Vanna Carlucci

altSiamo dentro un deserto di voci, deserto umano. A terra residui di presenze, indumenti sporchi e lisi sotto il respiro affannoso e subacqueo di uno sguardo, ricordi di vita lontana, frammenti di dipinti macchiati dal tempo, polvere del tempo assorbito dalla terra. Non esistono voci, non esiste più niente: I resti di Bisanzio – in concorso al Pesaro Film Festival 2014 – è il covo catastrofico degli ultimi superstiti, è lo sguardo all’indietro di quell’Angelus Novus disegnato da Paul Klee: uno sguardo che s’immerge con occhi roventi e vede un passato che ancora brucia di echi, di miti e riti, uno sguardo (quello di Schirinzi) che non calpesta nulla e non sbriciola questa piccola ferita del mondo che ancora suona nel baluginare soffocato degli alberi, nel silenzio singhiozzante dell’acqua, nella solidità di una nave che muore nel mare. Per vedere il mondo di Schirinzi bisogna inabissarsi e trattenere il respiro per sprofondare e arrivare in questa densità di mondo che è nera e assordante, e annegare, finalmente, e galleggiare senza peso (il peso del mondo) e senza corpo sotto il raschio di un suono metallico per guardare – con la testa nell’acqua – giù.


Il silenzio abbatte un linguaggio che ormai si è deformato in una sorta di mutismo dell’aria: ecco allora l’immagine svuotarsi e spogliarsi e ricrearsi da zero: «A cosa serve scrivere se poi tutto si dilegua?», e così la necessità di ripartire dal fondo dell’occhio, dal fondo della materia e posarsi sul mondo per ridargli vita. Il fuoco, il legno, la pietra, la ruggine che modifica e ci parla di un tempo remoto diventano indizi di universo, indizi di vita; e Schirinzi non può far altro che reimpossessarsi di questi richiami sepolti dal presente e tornare a intagliare l’immagine (come si intaglia il legno, quel legno che viene sbucciato e forgiato dalle mani dure e piene di un artigiano). Qualcosa vive e brulica sotto questa epidermide sottile e tiene ancora tutto quanto il mondo, sempre così germinante in quei piccoli sussulti d’acqua e di fiamme, e di echi di immagini sulle pareti, e di lenti deformanti torri e avvistamenti. E poi c’è l’uomo, anzi, gli uomini che vagano e si perdono e forse cercano, ma sono immobili: c’è chi scrive l’ultimo messaggio dentro una bottiglia da gettare in mare e chi riempie taniche di benzina per dar fuoco al presente in questo remoto atto di purificazione che tutto libera e tutto restituisce. Si assiste, insomma, a questa tragica mancanza e si cerca il sogno di un mito lontano, il richiamo di una parola ancora possibile che riemerga dalle macerie di un presente derealizzato (direbbe Braudillard), piatto, svuotato di Senso e, per questo, immobile.


Filmografia

I resti di Bisanzio (Carlo Michele Schirinzi 2014)