risultati per tag: Artaud

  • «Solo studiando i morti, si
    progredisce nella conoscenza dei vivi.»

    Nella serialità, dunque, sembra concentrarsi l’ultima frontiera del racconto cinematografico – ma basta fare i nomi di Steven Soderbergh, Edgar Reitz, David Lynch, e di pochi altri, per capire che c’è dell’altro. A ognuno il suo altro.  
    Tra le serie TV di successo, The Knick è la sola (che io sappia) per la quale, dopo due stagioni, alla fine si è dovuto rinunciare alla terza. Il personaggio protagonista infatti (parlo del dottor John Thackery, primario chirurgo all’ospedale Knickerbocker di New York ai primi del '900) muore nell’ultima puntata della seconda stagione, operando se stesso in anestesia locale, e sarebbe stato difficile resuscitarlo, o contentarsi di seguire i casi degli altri personaggi (medici, pazienti, infermiere, amministratori …). La serie diretta da Soderbergh insomma, benché termini con la minaccia o l’annuncio di un'epidemia, assume man mano l'andamento d'un profilo biografico (ispirato alla figura reale del dottor William Stewart Halsstead), racconta la sua storia o vi si ispira, e ogni biografia, come si sa, termina prima o poi (se sufficientemente protratta) con la morte del suo protagonista.

  • Sono tutti in vario modo interessanti, e di proficua lettura, i saggi contenuti nel recente volume edito da Ombre Corte, L’insorto del corpo. Il tono, l’azione, la poesia. Saggi su Antonin Artaud (a cura di Alfonso Amendola, Francesco Demitry e Viviana Vacca): interessanti ma non esenti (salvo qualche eccezione) da un certo manierismo.

  • «Pure, io mi rivolgo altrove: / verso la santa inesprimibile / misteriosa Notte.»

    Perché Novalis preferiva la Notte, rispetto al luminoso Giorno? Perché la Notte schiude in noi infiniti occhi interiori, attraverso i quali possiamo metterci in sintonia con coloro che credevamo di aver perduto. Il contatto con i Morti non lo spaventava – anzi, la Notte ce li restituisce vivi, ci svela l’inganno della perdita, che è solo un’illusione, un brutto sogno dal quale ci si risveglia. Così il poeta poteva elaborare il lutto per Sophie, la fidanzata morta, e dialogare con lei  come se fosse viva, o più che viva: addirittura trasfigurata.  Allo stesso modo in cui Dante, uscito dalla selva oscura e risalito dagli inferi, dialogava con Beatrice.

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