holy_motorsI cineasti veri dialogano sempre tra di loro. A Cannes quest'anno s'è prodotta la triangolazione Resnais-Carax-Bertolucci che dice moltissimo su ciò che resta di un'idea di cinema e di mondo e dunque di comunità. In Resnais un regista mette in scena la sua finta morte per richiamare alla vita gli interpreti che hanno lavorato un'intera vita per lui; in Carax un corpo palinsesto viaggia a bordo di una macchina-studio producendosi in un caleidoscopio di possibili miraggi di identità; in Bertolucci due ragazzi si separano dal mondo per crearne un altro.


In Resnais si viaggia nell'Ade, sulle tracce di Orfeo che cerca Euridice; in Carax si perde nel buio di un mondo dove le macchine piccole hanno sostituito le macchine grandi di una volta; Bertolucci, anche lui, si proietta sottoterra per vivere ancora, per dialogare con i morti al fine di tornare a vivere.
Politicamente questi tre film sono irreprensibili: i morti sono la comunità che non è stata sostituita da un'altra comunità. Eppure i morti sono il luogo nel quale si conserva, ancora, la memoria di un'altra vita. Ed è con quest'altra vita che il migliore cinema visto quest'anno a Cannes ha scelto di fare i conti. E questi tre film, anche al di là delle eventuali intenzioni degli autori, scelgono di abitare un territorio sempre più abbandonato. Un territorio che, per Xavier Dolan con il suo magnifico
Laurence Anyways tenta di occupare se non altro con la mera forza della volontà.

Se ci fate caso, il dramma del cinema oggi è che i film non parlano più il cinema. I film, e i pessimi film americani della competizione ufficiale (con l'unica eccezione di Wes Anderson che comunque non convince mai sino in fondo), segnalano proprio questa distanza siderale dal cinema. Ma cosa significa questo ostinarsi a dialogare con i morti? Significa semplicemente volere continuare ad abitare il cinema, inteso come possibilità di una comunità da inventare continuamente senza mai fermarsi. Denis Levant attraversa la notte instancabile celebrando ciò che resta del cinema, della vita addirittura. Il corpo diventa principio di storie, protetto dal ventre caldo di una delle ultime macchine: la macchina dei sogni, accumulatore orgonico del cinema. Storia di una relazione, il film di Carax è l’immagine straziante di ciò che viene meno quando il rapporto-sguardo-macchina viene meno. Con esso scompare anche la comunità (del sogno).