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Intervistato nel 1966 da Patrick Brion e Jean-Louis Comolli per i “Cahiers du cinéma”, Jacques Tourneur sosteneva che il cinema dovesse «evocare le cose senza mai mostrarle» nella misura in cui «l'unico vero orrore è nello spirito» dello spettatore che «teme ciò che non conosce e quel che non sa di aver visto».


Parole che evocano una tensione esplorativa, come avrebbe poi scritto Marco Dinoi nell'introduzione a Lo sguardo e l’evento, dei «limiti del visibile nel cuore del visibile»; perché, ci ricorda Bazin («le cadre est un cache»), l'immagine è parte di una realtà più estesa, che si prolunga al di là dei bordi dello schermo; perché lo schermo è un “nascondiglio” in grado di sottrarre alla vista almeno quanto mostrare.

Il cinema di Tourneur è da sempre un importante termine di confronto per Nicolas Klotz ed Elisabeth Perceval: in Low Life si rifacevano a La notte del demonio, e anche in Mata Atlantica, uno dei loro ultimi progetti, le suggestioni tourneauriane sono ben evidenti, fin dall'inizio, dalla voice over in apertura, che entra dal nero, e dice: «È venuto spesso al parco, dove rimaneva a dormire...», cui segue l'immagine, in primo piano, di un tronco inciso con strani segni che lo fanno assomigliare a un totem.

Mata Atlantica era una delle foreste più estese del Brasile, andava dall'Argentina al Paraguay. Distrutta dalla deforestazione, ne rimangono oggi soltanto frammenti sparsi, quasi delle apparizioni improvvise, come Parque Trianon nel cuore di San Paolo con al centro una statua misteriosa che riproduce una figura selvatica, un Pan, come racconta un ragazzo alla sua compagna. Lui ne è affascinato, percepisce il suo segreto, proprio come l'anziana signora che la giovane donna incontra quando va vedere la scultura. E lì, difronte alla visione, forse rapita dal desiderio di sparire, la ragazza scompare. Ma c'è bisogno di un colpevole, dell'uomo nero da incarcerare, per questo viene accusato Markus, uno dei tanti abitanti del parco; che sa, perché comprende il linguaggio degli alberi, conosce gli inganni di cui è capace la foresta, dove ancora si nascondono forze arcaiche e spiriti antichi, quel mondo sensibile che si trova solo poco più in la di ciò che è immediatamente visibile.

I due registi, proprio come faceva Tourneur, sfrangiano i vincoli narrativi, il senso stesso del racconto, lasciando volutamente l'epilogo sospeso. In questa maniera spingono lo spettatore a un esercizio dello sguardo libero, dove la mente, non più occupata a tenere le fila di una storia ingombrante, scopre progressivamente la profondità invisibile dell'immagine, la sua natura stratificata, aperta, temporalmente protesa verso un compimento atteso che non accade. Il mistero rimane nascosto fra le pieghe, sfugge dalla forma, che rappresentandolo lo renderebbe controllabile; in quanto processo in atto, e non oggetto, questo si produce sul corpo stesso del dispositivo filmico: possiamo quindi dire che la natura del mistero in Mata Atlantica è del tutto subordinata al movimento e al tempo dell'immagine.

La non linearità della narrazione permette a Klotz e Perceval di sovrapporre differenti piani temporali, potendosi così muovere con disinvoltura tra le varie relazioni che si vengono a intrecciare, mostrando un presente che è abitato al tempo stesso dal passato e dal futuro. Del resto, come loro stessi hanno raccontato, «la brutalità, la violenza del colonialismo che ha causato la morte di milioni di persone non scompaiono da un giorno all'altro. Gli spiriti non muoiono, errano, entrano in altri corpi. “La vera minoranza su questa terra è quella dei viventi” diceva Jacques Tourneur. […] È una questione […] che investe la sfera di ciò che oggi viene definita come bio-politica. I rapporti di possesso tra i nostri corpi, i poteri e gli spiriti massacrati dalla colonizzazione: potremmo immaginare una guerra civile fra i tre» (Klotz e Perceval in Marelli, 2016, p.129).

Dall'ammaliante atmosfera di Mata Atlantica affiora quindi un fondo d'orrore, lo stesso di cui dice un personaggio di Ho camminato con uno zombie difronte al mare tropicale: «Quest'acqua luminosa riesce a risplendere grazie a milioni di piccoli corpi morti. Non c'è bellezza qui, solo morte».


Bibliografia

Marelli M. (2016): Nella foresta della storia, intervista a Nicolas Klotz ed Elisabeth Perceval pubblicata sul catalogo dell'edizione 2016 di Filmmaker Festival.






Titolo: Mata Atlantica
Origine: Francia
Anno: 2016
Durata: 35'
Colore: C
Genere: DRAMMATICO
Specifiche tecniche: HD
Produzione: Nicolas Klotz, Elisabeth Perceval

Regia: Nicolas Klotz, Elisabeth Perceval

Attori: Markus Markus, Barbara Spanoudis, Sofia Carvalheira, Gregorio Grazioso
Sceneggiatura: Elisabeth Perceval
Fotografia: Nicolas Klotz, Elisabeth Perceval
Suono: Aloisio Correra de Auraujo
Montaggio: Nicolas Klotz, Elisabeth Perceval

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