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Il 6 dicembre 1989 un ragazzo si introduce nell’École Polytechnique di Montreal. È armato e deciso ad uccidere il maggior numero di ragazze possibile. È mosso da una rabbiosa misoginia. Tra i coinvolti di questa insana mattanza ci sono Valérie, ferita ma sopravvisuta al massacro, e Jean-François, compagno di corso della ragazza, che, invece di assecondare l’istinto di fuga dettato dalla gravità delle circostanze, rimane nel tentativo di prestare primo soccorso alle vittime. La ricostruzione del delitto si serve del punto di vista di tre personaggi.

 

Nei suoi presupposti Polytechnique è un film impossibile. Raccontare il massacro di Montreal (il 6 dicembre del 1989 un giovane armato di fucile, unicamente motivato dalla propria misoginia, pienamente consapevole delle proprie decisioni, entra in una classe del politecnico ed uccide quattordici ragazze) vuol dire rappresentare l’irrapresentabile: la totale inconcepibilità di atti che vanno oltre ogni ragione.
Il regista Denis Villeneuve sa di doversi interrogare sui limiti e le potenzialità della rappresentazione estetica di fronte a un evento dal carattere così estremo. È consapevole che una materia così delicata può condurre ad un abuso di retorica o di spettacolarizzazione, a canoni inadeguati e deleteri di rappresentazione; che è necessario riflettere sulle modalità d’uso del fare cinema, e, allo stesso tempo, porre dei limiti, oltrepassati i quali significherebbe toccare il punto di non ritorno di ogni azione e intenzione registica.

Per evitare d’incorrere in questi errori Villeneuve ritorna e rielabora la lezione di André Bazin, le cui riflessioni sulla natura del dispositivo cinematografico hanno sempre tenuto in considerazione la natura dell’oggetto da filmare. Scrisse, infatti, Bazin che il cinema può dire tutto ma che, attingendo alle possibilità di astrazione del proprio linguaggio, può e deve evitare di mostrare tutto (1999, p. 213). Per il padre dei Cahiers du Cinéma è sempre doveroso porsi il problema non tanto della bellezza, quanto della giustezza della composizione, ovvero il problema della necessità che la scrittura audiovisiva costruisca la propria identità estetica lungo le linee di un’etica della visione. Il monito baziniano ricorda che la componente formale assume anche un rilievo etico, che è quindi da considerarsi una delle linee guida che contribuiscono a delineare la struttura generale di un progetto.

Per Villeneuve si tratta dunque di realizzare una costruzione visiva con un rigore indiscutibile, riuscire a ridurre e asciugare l’immagine evitando però di desensibilizzare all'eccesso il narrato.
Il regista individua e indica come riferimenti estetici fondanti, come elementi di orientamento della propria messa in opera, la seconda legge della termodinamica (spiegata nel corso della lezione durante la quale sarà compiuto il massacro) e la pittura cubista (simbolicamente rappresentata da una riproduzione della Guernica di Picasso affissa in uno degli spazi comuni de l’École Polytechnique).

Stando alla seconda legge della termodinamica, conosciuta anche come principio di entropia o tendenza al disordine, nei sistemi chiusi esiste un’inclinazione al caos. Il sistema chiuso è il politecnico il cui ordine è sovvertito da una forza antagonista improbabile, i cui effetti si contrappongono a qualsiasi previsione statistica. L’assassino compie un’azione premeditata la cui logica rimane però imperscrutabile. È fedele ad una scala di valori da lui stesso impostata e riconosciuta. Avanza impietosamente con rigido controllo come un angelo sterminatore votato alla consacrazione del proprio codice morale. Villeneuve ne offre un ritratto di tipo fenomenologico, evita il facile psicologismo, non è interessato ad indagare le cause sottese all’agire dell’omicida, elimina tutto ciò che non è strettamente necessario, si concentra sulla progressione drammatica che, spogliata da qualsiasi didascalia o spiegazione, fa si che il carattere del personaggio emerga soltanto dalle sue azioni. Non un fotogramma di troppo, non una parola in più , non un movimento di macchina che non sia strettamente essenziale ai fini di completezza visiva. L’economia formale adottata da Villeneuve è dettata da una solida etica della visione.

Come già scritto precedentemente il massacro di Montreal è un argomento di difficile trattazione, anche da un punto vista formale. Villeneuve sa che per evitare di scadere in una pornografica visualizzazione dell’orrore deve tenere ferma a mente la lezione morale di Bazin, e cioè che non sempre il reale può tradursi nella sfera del visibile. Sa che deve lavorare sull’attitudine del cinema all’evocazione, che non deve mostrare tutto e costringere lo spettatore a compiere uno sforzo immaginativo. Quella che mette in atto è una trasfigurazione del reale attraverso un’ottica cubista. Rifonda, ricostruisce lo spazio con schemi autonomi. L’immagine è sempre caricata di un’evidentissima asimmetria, i movimenti di steadicam non sono mai completamente aderenti agli spostamenti dei personaggi.

La cinepresa vortica sulla scena, si capovolge destabilizzando le prospettive, sale in verticale fino a trasfigurare il luogo della tragedia in astrazione insensata. Fissa il fenomenico entro schemi formali, geometrici a priori, non naturali. Nel modo di operare del regista emerge una volontà di imporre modalità razionali per vagliare un fenomeno irrazionale, di fermare lo scorrimento nell’atto stesso di esserne presi e travolti. Anche la costruzione narrativa a punto di vista variabile (la situazione è mostrata attraverso tre differenti prospettive, tre tipologie testimoniali: quella del carnefice, di una delle vittime, e di uno dei ragazzi costretto al ruolo di impotente spettatore) evoca la convivenza di punti di vista diversi tipica della poetica cubista.
Villeneuve non perde mai il controllo della situazione, non chiede sconti in ragione della delicatezza del soggetto, anzi, proprio in virtù di questo, elabora una messinscena di grande pudore formale capace di comunicare con limpidezza la gravità degli eventi.

 

Bibliografia

Bazin A. (1999): Che cos’è il cinema?, Garzanti, Milano



Titolo
: Polytechnique
Anno
: 2008
Durata: 76
Origine: CANADA
Colore: B/N
Genere: DRAMMATICO, STORICO
Specifiche tecniche: 35 MM (1:2.35)
Produzione: REMSTAR PRODUCTIONS, DON CARMODY PRODUCTIONS


Regia: Denis  Villeneuve


Attori: Maxim  Gaudette (Il killer); Sebastien  Huberdeau (Jean-François); Karine  Vanasse (Valérie); Evelyne  Brochu (Stéphanie); Pierre  Cardinal; Pierre-Yves  Cardinal; Johanne-Marie  Tremblay     
Sceneggiatura: Jacques  Davidts; Denis  Villeneuve (collaborazione); Éric  Leca (collaborazione)
Fotografia: Pierre  Gill     
Musiche: Benoît  Charest     
Montaggio: Richard  Comeau     
Scenografia: Martin  Tessier


Riconoscimenti

Reperibilità


http://www.youtube.com/watch?v=H0_bmNH6o0g

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