Gianfranco Costantiello

gravity articleLa tecnica non fa altro che esporre l’uomo dinanzi alla sua fine. Fine imminente che pare dominare l’immaginario americano e, soprattutto, hollywoodiano, degli ultimi anni. Così in Gravity, primo film di Cuarón dal respiro mainstream, in un 3D quanto mai calzante, ci si trova a un passo dalla tanto sussurrata fine, quando detriti sfreccianti minacciano, d’improvviso, nella quiete sospesa del vasto nero spaziale, il viaggio dello Space Shuttle e la vita dell’astronauta Matt Kowalsky e quella della dottoressa Ryan Stone (rispettivamente George Clooney e Sandra Bullock in scafandro).

 

Collegati alla Terra dal fruscio di una radiotrasmittente, crescerà struggente, ora tra momenti di stasi e ora tra momenti di pura adrenalina (se non di reiterato effetto, proprio del cinema hollywoodiano) una nostalgia per ciò che vive ed ha vissuto in quella gigantesca palla blu e bianca che se ne sta lontana di sotto, rischiarata dallo sbocciare di una luminescente aurora nella scena più bella del film. Perduti in un punto dell’Universo, senza gravità e alla deriva di un grosso fondo nero, il regista dona la consistenza delle lacrime al balbettio etereo di una voce sconosciuta, all’abbaiare di un cane, al pianto di un bambino.

Il destino dell’uomo pare essere al centro anche di un altro film visto qui alla mostra. Si tratta di Gerontophilia di Bruce LaBruce, che sorprende, e forse delude i suoi ammiratori, per la sua veste rinnovata: s’impone in una forma vagamente gusvansantiana accantonando la poetica del passato, che era tutto un fiottare di sperma e sangue. Accentuando il suo lato romantico, inquadra, tra il bagliore accecante dei neon di un ospizio, una curiosa ed insolita attrazione tra un giovane assistente, Lake, e un anziano allettato, Mr. Peabody. Una fuga allucinata dalla realtà che tende, come ultimo desiderio di Peabody, verso l’Oceano Pacifico, che mai vedremo, ma il cui fragore forse risuona sommesso nelle acque placide che accolgono l’unico superstite dello Space Shuttle.

Ecco domandarmi: l’amore tra ciò che è nuovo e ciò che è vecchio, e viceversa, cos’altro è se non il desiderio di preservare la memoria dell’uomo dai continui saccheggi di chi tiene ben strette in mano le redini di questo mondo?