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  • «L'importante per me era sfidarmi ancora, superare quello che avevo già fatto, e dopo aver fatto crollare le montagne in Monte (Amir Naderi, 2016), per andare avanti in quella direzione avrei dovuto aprire gli oceani come Mosè. Quindi ho capito che era il momento per un cambio di direzione radicale rispetto a quello che ho fatto sinora, una sfida che investisse anche il piano stilistico, qualcosa che non avevo mai fatto prima».

  • Passa nella sezione Orizzonti della settantacinquesima kermesse veneziana l'ammaliante Blu, nuova stanza della ballata audiovisuale degli invisibili, scritta e cantata da quello chansonniere bicefalo che risponde ai nomi di D'Anolfi e Parenti.

  • Facciamo un passo indietro rispetto a One of These Days e arriviamo ad uno dei tuoi primi cortometraggi, Le Liban en Automne. Qui la tua voce fuori campo descriveva il tuo rapporto con il cinema: non idealizzato, non concettualizzato. Continua ad essere lo stesso? 

    Le Liban en Automne è stato girato subito dopo il conflitto israelo-libanese e mentre molti riprendevano la guerra, io mi interrogavo più sul motivo per cui girare che su cosa avrei girato, quindi il film stesso è diventato per me la prima occasione di pormi la questione: perché fare dei film? Era per me la domanda principale. Anche perché, indipendentemente da cosa riprendi, tutto finisce per parlare prima di te stesso.

  • Meteors è il primo lungometraggio del regista turco Gürcan Keltek. Un esordio sorprendente che ha sedotto gli sguardi di molti degli spettatori della sezione Cineasti del Presente alla 70esima edizione del Locarno Festival, dove è stato proiettato in anteprima mondiale. Vi si ritrovano rari materiali d’archivio sulle operazioni militari turche della tarda estate del 2015 nelle regioni curde dell’Anatolia orientale, quando, dopo un periodo di tregua e di trattative, la situazione precipitò e la Turchia decise di avviare una feroce campagna bellica contro gli autonomisti del PKK.

  • Donna Haraway è tra le più importanti esponenti del pensiero ecologista e femminista. Il suo Manifesto Cyborg(1985) forniva un “antidoto” al femminismo della prima ondata - tendenzialmente essenzialista e radicale, quello della differenza, per intenderci – aprendo le porte a una prospettiva teorica tecno-materialista e abolizionista del genere. Non siamo più vincolate ai confini dei nostri corpi: corpi che si ibridano, che si “compostano” per usare un termine harawaiano, andando al di là del limite naturale. La figurazione del cyborg definisce così una soggettività parziale e contraddittoria, tecnologizzata e non più binaria. Il corpo come territorio di sperimentazione ed emancipazione, passibile di alterazioni e modificazioni. La riflessione di Haraway passerà poi per gli studi animali e per la teoria delle alleanze multi-specie, coniugando studi scientifici e tecnologici, scienze naturali e culturali (Primate Visions, The Companion Species Manifesto, When species meet…)e che si delineerà in maniera più puntuale nell’ultimo Chthulucene: Sopravvivere su un pianeta infetto. Ed è proprio da quest’ultimo libro che Federica Timeto muoverà per il suo Bestiario Haraway. Per un femminismo multispecie.Tramite figurazioni e suggestioni visive e riferimenti filosofico-letterari, Timeto elabora concetti fondamentali del pensiero della filosofa americana attraversando tutti i suoi scritti e definendo le linee guida per una teoria femminista multi-specie, che non si ferma all’eccezionalità umana andando a tendere verso l’altro – umano e non umano. Ne abbiamo parlato con l’autrice.

  • Il vostro film è intriso di una specie di realismo magico volto al contrario: è una favolaccia, appunto, che mi ha ricondotto alle sensazioni provate in infanzia leggendo le fiabe dei fratelli Grimm, ma anche Marquez o Calvino all'università. Per questo vi chiedo: avete avuto dei riferimenti letterari (ma anche cinematografici) precisi per dare forma a questa "maniera" stilistica?

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