Luigi Abiusi

altMentre in sala arrivano film importanti, comunque li si veda, la si pensi, ecc. - penso a Nymphomaniac, magari a Noah, che non ho ancora visto; il che non mi impedisce di avere più aspettative, paradossalmente (e il paradosso sarebbe dato da caratteristiche come la ”colossalità” hollywoodiana e una mancanza di autorialità, almeno in apparenza; ma allora mi viene in mente anche The Counselor, che pur dentro il “genere” non manca di meditazioni esistenziali mettendo addirittura Machado in una paradossale conversazione telefonica), dico, più aspettative da Aronovsky (magari dalla patinatura delle sue immagini, già declinate, anzi proprio sublimate, in senso gotico nel suo Black Swann) che da un Lars Von Trier forse un po' prevedibile nei suoi ruvidi e umbratili allestimenti dell'umano; ma sono pronto a ricredermi, come quando vidi Antichrist che m'affascinò non poco -; e a Gran Budapest Hotel di Wes Anderson, facile obiettivo di una critica ieratica, che non va oltre le apparenze ludiche di certo cinema postmoderno; e ancora al Jim Jarmush accorato e innocente di Solo gli amanti sopravvivono; mentre accade tutto questo nelle sale, mi viene da pensare che un film che sarebbe imprescindibile probabilmente non verrà mai visto se non forse grazie, ancora, a Fuori Orario che, mi risulta, avrebbe acquistato o starebbe per acquistare, i diritti per tre o quattro passaggi televisivi de Les Rencontres d'apres minuit. Film che è diventato anche il manifesto (l'affiche) della “Semaine de la critique” al Festival di Cannes che sta per cominciare. E su cui basta fare un nome su tutti: Jean Luc Godard. Ma anche Cronenberg, cui sceneggiatore è quel Bruce Wagner che la scorsa primavera invitammo qui in italia (a Bari) a tenere una master class per la rassegna “Registi fuori degli schermi”.


E appunto, facendo un bilancio della terza edizione appena finita, che Uzak organizza con l'Apulia Film Commission e la sua rete di Cineporti, possiamo rallegrarci per l'uscita in sala dei Corpi estranei di Mirko Locatelli (che riesce a rivelare la poesia di una lacrima nel mezzo di una realtà ospedaliera, grigia, eppure all'improvviso placida e arancione nei suoi tramonti, come un interregno del dolore e del precario che però cerca di suggerire qualcos'altro), mentre sappiamo che, a parte Der Unfertige di Jan Soldat che è “a parte” (e Le quattro volte di Frammartino già “uscito” a suo tempo), resteranno fuori dagli schermi Medeas di Pallaoro (ma il regista italiano è stato riconosciuto da Reygadas, Alonso ed Escalante per organizzare una distribuzione alternativa delle loro opere in America), il nietzschiano I'm not him del regista turco Pirselimoglu, che tra le altre cose ha il merito (da anni) di uscire da certa subentrata cisposità di Ceylan che da un po' marchia il cinema turco; e, appunto, il capolavoro di Yann Gonzalez Les rencontres d'apres minuit, che si ricongiunge, mediante il filo rosso della religione dell' amore e dell'arte(fatto) - dell'estrema evidenza della dimensione finzionale, inventata, posticcia eppure emotiva e vibrante -, all'ultimo Jarmush e al Resnais testamentario di Aimer boire et chanter.

Film magnetico, innocente, Les rencontres, sintesi di sessualità e sentimentalità più scoperte e più pure, nella notte che passa da evenemenziale ad assoluta (dove c'è tutto un solido e raro referente letterario e allo stesso tempo una non meno fascinosa riduzione al pop, al fumetto, al cartone animato: quel Capitan Harlock sognatore e malinconico, con le diafane figure femminili sempre sul punto di rivelare un segreto stellato, tratto fuori all'improvviso da un bicchiere di vino): è un incontro bambinesco, un incastro ritmico, tra immagini e musica (degli M83) che evoca un mondo a parte, animato da amore inalienabile, contro gli utilitarismi, gli opportunismi che ruggiscono fuori; una dimensione viva e vera, uscita dal vertiginoso rutilare del tempo (infinite sovrapposizioni di figure, di luoghi, di amanti sopravviventi) e allora, mentre tutto è possibile nel segno d'amore e arte... je me souvien.