«Non c'è dentro, né spirito, né fuori o coscienza, nient'altro che il corpo così come lo si vede, un corpo che non cessa di essere, anche quando cade l'occhio che lo vede. E questo corpo è un fatto». (A. Artaud)




L'occhio cade tra l'evidenza degli atti di corpi senza nome, nell'indistinto di tute mimetiche e arancioni, tra carcerati-secondini impegnati nell'equilibrio incatenato di parti rovesciate.
È un “tra” che segna la distanza, invalicabile, con l'osservato; il rispetto di un ordine all'interno del quale si configura lo spazio limite della libertà: non c'è dentro o fuori, ma una soglia dalla quale guardare a una paradossale, disturbante normalità.
Niente in questi corpi parla di abitudinarie perversioni, in essi manca l'incompletezza fragile dell'umano, quella straniante diversità che rendeva Klaus riconoscibile nell'amorfismo della folla.

Le divise sono parte integrante di un ambiente qualunque, rimandano alla retorica virile della difesa nazionale, della forza muscolare, dell'inequivocabile riconoscimento dei ruoli sociali.
La distanza oggettivante della soglia ne mette in mostra l'equivoco delle parti: i carcerati sono secondini, i secondini sono ospiti in vacanza, la caserma è un hotel, le esercitazioni militari sono rituali sadomaso. Tutto assume l'uniforme dell'identità con quanto mostrato ma sempre nella sospensione visiva esente da giudizio tipica dei lavori di Soldat.
I pochi dialoghi non sono funzionali alla conoscenza, ma ad un processo di sottrazione in cui i corpi restano anonimi e invisibili, coperti da tute e maschere antigas, immobilizzati da funi e catene, indefiniti nell'incastro di bocche e mani: senza spirito né coscienza sono.

La partecipazione anonima alla messa in scena della violenza intrinseca degli atti (The Act of killing, come titola Oppenheimer) e la consapevolezza di agire davanti a un occhio esterno e non integrato amplifica l'impossibilità di nominare, di definire un criterio identitario degli esseri che agiscono.
Restano delle singolarità non particolari che tuttavia non cessano di essere corpi al di là della impossibilità a partecipare a un gruppo, fuori dal gioco delle interpretazioni: «il corpo è un fatto. Io».





Titolo: Hotel Straussberg
Anno: 2014
Durata: 27
Origine: GERMANIA
Colore: C
Genere: DOCUMENTARIO
Specifiche tecniche: DCP
Produzione: JAN SOLDAT

Regia: Jan Soldat

Attori: ospiti dell'Hotel Straussberg
Soggetto: Jan Soldat
Fotografia: Jan Soldat
Montaggio: Jan Soldat
Suono: Jan Soldat


http://www.youtube.com/watch?v=MixTIju3cFc

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