risultati per tag: Vanna Carlucci

  • L’immagine è un’ombra, spettro che si muove, latente nella luce diafana, errante nel suo imporre una comparsa e, l’istante dopo, una scomparsa, sospesa nel formicolio incessante della sua apparizione ma, «quanto bisogna affondare nella notte per farne emergere, consorgere, l’auroralità?» (Roberti 2012, p. 53). È dentro questa dialettica del cinema come visione fantasmatica che brulicano, in A Girl Walks Home Alone at Night,figure tenebrose, sopravvissute oltre la vita; ed è la notte lo sfondo o lo schermo dentro la quale appare una donna vampiro, creatura estrema e volto lunare nei pelaghi del cielo nero. Sola e silenziosa vaga nel panorama scheletrito sfatto e apocalittico, nel movimento incessante di trivelle che suggono petrolio, suzione che fa il verso a quella vampiresca del morso. Come un angelo, come il giustiziere della notte lei vola sul ciglio della strada, sempre ai bordi, sempre al limite della vita e della morte e sempre al confine tra due mondi: quello iraniano (il suo mantello che è una hijab cita spettri del cinema passati e ancora riviventi) e quello americano (il film è stato girato in California).

  • «Nei neri spazi interplanetari quegli sciami si sparpagliavano variamente, seminando polvere di meteore di abisso in abisso. Sperduti negli spazi infiniti, avevamo quasi smarrito il globo terrestre sotto i piedi e disorientati, senza più direzione, pendevamo come antipodi, a testa in giù , sopra uno zenith rovesciato, e ci aggiravamo fra quegli ammassi stellari, passando il dito bagnato di saliva lungo interi anni-luce di stella in stella. Così vagavamo nel cielo in lungo ordine sparso, disperdendoci in tutte le direzioni per gli scalini infiniti della notte: emigranti di un globo abbandonato, che saccheggiavano le sconfinate masse formicolanti di stelle.» (B.Schulz, Le botteghe color cannella).

    Di stella in stella, di cielo in cielo, in ★ di Johann Lurf assistiamo ad un gioco di tempi in cui ogni frammento notturno viene strappato alla temporalità del proprio film per incastrarsi e concatenarsi come in un mosaico in un via vai di cieli stellati.

  • Recuperare un archivio. Precisamente, recuperare un mondo di tempo pieno di immagini: cinquecento videocassette girate da Enrico Ghezzi in trent’anni (dalla fine degli anni 70- inizi anni 80) acquisite e digitalizzate: Archivio. Anarchivio, nel rispetto della completa libertà e autonomia delle immagini. Quindi un archivio in movimento. Tempo rovesciato. Tempo che ritorna, immagine che è memoria che fantasma nella sua volatilità riportandosi in scena, nel presente, smontata, rimontata, recuperandone l’eccedenza e realizzare Gli ultimi giorni dell’umanità. Un film. E, se è vero che Niente è vero, tutto è possibile, allora sarà un (non)film di cento minuti e quindici ore.

  • Si apre l’immagine come un foglio da decifrare, tanti fogli rilegati uno ad uno a contenere mondi e al di là, chiusi eppure pronti ad essere sfogliati. Le livre d’image è, appunto, un libro che si racconta e ci lega, è image et parole che prendono forma ogni volta che le livre entra in possesso del nostro sguardo e la palpebra si apre. Il tocco di Godard che ricompone ancora una volta la sua Histoire(s) du cinema, abisso su cui rimettere continuamente le mani per andare più a fondo (ché l’immagine in fondo è un precipizio di cui non si vede mai la fine), mette in chiaro la sua idea di (non) fare cinema come se quell’infinito del verbo implicasse un lavoro instancabile che gira intorno ad un’unica interrogazione: cos’è il cinema?

  • «Ma allora qual è la verità? Quello che penso io di me, quello che pensa la gente o quello che pensa quello là dentro...».

  • Motus, etimologicamente indica il participio passato del verbo latino movere; Motus come movimento, spinta come breccia nel buio, dislocazione continua, trasformazione. Motus, la compagnia teatrale fondata da Enrico Casagrande e Daniela Nicolò, si fonda su questa ricerca che è perenne spinta del corpo (scenico e attoriale) verso un altrove. Il superamento del confine sembra essere la parola chiave del lavoro di questa compagnia: l’idea di soglia perennemente messa in discussione. Panorama è il titolo della loro ultima produzione teatrale nata in stretta collaborazione con la Great Jones Repertory Company de La MaMa, teatro dell’East Village newyorkese fondato da Ellen Stewart e sembra essere il proseguo di un discorso già avviato con MDLSX attraverso il corpo androgino di Silvia Calderoni costantemente aperto e coinvolto con tutto ciò che lo  attraversa.

Archivio

Teniamoci in contatto