cannes-65-quinzaine-the-we-and-the-i-michel-gondry-00Inaugurazione in grande stile per la “Quinzaine des Réalisateurs” che ha inaugurato il suo programma con il nuovo film di Michel Gondry, The We and the I, girato completamente a New York su un autobus di linea che riporta a casa gli studenti di un liceo del Bronx nel loro ultimo giorno di scuola prima delle vacanze estive. Riflessione in movimento sul mondo adolescenziale che, però, si rivela essere un caleidoscopio di sguardi sovrapposti e in sequenza ad analizzare non solo le relazioni che esistono, seppur anch’esse in movimento, dei protagonisti, ma anche il loro stesso gesto di osservazione della realtà.


Quest’ultima è la vera protagonista, filmata e manipolata, “testo” in divenire, dolceamaro e sfuggente, che Gondry percorre come in un labirinto fatto di primi piani, sospensioni, parole e storie. Tutto d’un fiato, in un ipotetico piano-sequenza che si esaurisce fermata dopo fermata, e al tempo stesso si arricchisce via via che i ragazzi si raccontano e si svelano, a se stessi prima ancora che agli altri. Doppio è sempre il percorso di Gondry, quello del reale colto nel momento esatto del suo manifestarsi, e quello della finzione, o meglio, della manipolazione, per consentire al cinema di uscire allo scoperto in tutta la sua flagranza. Scommessa non da poco se si pensa che il film ha richiesto una preparazione di due anni attraverso un workshop organizzato con i ragazzi coinvolti nel progetto.

L’idea era quella di far affiorare le differenze di comportamento tra gli adolescenti nelle più diverse situazioni, da quella più conflittuale del gruppo, fino alle diverse espressioni di intimità, passando per l’amicizia, la complicità, l’indifferenza, l’emarginazione, la ribellione, per finire con la scoperta di sé più profonda, che sa essere dolorosa e gratificante. Dal noi all’io, dunque, come recita il titolo, però passando attraverso le molte sfumature che il noi e l’io comportano, con leggerezza e tensione, come un film corale che lievemente definisce i pesi e i toni del racconto. Il percorso è sempre quello di far scivolare la realtà nella finzione, e viceversa, come quando, proprio all’inizio, il modellino di un autobus scivola lungo il marciapiede, poi si spinge sulla strada, mentre scorrono i titoli di testa, per finire schiacciato sotto le ruote dell’autobus vero e proprio: gioco raffinato di un regista che fin dai suoi esordi ha saputo descrivere i sentimenti e i caratteri capovolgendoli nel loro opposto per trovarne la più intima essenza.

Come quando per dire una cosa ci si affida al suo contrario e si cerca la verità in una complicata teoria di scambi di ruolo. Perché i personaggio di Gondry sono sempre gli insicuri, traballanti sognatori che popolano i suoi film, talvolta crudeli, talvolta spaventati, in ogni caso sempre meravigliosamente impreparati e pronti ad affrontare le grandi prove che la loro crescita comporta. A dispetto della divisione in capitoli, The We and the I è un film compatto per precisione narrativa e fantasiosa organicità, dove gli spazi e i corpi sanno trovare sempre la perfetta armonia caotica di un universo che si espande, senza mai perdere in forza e immaginazione. Come i fuochi artificiali quando esplodono e lasciano lo spazio alla quiete notturna che li ha accolti.