desarrolla un motín que enfrenta a dos facciones.

Sin embargo, la dinámica carcelaria se altera cuando el pabellón evangelista se suma a la discusión ostentando un ejército zombificado. Si bien la novela articula una serie de elementos que dialogan o discuten con los comentados prejuicios sociales, el regreso de la muerte para las zombis no representa un cambio, sino una continuación de lo experimentado durante su vida: en primer lugar, la pertenencia a las clases bajas es evidente tanto en las presas como en el personal penitenciario; se trata de sujetos asociados con la marginalidad que una vez dentro de la “tumba” (11) son expuestos a una violencia incluso mayor ejecutada ahora por las oficiales o por las jefas de cada pabellón. Luego, las muertas representan lo que descarta un lugar formado en sí mismo por lo que la sociedad ha desechado; nos encontramos entonces en un segundo nivel de abandono o rechazo. Finalmente, al ser resucitados, sus cuerpos se encuentran a merced de otra voluntad haciendo que su único fin sea obedecer a quien los reanimó, se llega así al tercer nivel. De esta manera, la muerte no significa un corte o una alteración, sino que, por el contrario, conduce a una permanencia.

Si bien a priori estos cuerpos representan de alguna manera la venganza de aquellas vidas expulsadas, no dejan de remitir al clásico zombi de la brujería o el vudú pues son reanimados mediante un ritual y rezos que, de ser interrumpidos, devuelven los cadáveres a su estado natural:

empezó a troche y moche a asesinar a las evangelistas que estaban rezando. El trance de esas mujeres y el zumbido empezó a mermar, a tener interferencias con cada una de sus estocadas, con cada uno de sus mazazos. Las resucitadas, no sólo las que estaban en el techo, de repente se movieron como quebradas. Casi de forma de robótica […] Y de repente, como si las hubieran desenchufado, todas se desplomaron al piso (12).

La novela utiliza una serie de elementos de una manera en la que ser solo cuerpo equivale a una reducción como si la ausencia de una subjetividad propia se deba compensar con una externa que hace de amo y señor de una materialidad sin rumbo ni control. Esta animalización puede encontrarse también en muchos relatos de El libro de los Muertos Vivos y Vienen bajando, de manera que solo destacaremos dos de los numerosos cuentos que componen estas selecciones. El libro de los Muertos Vivos presenta una serie de relatos que alteran no solo el clásico papel de los zombis, sino que también colocan en este cuerpo una serie de rasgos y conductas atribuibles a lo humano.

Dentro de este grupo se encuentra “Tan real” de Leandro Ávalos Blacha. La narración trata de una mujer que muere de un infarto mientras hacía ejercicio en una cinta andadora, pero es reanimada por su slender shaper, un dispositivo adelgazador que se coloca sobre la zona abdominal. En un primer momento, su comportamiento es frenético y salvaje hasta que intenta atacar personas en la calle: la multitud le es hostil y comprende que, para preservarse, es mejor evitar la muchedumbre y opta por refugiarse donde su apariencia no podría destacarse, entre los adictos al paco: «Blanca podía mezclase sin llamar la atención. Cuando daban el zarpazo con un robo, la mujer acudía como un ave de rapiña y aprovechaba a servirse un bocado de la víctima» (13).

La novedad en esta forma de aproximarse a la corporalidad reside no tanto en la crítica al consumismo materializado en el slender shaper, sino fundamentalmente en los espacios donde se la coloca: el primero es en las plazas junto a los “pibes del paco” y el segundo es una manifestación llamada zombie walk donde una gran cantidad de personas marchan hacia el obelisco disfrazadas de muertos-vivos y reúnen alimentos no perecederos bajo el lema «Mientras exista en el mundo un niño con hambre, los zombies seguirán marchando» (14).

El zombi que es Blanca ciertamente marcha, pero no por el hambre de los demás sino por la propia y utiliza la invisibilidad de los expulsados y hambrientos, de los “verdaderos zombis”, como refugio. La tensión entre la espectacularización y lo escondido, entre lo real y lo fingido, es lo que destaca a “Tan real” de otros cuentos que toman a este monstruo como instrumento del poder, como esclavo sexual, como horda destructiva o como víctimas que devienen victimarios. Aquí, el hecho de ser solo cuerpo puede plegarse sobre otra alteridad, adoptar las clasificaciones que la rigen y así esconderse en la seguridad de su invisibilidad.

En Vienen bajando hay, por un lado, una serie de relatos que ofrecen visiones que problematizan la naturaleza monstruosa del zombi y, por el otro, cuentos que asocian explícitamente a las clases populares con la violencia y el canibalismo de forma paródica. Sin embargo, nos detendremos brevemente en uno titulado “Ese zombie”, de Alejandro Soifer que se sitúa durante un gobierno militar que se ha instalado como respuesta a la amenaza los muertos-vivos que emergieron del Río de la Plata (15). Sin embargo, algunos de estos seres presentan una particularidad: repiten una y otra vez “cosas de su vida pasada” (16) motivo por el cual son denominados “loros”.

Uno de ellos profiere palabras como «Con el balazo que lo derrumbó había saltado de la mano de Rosendo García el revólver 38 especial que alcanzó a sacar de la cartuchera ceñida al cinturón» o «Hay un fusilado que vive» (17). Al comprobar que se trata de Rodolfo Walsh, periodista y escritor argentino desaparecido durante la última dictadura militar, un comisario da la orden de deshacerse de él y devolverlo al río. Al comienzo se ha comentado que los zombis se presentan como un “resto” corporal de lo que una vez fue humano, una especie de remanente que remite a lo que fue, pero ya no es. Ahora bien, aquí no es solo cuerpo, no se trata simplemente de una materia animal y despojada de toda humanidad; por el contrario, es testimonio físico de una memoria tanto individual como colectiva y desdibuja su propia monstruosidad al recordar una todavía más extrema, salvaje y violenta. De esta forma, una corporalidad cargada de significados problematiza, cuestiona, e incluso altera la relación entre las víctimas y los victimarios.

La primera novela de Leandro Ávalos Blacha es Berazachussetts (18) y, como se ha comentado anteriormente, es considerada la primera del género zombi en Argentina. Aquí se presenta una protagonista muerta-viva llamada Trash (19) que llega a la ciudad para corregir sus hábitos alimenticios y evitar así el derrumbe definitivo de su cuerpo, provocado por su obesidad y la ingesta desmedida de humanos. A diferencia de lo que podría esperarse, esta zombi punk no representa al otro contaminante ni una amenaza en los términos tradicionales, sino que a partir de su exterioridad con respecto al mundo de los vivos es capaz de observar y desnaturalizar el funcionamiento de una sociedad extremadamente vertical y explotadora:

Los “hijos de” se entretenían eligiendo tipos al azar y apretándolos […] Pues bien, el afortunado en cuestión era obligado a violar a una jovencita en un plazo de veinticuatro horas, tiempo en el que filmaban todos sus movimientos. Luego compaginaban las cintas y las vendían en una página de Internet. No los atraía tanto el acto de violación, sino más bien el accionar de un sujeto obligado a cumplir un papel para el que no estaba preparado (20).

Como se observa en este pasaje, la violencia y el contagio rotan para colocarse en la posición de los vivos. Ambos elementos son tradicionalmente asociados al zombi pues la víctima de su mordida se transforma y repite el ciclo de forma interminable. Sin embargo, aquí la reproducción de monstruos-victimarios no sucede mediante la transmisión sanguínea, sino por medio de la explotación:

¿Acaso no todo hombre puede ser un violador? Faltaba solo un empujoncito y… […] De hecho, estudiaban las cintas para ver si el rostro del devenido violador expresaba alguna transformación profunda. Así habían dado con Palmiro Gargarunha, un cardiólogo al que le había gustado el asunto y se había vuelto un experimentado vejador (21).

Mientras que, de ser infectado, cualquiera puede ser un zombi, en la novela cualquiera puede ser un monstruo si es violentado. Aquí la muerte no opera de forma literal, sino simbólica ya que los muertos son los vivos que ya no responden a ningún estímulo. En otras palabras, el muerto-vivo se configura como una presencia siempre actual, permanente y negativa básicamente por “no saber morir”, por exhibir una muerte “a medias”, deslucida y adoptar una forma de vida meramente material (22). Pero en la ciudad de Berazachussetts esa incapacidad recae sobre el conjunto adormecido de los vivos cuya existencia se reduce al simple acto de tolerar: “En la parada se había formado una fila con los que esperaban el bus. Sin embargo, algunos que recién llegaban se paraban adelante, y a nadie les llamaba la atención. «Están tan acostumbrados a la derrota, a que los exploten, que ya nada les molesta» (23).

Trash, por su parte, observa con ojos extrañados la pasividad de los humanos, su apatía y ausencia de voluntad y, simultáneamente, es el único personaje que se enfrenta a la humillación. En este punto, el escenario rota por completo y lo único que, a primera vista, aleja a Trash de la naturaleza humana y la individualidad es precisamente lo que la hace portadora de todo eso: ser solo cuerpo anula aquí la tradicional separación dualista; el cuerpo es sujeto y el sujeto se corresponde con su materialidad. Entonces ¿en qué consiste el desvío aquí propuesto? Fundamentalmente en que la distancia con respecto a lo considerado “civilización” le otorga a la corporalidad cierta inmunidad al sometimiento y su consecuente propagación.

La materialidad no es en este punto una sustancia a dominar por un agente interno o externo, sino que en sí misma es el único agente posible. La monstruosidad entonces ya no es una desviación o una incongruencia de la naturaleza a ojos de lo humano como tampoco lo es su incompatibilidad con los aparatos normativos que separan lo “bueno” de lo “malo”. En Berazachussetts el monstruo es la otredad que únicamente asumiendo esa distancia es capaz de evidenciar el vaciamiento de lo humano en los humanos.

A las afueras de la ciudad se encuentra el Desaguadero, un enclave que remite a cualquier villa no tanto por su distancia con respecto al centro urbano, sino por la vidas-cuerpos que alberga. Esa zona olvidada por las clases más acomodadas representa el aspecto territorial de las mencionadas operaciones de clasificación; allí residen los descartados que no forman parte de lo “decente” o “digno de ser visto” y son expuestos a la precariedad y la contaminación radioactiva que finalmente hace emerger a los zombis y, con ellos, la revolución:

Los muertos enterrados en las parcelas contaminadas habían vuelto a la vida: un cantante de cumbia asesinado por su antiguo sello discográfico tras cambiar de compañía, chicos muertos por el paco, en tiroteos, por ajustes de cuentas, en intentos de robo, chicas con abortos mal practicados. Ahora planeaban despertar a los que más les interesaban. A sus antiguos compañeros. Y con ellos nacería la lucha. Un fantasma ya recorría Berazachussetts. El fantasma de la radiación (24).

Al igual que la muerte individual es resignificada, lo mismo sucede en términos colectivos pues las categorías que hacen de algunos sujetos algo temido, monstruoso y expulsado, se vuelven herramientas para la liberación revolucionaria. En este sentido, antes de la explosión zombi, Trash concreta su ruptura con el mundo de los vivos y permite que sus impulsos tomen el control. La escena transcurre en un bar, allí la protagonista baila de forma desaforada sobre una mesa de billar y, debido a su peso, rompe las patas de la misma cayendo estrepitosamente al piso. Su aparatoso accidente provoca las burlas de todos los presentes y la enérgica recriminación del dueño, quien, con insultos y amenazas intenta atacarla, pero ella lo asesina arrojándole la bola negra y perforándole el cráneo. A todo esto, un segundo hombre se abalanza sobre ella y Trash finalmente desata su instinto: «Hincó los dientes en el cráneo hasta llegar al cerebro. El hombre era enorme. No sabía por dónde empezar a comerlo. Estaba delicioso. Probó su oreja, sus mejillas y un poco de su cuello […] Trash emanaba fuego de los ojos y gritaba como un simio furioso» (25).

En este momento se observa que el derrumbe de toda capa humana trae a la superficie al animal y esto pareciera contradecir lo expuesto hasta el momento. Sin embargo, la animalización no representa la carne imponiéndose sobre la voluntad, sino a esta última manifestando su libertad; la no pertenencia es comprobada y, con ello, se esfuma la necesidad de fingir: «Comprendió cuánto extrañaba ese alimento y lo que se estaba perdiendo por un tonto capricho personal. La civilización no tenía sentido» (26).

Finalmente, el apocalipsis/revolución zombi se concreta y, en clave indudablemente paródica, la novela reproduce el escenario de la Argentina del 2001 donde la masa se subleva y el alcalde de Berazachussetts –al igual que Fernando De la Rúa– huye en helicóptero. De esta forma, la novela de Ávalos Blacha, a diferencia de Ultra/Tumba, invierte las jerarquías que rigen tanto al individuo en su forma singular y colectiva como las nociones de identidad y libertad. En suma, esta rotación o torsión disipa la monstruosidad de un cuerpo y la coloca lejos del plano material.

El monstruo rehúye de las categorías, es una fuerza que opera en la imaginación y hace perceptibles las fuerzas clasificatorias en su intento por contenerlo. En otras palabras, El zombi en particular es regido por estas leyes, pero trae a la luz no solo lo irrevocable de muerte –actúa como recordatorio violento de lo inevitable al enfrentar lo humano con su propia mortalidad–, sino también la distancia con respecto a nuestro cuerpo; es sin dudas humano, pero es otro distinto al mismo tiempo y por eso es destinatario natural de la violencia.

En este sentido, parte de la literatura argentina emplea esas mismas categorías, pero las altera y encuentra la monstruosidad, con sus excesos y salvajismo, en otro lugar. Se ilumina así un monstruo del pasado y del presente, uno muy arraigado en el imaginario argentino que se caracteriza por hacer de los expulsados solo cuerpo.

 

NOTAS

(1) Serie The walking dead, temporada 2, episodio 7.

(2) M. Foucault. Los anormales, Fondo de Cultura Económica, Buenos Aires, 2014, p. 61.

(3) Ibíd., p. 69. Aquí, Foucault procede a enumerar una serie de ejemplos: podía tratarse de la mezcla del reino animal y el humano, como el hombre con cabeza de buey o con patas de pájaro; la mixtura de dos especies, como el cerdo con cabeza de carnero; la mixtura de dos sexos o la de vida y muerte. Lo importante es destacar que el monstruo transgrede las clasificaciones provocando un desorden de la ley natural y, por consiguiente, la religiosa y la del derecho. Se configura entonces como una excepción.

(4) Roberto Esposito recupera nociones de Locke y Mill para problematizar la idea de que la persona no es, sino que tiene un cuerpo. Para expresar y efectivamente poseer subjetividad, autoconocimiento y control, el núcleo racional y moral del hombre debe ser propietario de componente biológico. Debe romper el tejido que une lo divino e inmaterial con lo terrenal y perecedero. Presente en: R. Esposito. El dispositivo de la persona, Amorrortu, Buenos Aires, 2011, p. 31.

(5) M. B. Cragnolini. Extraños animales: filosofía y animalidad en el pensar contemporáneo, Prometeo, Buenos Aires, 2016.

(6) Durante el gobierno de Carlos Menem (1989-1999) se aplicaron una serie de medidas de corte neoliberal que condujeron a la privatización del Estado, al crecimiento hiperbólico de la deuda externa y al aumento del desempleo. La pauperización en las condiciones de vida de las clases bajas alcanzó un nuevo nivel durante el gobierno de Fernando de la Rúa –denominado la “Alianza”– iniciado en diciembre de 1999 y finalizado con su renuncia en diciembre del 2001. La inestabilidad, el caos y la violencia desembocaron en saqueos generalizados, en un estado de sitio y en una brutal represión policial que condujo a numerosas muertes.

(7) M. Vedda. Cazadores de ocasos. La literatura de horror en los tiempos del neoliberalismo, Editorial Las cuarenta y El río sin orillas, Buenos Aires, 2021.

(8) Ibíd., p. 209.

(9) En este punto, Miguel Vedda establece un diálogo directo con el trabajo de Ezequiel Adamovsky, Historia de la clase media argentina. Apogeo y decadencia de una ilusión, Crítica, Buenos Aires, 2019.

(10) Sobre el paco o la “pasta base” ver: https://elgatoylacaja.com/paco-o-pasta-base

(11) El título de la novela juega con el término “tumba” que alude la cárcel o la celda. De aquí se desprenden la cultura y el lenguaje “tumberos”.

(12) L. Oyola. Ultra/Tumba, Random House, Buenos Aires, 2022, p. 211.

(13) L. Ávalos Blacha. “Tan real”, en R. Acevedo Esplugas (comp.), El libro de los Muertos Vivos: cuentos de zombis, Editorial Lea, Buenos Aires, 2013, p. 26.

(14) Ibíd., p. 27.

(15) Los “vuelos de la muerte” consistieron, durante la última dictadura militar, en un mecanismo de exterminio que consistía en arrojar desde un avión a los detenidos mientras estaban vivos para eliminar así las evidencias del crimen. El Río de la Plata era el destino más frecuente.

(16) A. Soifer. “Ese zombie”, en AAVV, Vienen bajando. Primera antología argentina del cuento zombi, Centro Estudios Contemporáneos, Buenos Aires, 2011, p. 19.

(17) Ibíd., p. 23.

(18) El título de la novela mezcla los nombres Berazategui y Massachussets. La primera es una localidad perteneciente al Conurbano bonaerense ubicado en la zona sur.

(19) En la novela, Trash es el mismo personaje presente en la película de 1985 The Return of the Living Dead, dirigida por Dan O'Bannon.

(20) L. Ávalos Blacha. Berazachussetts, Entropía, Buenos Aires, 2014, p. 30.

(21) Ibíd., pp. 30-31.

(22) J. Martínez Lucena. Vampiros y zombis posmodernos, Gedisa, Barcelona, 2010.

(23) L. Ávalos Blacha. Berazachussetts, p. 92.

(24) Ibíd., p. 119.

(25) Ibíd., p. 125.

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