Giampiero Raganelli

der unfertigeKlaus è un commercialista sessantenne. Così si qualifica al pubblico, nella prima scena di questo documentario, apparendo subito nudo, dal corpo inevitabilmente sfatto per l'età, incatenato, con numerosi anelli metallici attorno al pene. Klaus si racconta durante il film e, con grande spontaneità, parla della passione su cui tutta la sua vita è incentrata, quella del ruolo di schiavo in incontri sessuali sadomaso gay. E il regista lo segue, nella parte finale, in un campo di schiavi, un resort turistico dove gli ospiti vengono sistematicamente frustati.


Jan Soldat mostra di avere perfettamente assimilato la lezione del suo maestro, Romuald Karmakar, quella di occuparsi degli aspetti più sgradevoli, o considerati tali, della società. E lo fa con estremo rigore, riuscendo a mantenersi a una distanza da entomologo rispetto alla materia trattata e al tempo stesso facendo trapelare quel rispetto e quella dignità per la persona di Klaus, depurando il materiale da qualsiasi sensazione di squallore che si potrebbe generare. Soldat riesce a distillare la vita di Klaus eliminando tanto l'erotismo quanto il disgusto. La sua appare come un'esistenza normale, tanto più in quanto libera di seguire i propri istinti. La sua nudità rivestita di ferraglie è assolutamente pudica e candida. E il campo da schiavi che frequenta appare come un momento spensierato e innocente come fosse uno delle Giovani Marmotte.