risultati per tag: Bone Tomehawk

  • * Articolo già apparso su filmparlato.com.

    A di là della prospettiva ludica che ormai accompagna ogni film di Zahler al suo annuncio - tutto quell'apparato plastico, splatter, come una fermentazione della materia cinematografica secreta, spruzzata, esplosa fuori dalla sua forma (come dimenticare il trascinarsi e consumarsi delle teste di pupazzo sul pavimento in Brawl In Cell Block 99 o lo svuotarsi del corpo, lo spreco così posticcio delle viscere gommose del vicesceriffo in Bone Tomehawk?), e l'avventura dentro gli spazi del genere, il consumo immediato che se ne possa fare - il cinema di questo onnivoro modulatore di trame (comprendendo anche i romanzi, le sceneggiature per altri registi e le musiche per i suoi film), a uno sguardo più attento, mostra una tensione spiccata verso delle resistenti strutture di immaginazione, delle forme di rappresentazione durature che si organizzano intorno al concetto, alla percezione di tempo e fungono da contrappeso (oltre che da contenitore) a quella pratica di consumo tutto intestino, in nome di un equilibrio del film che, ora che è passato anche Dragged Across Concrete a Venezia, si può considerare propriamente zahleriano.

  • Ricordate l’incipit dello Squalo II(J. Szwarc, 1978)?1Non si nasconde forse nelle pieghe della logica completamente consumista del sequel, meglio quando del tutto apocrifo (e anche “mancato”, addirittura mal riuscito), la possibilitá sempre virtuale di un reframing, di re-inquadrare la realtà che si credeva fissa e stabile dell’episodio I in modo trasversale e inaspettato per far sorgere così nuovi significanti? Nel fondo dell’oceano, una fotocamera subacquea cade dal braccio mozzato del sommozzatore; l’urto con il fondale sabbioso (dopo una serie di rimbalzi che possiedono la sospensione incredula dell’oggetto a gravità zero cameroniano- kubrickiano e la malinconia invincibile del primo passo sulla luna) fa scattare, accidentalmente, una foto. Ma l’obbiettivo, dov’era puntato? Verso chi o verso Cosa lancia o genera il suo fascio automatico di luce biancastra? Verso lo sterminato fuori campo che si prolunga più in là del margine destro del quadro?

  • Nei film diretti da Craig Zahler, scrittore, musicista e regista, prima o poi succedono cose terribili (scene di cannibalismo, teste spiaccicate, pestaggi, torture…) ma accadono con tutta calma, senza fretta – se di una certa “fretta” si può parlare, questa è riservata semmai alle scene culminanti, quelle che un tipico regista hollywoodiano cercherebbe in tutti i modi di valorizzare. Zahler, invece, si diverte a “rallentare”, inserendo particolari che non hanno diretta attinenza con la storia raccontata, o sembrano inessenziali, oppure mettendo in bocca a personaggi di modesta o rustica estrazione considerazioni complesse sulla vita e sulla morte (spesso auto-ironiche) degne d’un filosofo, o d’uno scrittore (quale Zahler è).

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