Andrea Bruni

Cinema e Surrealtà: ceci n’est pas un film

altAl Museo Cernuschi a Parigi esiste una statuetta cinese che rappresenta un Demone e che è stata fusa in un amalgama a base di arsenico: non la si può toccare senza provare un bruciore insopportabile. Un chien andalou e L’âge d’or (quest’ultimo di più ampio respiro, più compiuto, più enigmatico anche, e soprattutto più rivoluzionario) tendono a infliggere una sensazione analoga. Ma è raro che lo schermo “bruci” l’occhio e il cervello dello spettatore. Spetterà comunque al futuro operare le riclassificazioni indispensabili e far capire che alcune tendenze essenziali del cinema partecipano anch’esse della “magia”, forse involontaria, a cominciare dai capolavori di Méliès, di Murnau (Nosferatu) e di tutto l’espressionismo tedesco, di Josef von Sternberg, di Abel Gance, di Orson Welles, e perfino di certi film più e meno gravemente commerciali (Ombre bianche, King Kong, Peter Ibbetson, Vertigine, etc….), relitti di questa marea disordinata, e gigantesca, che è stata definita “il solo mistero assolutamente moderno.
(André Breton)


Così scrive, nel suo titanico L’arte magica, l’indiscusso Papa Nero del Surrealismo, summa teorica e punto di non ritorno delle Avanguardie precedenti e delle provocazioni a venire, un despota temibile, austero e severissimo, con cui era facilissimo giungere a singolar tenzone o rischiare la scomunica. Ne sa qualcosa, ad esempio, Pierre Naville.

Il “caso” Pierre Naville

Nel secondo numero de «La Révolution Surréaliste», un gruppo di puristi (Boiffard, Leiris, Masson e Naville) si fa scudo attorno all’incendiario Artaud (divenuto, nel 1924, anche direttore del Centro di Ricerche Surrealiste) e tenta di riportare il discorso ad una dimensione prettamente estetica, scevra dalle bagatelle politiche che stavano inquinando il Movimento, come in lotta fra Guelfi e Ghibellini dipinta da Braque. Naville, in un impeto iconoclasta, arriva a domandarsi se possa esistere una “Pittura Surrealista”, dandosi una risposta cupamente negativa: «esistono soltanto gli spettacoli. La memoria e gli occhi: ecco tutta l’estetica». Ovviamente la vita del giovane scrittore in seno al Movimento, sarà di breve durata; anni dopo, non sedati gli antichi dissapori, Naville arriverà a chiedersi se i cosiddetti “pittori surrealisti” non fossero per caso solo quelli che Breton riusciva a vendere ai galleristi per i quali lavorava come consulente…

Potenza dei fantasmi

I fantasmi esistono. Non passa giorno in cui col favore di un ricordo, per l’accendersi improvviso si una lampada, alla sorpresa di una musica, nella casualità di un sogno o di una fantasticheria. Uno di loro non spunti dinanzi a noi, armato meglio della sinistra Minerva, dea dei raziocinatori. (Robert Desnos)

Ed il cinema, la più giovane delle arti? Adorata in Mitteleuropa, aspramente corteggiata da Dadaisti? Se dovessimo seguire gli scritti dello storico Alain Virmaux dovremmo dire che gli unici film surrealisti sono tre: La coquille et le clergyman (1928) di Germaine Dulac, Un chien andalou (1929) di Luis Buñuel e Salvador Dalí, L’âge d’or (1930) del solo Buñuel. Se si pensa poi che l’opera della Dulac, in un carteggio rabbioso per quanto confuso, venga rinnegato suo sceneggiatore, Antonin Artaud, e bollato, a lettere di fuoco, come “non surrealista” la striminzita lista si sofferma solo agli esordi del Maestro Spagnolo (che, a onor del vero, resterà surrealista sino all’estremo dei suoi sospiri), eppure…

Eppure, non c’era giorno in cui i fedelissimi di Breton non andassero nei Cinema, anche quelli più scalcagnati, magari portandosi dietro una cesta di leccornie – come per un déjeuner sur l’herbe: «col sistema che consiste, prima di entrare in un cinema, nel non consultare mai il programma – il che, del resto, non mi servirebbe gran che, dato che non sono mai riuscito a ricordarmi più di cinque o sei nomi di interpreti – corro evidentemente il rischio di “cascare male” più di un altro, ma a questo punto debbo confessare che ho un debole per i film francesi più assolutamente idioti», confessa lo stesso Breton nel suo illuminante non-romanzo Nadja… Le folli comiche di Onésime (la cui spalla era sovente Gaston Modot....), i Western di Jean Durand girati in Provenza…Non è un caso che Ado Kyrou, l’unico critico cinematografico legato al Movimento, nel suo Le surréalisme au cinéma arriva a citare opere improponibili come il teutonico L’abbraccio del ragno di Fritz Böttiger (1960) come grande esempio di “dadaismo involontario”…

Ennesimo gusto per le provocazioni?

Snobismo?

Una cosa è certa: Breton & C., per eredità – appunto – Dada, non potevano sopportare nessun tipo di estetismo, o di abbellimento estetico. Comprensibile, perciò, l’odio per Jean Cocteau che con i suoi efebi sanguinanti, veniva visto come un garbato piazzista di ogni Avanguardia. Molto meglio, cercare i propri fantasmi nel buio ipnotico di una sala di quarta categoria:

Ci sono sale cinematografiche di periferia vuote come hangar, e belle come un imbarcadero del sogno. Sono quelle che preferisco. Le grandi sale del viale, con le loro poltrone di velluto rosso e l’architettura da opéra-comique, quelle in cui le dorature rosse si ammassano sul formaggio cremoso delle cariatidi, sono brutte e antipatiche. I film più belli ci perdono parte del loro spirito selvaggio, e comunque l’oscurità nasconde quegli orrori teatrali. A cosa può servire poi il lusso in quelle sale, che hanno calore solo per le tenebre. (Robert Desnos)


Filmografia

King Kong (Merian Caldwell Cooper 1933)
L’abbraccio del ragno (Body in the Web) (Fritz Böttger 1960)
L’âge d’or (Luis Buñuel 1930)
La coquille et le clergyman (Germaine Dulac 1928)
Nosferatu (Friedrich Wilhelm Murnau 1922)
Ombre bianche (The Savage Innocents) (Nicholas Ray 1960)
Peter Ibbetson (Henry Hathaway 1935)
Un chien andalou (Luis Buñuel 1929)
Vertigine (Laura) (Otto Preminger 1944)