Andrea Bruni

Immagine1«BUSTER KEATON CERCA NEL BOSCO
LA SUA FIDANZATA CHE È UNA VERA VACCA
(poema rappresentabile)

1, 2, 3 e 4.
In queste quattro orme le mie scarpe non entrano.
Se in queste quattro orme le mie scarpe non entrano,
di chi sono queste quattro orme?
Di un pescecane, di un elefante appena nato o di una papera?»

(Rafael Alberti)


All’interno dell’imprescindibile (ed ovviamente inedito in Italia) Le Surréalisme au Cinéma di Ado Kyrou, c’è una immagine che può ossessionare. Vi è ritratto un uomo, sorridente ed allucinato, all’interno di un classico salotto da borghesia rampante. Un pianoforte a coda dà lustro alla bella stanza, degna di un Gozzano alzatosi col piede giusto. Ma cosa rende perturbante questo fotogramma, al punto da tramutarlo in allucinazione ipnagogica? Gli animali. Già: ogni angolo dell’innocuo salottino è tramutato in una grandangolare Arca di Noè: persino il nobile piano, persino il protagonista dagli occhi spiritati, sono circondati da cavalli, ciuchi, maiali, conigli, che paion versioni zoologiche del mozartiano convitato di pietra… L’immagine è tratta da Onésime aime les bêtes di Jean Durand. Onésime, il cui vero nome era Ernest Bourbon, fu un celeberrimo attore comico del cinema muto francese: fra il 1912 e il 1914 fu protagonista di ben 56 pellicole, battuto in celebrità solo dall’elegante Max Linder, di cui Onésime par essere la versione dionisiaca, sulfurea. Il cortocircuito cinefilo è facile, visto che la spalla di Bourbon/Onésime è quasi sempre stata Gaston Modot (Les enfants du paradis, La grande illusion, Pépé le Moko) che da solo rappresenta iconicamente metà di storia del cinema francese, ma che per noi resta l’uomo che, pazzo d’amore, calpesta cagnolini, litiga con vacche ed aratri in comodi boudoir, defenestra vescovi e giraffe.
Tutta colpa di Luis Buñuel, entomologo surrealista, che già aveva costretto il povero Pierre Batcheff a trascinare pianoforti a coda con asini putrefatti incorporati…. Il sospetto - non solo per colpa di Modot - che, nella mente del Sommo regista spagnolo, i capisaldi del cinema d’avanguardia potessero (anche) essere sorte di slapsticks rovesciati, esempi di celluloideo humor si fa forte: perché lo humor, come ci insegna Baudelaire (gli faranno poi eco Rimbaud e Breton vi filosofeggerà sopra), deve essere innanzitutto: emanazione, esplosione. Materiale pericolosissimo, altamente infiammabile.

Fuoco cammina con me

«Sogno: Hanno fame nella camerata/ È vero…/ Emanazioni, esplosioni/ Un genio: io sono il gruviera!»

(Arthur Rimbaud)

«Sa robe est noire- dit Sarah Bernhardt.» (Marcel Duchamp)

Nella Loggia Nera il Nano sta bevendo un caffè gelatinoso con Max Linder; il nano accenna un passo di beguine e dice: «Tutti quanti sono infelici». Il comico lo guarda e a occhi chiusi sussurra: «Mangiar troppo rovina i piatti». E l'aria si riempie di una simpatica musichina.

Nel frattempo

Mentre quattro Maiorchini attendono pregando di marcire su di uno scoglio, poco distante viene posta la prima pietra dell’Imperiale città di Roma: Gaston Modot, trascinato via a forza dalla cerimonia, calpesta uno scarafaggio.

A volte, la domenica

Nella cucina infernale, Marcel Duchamp ha appena dato “scacco matto” a Bob, che - sguardo perso nel vuoto - digrigna i denti. Aggiustandosi la veletta di Rrose Sélavy, Duchamp sussurra, con sorriso da sfinge: «Nell’appartamento da me costruito, c’è in uno studio una porta di legno naturale che dà sulla camera. Quando si apre questa porta per entrare nella camera , si chiude l’ingresso al bagno, e quando la si apre per entrare in bagno, si chiude l’ingresso dello studio, ed è piastrelle bianche come l’interno del bagno».

Usare un Rembrandt come asse da stiro

altNon risulti una extravaganza pour parler l’accostamento David Lynch/ Marcel Duchamp. In primis non dimentichiamo mai che, a differenza della generazione cinefila dei Movie Brats (Scorsese, Coppola, Spielberg…), cresciuti a pane e celluloide, i natali del Nostro sono pittorici (il suo primo Nume Tutelare è Oskar Kokoschka) ed all’insegna di geometrie d’astratta inquietudine. Duchamp, che dichiarava di aver dato all’arte 36 opere, si è poi dedicato per tutta la vita al culto di sé stesso e al gioco degli scacchi; esattamente come Lynch, che si è tramutato - motu proprio - in un “ready-made”. Duchamp ha il proprio alter ego in Rrose Sélavy, vestale dell’Eros e dell’Allitterazione; Lynch, au contraire, ha Gordon Cole, comandante dell’FBI, (in)volontario maestro di calembour esoterici («Oggi mi ricordi un piccolo chihuahua messicano» dice ad un attonito ispettore Cooper nel sesto episodio della seconda stagione di Twin Peaks). Ma Gordon Cole, al posto di una veletta mimetica, è dotato di apparecchietto acustico per difendersi dal mondo esterno. Il mondo del capitano dell’FBI è un assurdo universo privo di codici decodificati, dove a farla da sovrano, non è la Parola, ma un ipnotico accordo di Angelo Badalementi, contraddetto da improvvise esplosioni, cupe vampe, decibel belli come un juke-box e un martello pneumatico su di un tavolo operatorio. Rincuora sapere che (prima dell’abituale scempio di produttori pavidi) nel sound design pensato da Lynch per Fuoco cammina con me i rumori avevano la stessa valenza grandangolare delle immagini. Lo dimostrano i sottotitoli, imposti dalla New Line e dalla CiBy 2000, per le scene della discoteca o per la breve, insostenibile, sequenza dell’Uomo Senza Un Braccio. Sottotitoli che equivalgono alle didascalie di un film muto. Perché, nella scarna filmografia del “James Stewart sceso da Marte” (bellissima definizione di Mel Brooks), Fuoco cammina con me è lo stranito equivalente di Entr’acte di René Clair e del dadaista Francis Picabia, ove, su di un tetto vicino a Place Vendome presta il suo volto affilato Marcel Duchamp stesso. E qui, davvero, il cerchio si chiude.
Per puro sollazzo, potremmo anche pensare alle meravigliose sale parigine, simili a serre Liberty, così ben descritte da Robert Desnos o da André Breton in Nadja ed immaginare, sotto al rutilante titolo Feu marche avec moi, un cartellone pregno di fulminanti comiche da un rullo:

Lil fa le smorfie

La vagabonda si spaventa nella roulette

Come scappare da un albergo con la magia

Ziggy Stardust attraversa i muri

I segreti della zuppa del nano…


Bibliografia:

Alberti R. in Verdone M. (1978): Poemi e scenari cinematografici d'avanguardia, Officina Edizioni, Roma

Barral X., Chandès H. (2007): The Air is on Fire, La Triennale di Milano, Milano

Desnos R. (2005): Follie cinematografiche di un sognatore. Scénarios e chroniques, Lindau, Torino

Kyrou A. (2005): Le Surréalisme au Cinéma, Ramsay, Parigi

Rodley C. (1998): Lynch secondo Lynch, Baldini & Castoldi, Milano

Filmografia:

Amanti perduti (Les enfants du paradis) (Marcel Carné 1945)

Entr’acte (René Clair 1924)

Fuoco cammina con me (Twin Peaks: Fire Walk with Me) (David Lynch 1992)

I segreti di Twin Peaks (Twin Peaks) (David Lynch, Mark Frost, Harley Peyton 1990 - 1991)

Il bandito della Casbah (Pépé le Moko) (Julien Duvivier 1937)

La grande illusione (La grande illusion) (Jean Renoir 1937)

Onésime aime les bêtes (Jean Durand 1913)