Vincenzo Martino

solondzIn occasione della rassegna “Registi fuori dagli sche(r)mi 2” abbiamo avuto modo di ospitare Todd Solondz, tra i più spietati poeti dell'angoscia borghese americana, giunto in compagnia dell'amico/collega Bruce Wagner, celebre scrittore nonché autore di Maps to the stars, sceneggiatura dell'ultimo lavoro di David Cronenberg.





Cosa si intende per “cinema indipendente” e che significato ha oggi, considerata questa crisi economica?


Todd Solondz: Negli USA non è semplice trovare fondi, tutto è dettato dal mercato, pochi fanno carriera. Strano a dirsi ma Spielberg è il regista più indipendente perché nessuno impone lui cosa fare; io invece dipendo da terzi in tutto quello che faccio.

Quali sono state le sue influenze come regista e sceneggiatore?

T. S.: Scrivo da quando so leggere, l'ispirazione la ritrovo nei miei primi diciott'anni di vita. Ma tutto mi stimola in qualche modo, assorbo tutto ma lo faccio restando indipendente; in realtà nessuno ha scelta su ciò che lo influenza. Trovo molta ispirazione in ciò che è “mal fatto”, nei valori in generale. Se mi chiedete un esempio più diretto posso dirvi che in Palindromes il gruppo dei bambini Sunshine trae riferimento dal film Sunshine Music.

Che carattere ha il racconto nel suo cinema? Molti film riflettono sui mass media. Anche la narrativa di Wagner si ispira ai mezzi di comunicazione. C'è connessione, dunque, tra le vostre narrative?

Bruce Wagner: Io e Todd condividiamo la visione del mondo e tra due artisti è raro. Ancor più raro è che l'interpretazione di questa visione abbia lo stesso rigore formale. È questo che ci lega.

Palindromes rompe gli schemi facendo alternare l'attrice protagonista. In Dark Horse si alternano diversi piani tra sogno e realtà. Perché nei suoi film ha sempre voglia di sperimentare queste diverse forme di narrazione e qual è per lei la più congeniale?

T. S.: Scopro l'evolversi della storia soltanto scrivendo, e lo scrivere è per me una sfida continua. Mi diverto a testare le mie idee e a trovare il modo più opportuno per esprimerle; fare un film è una continua scoperta. Perché scrivo? È un enigma per me stesso, semplicemente mi appaga. Molti mi chiedono se sono soddisfatto dei miei film e io dico di no. Quando scrivo, tutto mi sembra geniale, ma poi sul set è diverso, il montaggio fa scoprire cose nuove.

In Storytelling, film a mio parere centrale, ad un certo punto sembra che l'equilibrio del suo cinema, e cioè l'ambiguità dei personaggi, si rompa. Sembra che Consuelo (una vittima) sia personaggio solo positivo, ma poi vendicandosi mostra la sua “ombra” rientrando nei tipici personaggi solondziani. C'è la possibilità per il suo prossimo cinema di inquadrare un personaggio positivo a trecentosessanta gradi?

T. S.: Dipende dalla prospettiva da cui si guarda la negatività di questi personaggi; io non li trovo “ombrosi”, anzi amo i miei personaggi; loro fanno cose sbagliate ma sono autentici. Per quanto riguarda Consuelo: dispiace per la sua situazione, il suo è un gesto sbagliato ma non la condanno. Il bambino è crudele ma è l'unico che le rivolge parola, suo fratello maggiore vive per entrare a far parte di questo “mondo pop”, ma alla fine viene ridicolizzato dalle stesse persone di cui agognava la compagnia (per questi aspetti ho tratto ispirazione dal personaggio di Anna Magnani in Bellissima). Sono molto attratto dai personaggi che generalmente tendono ad essere scansati dagli altri; la mia è una sfida nell'andare oltre i protagonisti. Anche l'Abe di Dark Horse non è una persona piacevole, ma è comunque un uomo con un cuore. Ogni mio film è una sfida su quanto sia possibile accettare e, in un certo senso, farsi piacere una persona che generalmente non piace ai più.

Quanto sono importanti in una sceneggiatura i dialoghi e quale posto occupano nel suo cinema?

T. S.: La cosa più importante è la struttura del film, se questa è solida scrivere i dialoghi diventa naturale. Spesso ciò che compongo confonde me stesso ma questo mi diverte, e, anzi, mi dà più forza per andare avanti. Durante le mie lezioni dico sempre ai miei alunni: quando rileggete e ridete, fermatevi; l'intelligenza del dialogo dev'essere invisibile, dietro le quinte.

"Dark horse" è un’espressione ricorrente negli USA. Cosa descrive per lei?

T. S.: È un’espressione idiomatica, un "dark horse" è una persona su cui si punta a lungo termine ma che non è la favorita della corsa.

State lavorando a nuovi progetti? Sappiamo, Mr Wagner, che lei ha firmato la sceneggiatura di Maps to the Stars, tratto dal suo romanzo Dead Stars, prossimo film di David Cronenberg. Ci può dire qualcosa a riguardo?

T. S.: Ho due sceneggiature già pronte, una ambientata in Texas, l'altra non ancora ben localizzata.

B. W.: Io sono principalmente uno scrittore, sta anche per uscire un mio libro. Map to the Stars è una visione brutale e allucinata dello star system hollywoodiano, più di questo non posso ancora rivelare.

Sappiamo che nelle sue pellicole la musica riveste un ruolo decisivo nel mettere in evidenza l'ambiguità dei personaggi. Le tracce sonore vengono selezionate a priori, come già inserite nella struttura filmica, o solo in seguito nella realizzazione scenica?

T. S.: Adoro la musica (mi sarebbe piaciuto essere musicista), è una parte centrale del film, delle volte ho già tutto in mente, altre volte la scelgo più in là. Per Dark Horse ho scelto musica pop adolescenziale per dare l'idea di un contesto leggero e frivolo alla “America Idol”. Il tutto per simboleggiare l'aggrapparsi forzoso alla gioventù.

Avete mai pensato di fare film al di fuori degli USA dato che la borghesia, il cinismo e tutti questi riferimenti sono presenti ovunque?

T. S.: Ci penso sempre quindi se qualche produttore venisse da me con i soldi lo farei. Abbiamo comunque girato qualcosa in Canada e in Repubblica Dominicana.

B. W.: Il lavoro di Todd ha un'universalità di fondo, io invece ambiento le mie storie negli USA; credo che la geografia non abbia poi tutta questa rilevanza. Se la risonanza delle idee è forte non c'è frontiera che le freni. È come quando leggi Dickens: le sue storie potrebbero essere accadute in qualsiasi luogo. In definitiva se il lavoro è valido il problema nemmeno si pone.

Avete qualche particolare consiglio per un giovane film-maker?

T. S.: Il mio consiglio è di strutturare film con basso budget, pensate a The Blair Witch Project, non è particolarmente bello ma ha avuto un grande successo con costi bassissimi. Ai miei studenti dico: quando scrivete, pensate se serve davvero creare costosi incidenti stradali od ogni qualsivoglia gratuita distruzione.