«L'orrore è un sentimento assai energico; il corpo è in uno stato di estrema tensione,

quando pure non sia snervato dalla paura.»

(Sir C.Bell, Anatomy of Expression)

 

«Vidi un fabbro, ritto, colla bocca aperta, che divorava avidamente le storie d'un sarto»

(Shakespeare, Re Giovanni - atto IV, scena II)



Se per Ortega y Gasset «La biografia è un sistema nel quale le contraddizioni della vita umana trovano la loro unità» il documentario David Lynch the Art of Life (1) (2016) è la diretta manifestazione di questa citazione. Di fatto nel film il regista di Velluto Blu ricostruisce a braccio le diverse tappe della sua vita pre artistica.

Lynch dichiara di aver vissuto un’infanzia «spensierata», in una famiglia di genitori amorosi e comprensivi. La madre pur non avendo grandi slanci affettivi aveva intuito il “potenziale” sensibile di David di modo che lui assieme a tutti i fratelli erano liberi di esprimersi sempre e comunque. A quanto pare però ad un tratto l’infanzia di David toccata da un evento straordinario che gli perturberà per sempre il suo sguardo sul mondo. Tutto ebbe inizio in un lontano autunno degli anni ’40 come ci racconta il regista:

«Era notte fonda, era molto tardi e non so cosa stessimo facendo. Normalmente mio padre usciva fuori e gridava “John vieni” e noi rientravamo a casa. Quella notte però in quella strada , dall’altro lato, emerse dall’oscurità un essere strano, come una fantasma. Non avevo mai visto una donna nuda. Era una donna dalla pelle pallida. Aveva la bocca piena di sangue e si avvicinava lentamente verso di noi. Camminava in modo strano. Sembrava fosse una sorta di gigante che si avvicinava sempre di più e mio fratello piangeva. Qualcosa mi diceva che non andava bene. Ci sedemmo e iniziammo a piangere. Sentivo che era qualcosa di misterioso, e sentivo anche che stavamo assistendo a qualcosa di sovrannaturale. Io volevo aiutarla ma ero molto piccolo e non sapevo cosa fare. Non ricordo di più.» (2)

Da quel momento le visioni si susseguirono in maniera ripetuta. Come quando una sera d’estate, prima di lasciare il villaggio dove avevano vissuto per un periodo piuttosto lungo, la famiglia Lynch decide di visitare e salutare i vicini Smith. Lynch descrive un’atmosfera “non felice”,  dominata da una aria cupa, pesante. Tra la loro casa e quella degli Smith c’era un triangolo di prato dal quale sorgeva un albero. Ad un tratto si apre la porta di casa Smith, tutti salgono e le famiglie si incontrano. Il signor Smith é l’ultimo a uscire. A questo punto Lynch si blocca, guarda in camera, e dice «non posso raccontarlo». Cosa aveva visto quel bambino?

Nel quadro intitolato Tree and Home (2009 - 2010) appare quel lontano ricordo: una casa, un albero e una figura umana poco riconoscibile, ma sufficientemente esplicita da farci intuire la dimensione terribile di quella epifania, il signor Smith era senza testa. È così che i mostri si rivelano, all’improvviso, rompendo il muro della normalità quotidiana, nascosti tra le pareti domestiche, nei suburbi dell’America profonda, tra prati inglesi perfettamente tagliati e il profumo di torte di ciliegie appena sfornate. 

Nei film di Lynch i mostri sono forze che si manifestano nello spazio provocando uno stato di profondo sgomento, il cui effetto si concentra nella bocca, la stessa che il piccolo David vide per la prima volta grondare sangue assieme a suo fratello. Come non ricordare il primo piano del volto spaventato di Laura Dern in Inland Empire (2007) la cui bocca si deforma al punto da trasformarsi in un mostro? O il grido finale di Laura Palmer davanti alla casa dell’infanzia nell’ultima edizione di Tween Peaks (2017)? Seminate ovunque le bocche spalancate rappresentano una sorta di marchio distintivo dell’ intera produzione artistica di Lynch, quadri compresi. Di fatto è l’opera pittorica a esplorare in maniera incisiva questo gesto, quasi come se le tele assumessero il valore di un punctum, di fotogrammi privati di movimento in grado di attirare l’attenzione dello spettatore pronto a captare quei segnali difficili da bloccare nella fugacità dell’esperienza cinematografica.

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Nella serie di litografie Fire On Stage  esposte nel 2018 per la prima volta in Slovenia si osservano figure per lo più riprese in primo piano come la Donna che ride o il Bacio le cui bocche hanno dimensioni mostruose e inquietanti. Ma è proprio dalla bocca che fuoriescono suoni violenti e spesso inaspettati come accade in Sound over the waters dove pare materializzarsi ciò che Darwin aveva scritto ne L’espressione dei sentimenti in cui dettaglia le fasi dell’apertura della bocca quale evento straordinario: 

«La bocca molto aperta fa veder l'ambascia del cuore in causa del sangue che si ritira verso di lui; il che l'obbliga, volendo respirare, a far uno sforzo, per cui la bocca si apre esternamente; e quand'esso passa per gli organi della voce, produce un suono inarticolato del tutto; che se i muscoli e le vene sembrano gonfiati, ciò dipende solo dagli spiriti che il cervello manda a quelle parti» (3)

La bocca si trasforma in uno spazio nel quale si concentrano tutte le forze istintive e represse dello spavento e della disperazione che, al momento del bisogno, esplodono e fuoriescono come lava incandescente sotto forma di suoni. Come accade al protagonista di Gradmnother (1969) –  primo film di finzione in cui si usano tecniche miste di animazione e stop motion –  il quale di fronte alla violenza del padre apre la bocca da cui si irradiano dei raggi rossi.

Sempre in The Grandmother il bambino trova rifugio nella camera da letto dove sul stesso depone della terra e vi pianta un seme dal quale nascerà la nonna (dai cui il titolo del film). Dopo una serie di vicissitudini la nonna muore e seduta su di un dondolo spalanca la bocca da cui fuoriescono in forma di fluidi animati delle scie nere, come se l’anima stesse abbandonando il corpo. O in The Alphabet (1968), primissimo lavoro di animazione, dove la protagonista (Peggy Lynch) obbligata ad imparare le lettere dell’alfabeto conclude il suo esercizio di memoria vomitando sangue su di un letto bianco.

L’ossessione per le cavità orali non possono non rimettere a un referente consolidato come Francis Bacon di cui Lynch è fervido ammiratore. Nei suoi quadri il pittore irlandese fa riferimento all’allargamento anatomico come espressione di una forza umana che affonda le sue radici nel dolore dei volti dei protagonisti della Corazzata Potemkin (1925) di Sergei Eisenstein. Tali suggestioni troveranno terreno fertile nei numerosi ritratti di amici e non, in particolare quelli di Lucien Freud e George Dyer e nello Studio dal ritratto di Innocenzo X (1953).

Viene da pensare che lo sguardo del regista abbia come punto di riferimento lo spazio dell’interiorità umana. In questo senso l’opera di Lynch trova un riferimento contemporaneo con cui dialogare, ovvero con la produzione artistica di Eduardo Basualdo, artista plastico argentino,  il quale nella sua ultima esposizione intitolata Pupila (4) fa riferimento a come sarebbe la vista umana se ad un tratto venisse ostruita da qualcosa di inspiegabile, come ad esempio una piccola pietra posizionata tra l’occhio e la realtà esterna. L’occhio sarebbe obbligato a rivolgersi all’interno della cavità visiva laddove incontrerebbe l’oscurità della mente umana. In questo modo la cavità oculare si lega a quella cerebrale creando una sorta di occhio speciale che permette di affinare lo sguardo sul mondo interiore. Ma cosa può vedere un occhio nell’oscurità se non i mostri della propria mente?

Nel documentario sopra citato, Lynch dichiara la propria reticenza ad uscire dalla sua casa, preferisce osservare Los Angeles dall’alto delle colline. Ama circondarsi di vernici e materiali  malleabili dove ogni giorno con le propri mani materializza gl’incubi passati e presenti.  Quei mostri bloccati sulle tele provenienti dalle profonde oscurità funzionano come dei click che permettono di aprire l’otturatore e imprimere la luce dando vita a quelle tele apparentemente inermi. Tele che  una volta dipinte sembrano racimolare i pezzi rotti di una biografia complessa e per certi aspetti indecifrabile. Intanto fuori da quella casa tutto sembra scorrere secondo l’esercizio dell’abitudine tra prati inglesi perfettamente rasati e il profumo di torte calde.


NOTE

(1) Il documentario David Lynch the Art of Life é una produzione statunitense del 2016 realizzato da Jon Nguyen, Rick Barnes, Oliva Neegaard-Holm

(2) Estratto dal documentario David Lynch the Art of Life (2016).

(3) Charles Darwin, L’espressione delle emozioni nell’uomo e negli animali, Bollati Boringhieri, Torino, 2012, p.12

(4) L’esposizione Pupila di Eduardo Basualdo è attualmente esposta presso il Museo de Arte Moderna di Buenos Aires (Argentina) sino al 12 novembre del 2023 - https://museomoderno.org/exposiciones/eduardo-basualdo-pupila/ 

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