cosmopolis-cronenberg_07La limousine bianca, che attraversa il corpo ribollente di New York, taglia un tragitto che è tutto mentale (la determinazione di un atto irrazionale – tagliarsi i capelli mentre tutto crolla), traccia un viaggio sino alla fine del mondo as we know it, ovvero alla fine del capitalismo, al termine del profitto e dell’ordine e all’inizio del conflitto e del disordine…

 

 


Il mondo che collassa addosso a Eric Packer, giovane miliardario dell’alta finanza, descrive il dramma economicistico di Cosmopolis di Cronenberg da DeLillo, ma è in realtà una tragedia surreale, composta sul corpo sacro, e per questo distopico, di un magnate in fuga dalla precisione di quegli algoritmi che regolano le transazioni in borsa e il suo successo. Lo yuan fa esplodere le borse, la miseria fatta folla invade Manhattan come fosse il giorno della locusta, brandendo topi che dalle fogne insorgono per le strade come nuova merce di scambio, moneta globale dei poveri che rigurgitano dalle strade e masticano la limousine (che non sarà più) bianca di Eric.

L’attraversamento di questo mondo è una via crucis laica, scritta attraverso le poste di un lussuoso calvario che vede Eric incontrare varie figure: amanti, la ricca moglie, giovani geni analisti del sistema economico, un medico che gli fa il check-up quotidiano e un’accurata ispezione anale dalla quale risulta una prostata asimmetrica… I gemelli Mantle forse avrebbero strumenti adatti a questa asimmetria, ma Eric non ne ha bisogno, perché e nell’asimmetria che trova la sua forma nuova, il disequilibrio che è vita, la proliferazione della carne alla quale bisogna dare modo di esprimersi. Glielo dice il medico a proposito del neo che Eric gli mostra sul fianco: cosa facciamo con questo? Niente, lasciamolo esprimere…

La sicurezza intanto gli annuncia che c’è una seria e concreta minaccia di morte nei suoi confronti, ma Eric procede, noncurante e determinato, verso il suo barbiere, per un taglio di capelli dall’altra parte della città, che rimarrà incompleto, “asimmetrico” anch’esso, come la prostata… Il pareggio delle parti, del bilancio, dello scambio, della vita è ormai lontano e in fondo al viaggio c’è l’incontro fatale –ovvero fortemente cercato sin dall’inizio come un destino irrinunciabile – con l’uomo che mira alla sua vita. Un appuntamento che è sacrificio e pulsione di morte ribaltata nell’estremo atto di potere di un potente in caduta libera.

Cronenberg lavora da sempre sulla rigenerazione di un’umanità in cerca di nuove coordinate e connessioni tra la struttura delle cose e quella delle ossessioni e Cosmopolis è l’ennesimo ingranaggio di questa dinamica. Sta tra l’immoto moto perpetuo del Pasto nudo e la carrozzeria lucida/scalfita/deturpata dei corpi/macchina di Crash, ma è il faccia a faccia con l’ossessione del mercato (già delle immagini) di Videodrome: Eric Packer è Max Renn, maneggia la stessa pistola che diviene il punto di contatto più concreto e autentico tra il suo corpo e la sua ambizione/destino. Cronenberg sta sempre lì, nel cuore del suo perenne esperimento di tensione logica della materia surreale.