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  • Nella sezione “Orizzonti” è iraniano un film che ruota sulla desolazione del sole, del suolo, sulle suole impolverate che scorrono fuori campo. Le inquadrature precedono gli oggetti, posizionandosi prima, scivolando nelle carrellate laterali, nelle incrinature delle pareti, nudità dei mattoni: che sono d’acqua, che gocciolano dalle mani brune, callose, e cadono sulla terra scura, sulle scarpe, s’asciugano, senza traccia, senza nome; mattoni rossi come il mezzogiorno, come il sangue da versare, che s’è versato, ancora, da generazioni.

  • È evidente, palpabile, al termine della visione, come Ismael El Iraki abbia voluto riversare nel suo film d’esordio, Zanka Contact,presentato nella sezione Orizzonti di Venezia 77, un acervo di materiali – fatti di cinema, musica, dolore – non ancora del tutto processati, sminuzzati, trasfigurati. Come se l’urgenza di consegnarlo alle fiamme purificanti della narrazione, del cinema, (è lui stesso a parlare del film come di un “incendio incontrollato”, nato da un desiderio che lo ha “consumato come una fiamma che divora tutto al suo passaggio”) fosse più importante, in fin dei conti, di una raffinazione che lo avrebbe forse reso sì, più esatto e condensato, ma anche, plausibilmente, più freddo e consumato.

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