altE quando ti fai il conto dei film che ti porti dentro, ti ritrovi sempre con i soliti nomi. Nomi che ovviamente consideri anche amici tuoi, ormai. Amici che ovviamente ti tocca difendere, cosa che capita sempre, ma non è mai stata così frequente come in questi anni, quando il parlare cinema sembra essere diventato una lingua perduta o morta.


E quindi Ferrara, clamorosamente incompreso il Welcome to New York, e naturalmente Cronenberg, la cui mappa per le stelle è soprattutto una mappa per un cinema possibile, tutto ancora da fare, progettare, sognare. E che dire di Lisandro Alonso, il cui Jauja è l'oggetto più inclassificabile di un festival invece ancorato ai non valori della norma, della prudenza, del racconto.
Piace immaginare il vagare pata-catato-gonico come una possibilità di sentiero, pensiero che possa condurre sul set di Queen and Country di John Boorman, magari emergendo dalle acque dell'isolotto sul quale come in una foresta di smeraldo si fa il sogno di un cinema-smeraldo che abbiamo ritrovato immacolato nel suo stupore aurorale e virginale.

Quindi è inevitabile chiedersi se il cinema ormai non sia una sorta di comunicazione segreta fra coloro che, alla stregua di complottisti pynchoniani, utilizzano un servizio postale parallelo per scambiarsi informazioni, opinioni o semplicemente chiedersi "Come stai?".
Pur anelando lo smarrimento esausto di altre vite e annate (ma chissà se non sia la memoria a trarci in inganno), ci si ritrova invece nei panni degli addetti ai lavori, a inventariare l'esistente mentre in realtà vorremmo essere colpiti al cuore da folgorazioni d'amore e smarrimenti abissali.

Dove tornare, quindi, se non a God-art, il cui Ah dieu(x) oh langage si rivela luogo di un pensiero potente ma colto nel suo continuo (dis)farsi, offerto come un atto (ri)fondativo, nel tentativo di, abbandonando il linguaggio, ritrovare una lingua. Ed è nell'ironia amara ma anche divertita di JLG che il complotto del cinema torna a farsi sentire. Estendere dunque l'augurio godardiano rivolto a Jacob, trouver le vrai-faux raccord, a quanti ancora cercano. È in questo cercare che ci si ritrova.