Lorenzo Esposito

inconu du lacFinalmente la messa in scena. Non la sceneggiatura, e non solo la buona ripresa. Ma lo spazio messo in scena alla ricerca dello spazio, e per mettere a nudo l’occhio. L’occhio, questo sconosciuto: L’inconnu du lac di Alain Guiraudie.


 

(Cosa davvero mettono in scena di se stessi i nazisti e gli ebrei, e dopo Hitler, solo Pol Pot. L’omologazione, il terrore di guardarla in faccia, finendo di illudersi di essere vivi. Come siamo sopravvissuti a tutto questo. Una domanda per chi ancora rischia un po’ del suo tempo per porsela: Le dernier des injustes di Claude Lanzmann e L’image manquante di Rithy Panh. Gli ingiusti e l’immagine che manca siamo noi).

Basta a dirsi ciechi essere non vedenti? Si crede tutto visibile questo mondo. Difficile che piacciano film con detective ciechi in posa grottesca e irridente, che sembrano irridere anzitutto il proprio cinema e lo spettatore che si aspetta quel cinema lì, ma stavolta il Johnnie To di Blind Detective lascia a briglia sciolta il fido Wai ka-fai e capovolge se stesso, cosi’ la sala si svuota, colpita al cuore. Non piacciono, ma sono capolavori. Oppure sono film essi stessi ciechi, pieni di pause e di buchi, irretiti dal florilegio di innumerevoli piccole ossessioni, gocce di sangue succhiate con la punta della lingua: sorprendente Tip Top di Serge Bozon.

(Arriverà la giovinezza, sfiorata e sognata tutta la vita, strappata alla Bibbia e abbigliata Prada e Louis Vuitton, cenerentole lontane faranno picnic solitari e ruberanno gioielli a casa delle star, cavalcheranno tori e cambieranno dieci vestiti al giorno. Chi vorrà documentare sarà travolto dalla fiction. Ecco allora: Stop the Pounding Heart di Roberto Minervini e The Bling Ring di Sofia Coppola).

Può anche succedere, è già successo, che un popolo, tutto un popolo, voglia essere l’assassino di se stesso. La morale, che di per sé non esiste, si getta nell’abisso. Takashi Miike con Wara no tate sembra Clint Eastwood e John Carpenter. Spero lo vediate.