lowtide1Low tide si estende nel dominio di elementi primi, terragni, prati oppure terricci apparsi all'improvviso, regno di lordure e rifiuti (magari di latta: sparuta risorsa per i vagabondi, come quelli della Reichardt, in fila a questuare centesimi, e, in contrappunto, mettiamo, gatti morti, impallinati in Gummo), o grigi cavalcavia tipicamente americani – con smog e via vai di macchine sullo sfondo – simili a quelli percorsi da un altro tacito bambino visto qualche anno fa nei paraggi del cinema americano indipendente, quello con le orecchie da coniglio di Gummo appunto (vero canone non solo del cinema di Korine, prima che si attualizzasse in senso pop in Spring Breakers, ma in genere di una certa rappresentazione ruvidamente realistica di un mondo, di un'America subumana), che col suo deambulare dava conto di uno spazio (urbano e suburbano, ma soprattutto cinematografico) e di un'umanità residuali.

E acquitrini, vasche, piovaschi, che invadono gli esseri nudi, spogli, disarmati (non solo il bambino tutto definito e raccolto nel suo torso, nelle ossa della cassa toracica sporgenti sotto la pelle, ma anche la madre, priva di protezione di fronte al deliquio, alla stanchezza); una dimensione acquorea che anticipa lo stupefacente finale marino, di un'affettività essenziale, potente, rossellinianamente imprevista.

Ė proprio questo imprevisto (e la disposizione ad attenderlo, filmarlo) che distanzia Low Tide, mettiamo, dal primo Dumont (poi però giunto a soluzioni, come dire, sovratelluriche, extraterrestri con i suoi due capolavori Hadewijch e Hors Satan), o dai Dardenne, anch'essi comunque, nell'ultimo Ragazzo con la bicicletta (non per niente, un altro bambino), pronti a colgliere l'imprevisto, il miracolo, nell'unica cifra (im)possibile, quella dell'immagine.

L'insorgenza improvvisa della mole del mare si profila come nemesi di un entroterra duro, violento, refrattario all'affezione; anzi proprio degli interni, gelidi scenari, sia pure in estate, di alienazione e solitudine, quella del bambino senza nome (che così assume dimensione esemplare piuttosto che evenemenziale) rassegnato a muoversi per casa, tra le incombenze domestiche che sarebbero appannaggio della madre, giacente invece discinta e stordita su un nudo materasso. Interni che sono il correlato di un rock reazionario con venature country, diffuso in stanze orgiastiche o in locali popolati di cappelli da cowboy. Gli stessi che cercano di imporre al bambino il sesso acerbo e la birra, in quella che è la scena più violenta del film, laddove gli adulti mostrano esplicitamente il loro stato di abiezione e di paradossale minorità rispetto al fanciullo capace di far saltare i sassi sul pelo dell'acqua (cosa che non riesce a Vernon, il laconico e mencio barbone, suo amico) e di lanciare freccette, a dispetto dell'incapacità dello sguaiato compagno di sua madre.

Il fanciullo è a suo agio col gioco, con le pose e le mosse del corpo e delle cose, tra gli animali (serpenti, rane, pesci), in mezzo ai tramonti, ai campi, agli sfondi aperti, che permeano e perforano l'immagine (proprio nel momento in cui il sole viene tagliato dall'orizzonte); dei controluce estatici e ruvidi, sfolgorio della natura per quanto (sublime) sgrammaticatura (cinematografica), che trainano il film fino alla bassa marea, a smorzare, per un momento, la muta erranza e la solitudine del Bambino.


Filmografia

Gummo (
Harmony Korine 1997)
Hadewijch (Bruno Dumont 2009)
Hors Satan
(Bruno Dumont 2011)
Low Tide (Roberto Minervini 2012)

Il ragazzo con la bicicletta (Le gamin au vélo) (Jean-Pierre e Luc Dardenne 2011)
Spring Breakers (Harmony Korine 2012)